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Abbiamo fatto un pò di domande a Martin Errichiello, uno dei fondatori di una corraggiosa ed interessante fanzine nata e distribuita a  Napoli ma che già ha avuto modo di farsi conoscere fuori regione. Sentiamo un pò cosa ci dicono in merito al loro Subbart Magazine.

ziguline: Caro Martin comincerei chiedendoti se era proprio necessaria un’altra fanzine, voglio dire, ma come vi è venuto in mente, a te e Fabrizio, di lanciarvi in questo esperimento editoriale?

Subbart: E dove stanno tutte queste fanzine, a Napoli? Non confondiamoci con i vari NANI, ZERI e quella galassia di manualetti monouso del divertimento tascabile…importantissimi per carità, ma lungi dal chiamarli fanzine. Tantissime agenducole finanziate da chiunque, Università, Fondi Europei, Comuni, Regioni.
Noi siamo un magazine di comunicazione visiva, nato dalla mente del più autoctono tra gli animali di città di questa città di animali, Fabrizio Marreno, come naturale conseguenza dell’esperienza del “Macello di Quarto”, morto presto. Anzi, ci tengo a dire, Quarto non solo ha tre fermate di cumana ma è anche la patria di un enorme numero di giovani creativi con le palle.

Mumbai - foto di Martin Errichiello

ziguline: Poi perchè Subbart? Non vi sembra un po’ troppo inflazionato il cosiddetto mondo “underground” e la sua super patinata “sottoproduzione” culturale?

Subbart: Subbart è prima di tutto la “responsabilità” individuale di raccontare storie alla collettivita’. Ovvero un uomo che parla del suo tempo, di altri uomini, con quel linguaggio, con quelle immagini, con quelle sensazioni, di ciò che lo circonda-opprime, quanto di ciò che lo affascina. Una presa di posizione sociale, una contro visione, libera e critica. Detto questo, “underground” non vuol dire quasi un cazzo nei termini in cui appare come un (auto)ghettizzazione, ambigua peraltro. Un complesso, coloratissimo lamento più che esigenza di comunicare un allontanamento.
Di contro, devo dire che è tutto una follia. I meccanismi di diffusione, la pubblicità, i costi, l’editoria. Insomma è questa “assenza” sotto tutti gli aspetti a renderti “underground”. “Sottoterra”, è invece dove si agita quell’umanità dimenticata, allontanata o semplicemente nascosta di cui proviamo a raccontarne le storie, sottoterra è dove si sperimentano nuove culture, nuovi linguaggi, nuove visioni. Sottoterra è dove si recupera ogni tipo di “scarto”. E’ l’esperienza che scegliamo di condividere, trasmettere, a provenire da una certa subcultura.
Detto questo, oggi “underground” è solo/tutto ciò che non trovi su google. (rido)

ziguline: Dimmi tre buone ragioni perché io debba leggere il vostro spillato e magari suggerirlo ai miei amici?

Subbart: Solo 3? Neoiperrealista, Illegale, gratuita. Gratuita, cazzarola.

ziguline: Flavorpill è la musa ispiratrice con cui abbiamo sviluppato e concepito ziguline, siamo degli adepti di Vice Magazine per quel che riguarda lo stile editoriale e cerchiamo di star dietro ai grandi del nostro settore come Zero. Qual’è la vostra bibbia e a chi vorreste “fare le scarpe” un giorno?

Subbart: COLORS. Le vecchie edizioni, incredibili. Vice è sempre eccitante ma al confronto, una festa delle medie.

workers in nepal - foto di Martin Errichiello

ziguline: Ad oggi noi di ziguline non guadagniamo un euro, chi scrive per noi lo fa per compassione e per non sorbirsi le nostre implorazioni, spesso e volentieri mi chiedo chi me l’abbia fatto fare. Come siete messi voi? Pensate ancora che con l’editoria si possa davvero campare?

Subbart: Un’intervista che un famoso critico fece a Roberto Roversi, scrittore e poeta (ex direttore del giornale Lotta Continua) affrontava il problema di un editoria autoreferenziale, dipendente e poco coraggiosa. Erano ancora/già gli anni 80…Mi segui? Roversi, in nome di una certa libertà scelse l’autogestione, limitandosi a ciclostilati distribuiti liberamente…Fondò “Officina” con un tal Pier Paolo Pasolini e “Rendiconti” qualche anno dopo. Fotocopie. Certa storia sta su fotocopie consunte. Cosa cambia?
L’editoria oggi sembra una lobby. Non è stato e non è esattamente il nostro principale interlocutore. Non per nostra scelta, ovviamente. Poi ci sono le eccezioni, preziose in quanto tali. Parlo di una neonata casa editrice di Portici, Ad Est dell’Equatore, con cui collaboriamo mensilmente attraverso la pubblicazione di racconti brevi dei “loro” scrittori; progetti paralleli in nome di una comunicazione quanto più libera e reale.

ziguline: A proposito cosa fate nella vita a parte Subbart?

Subbart: Io studio Comunicazione Visiva alla Bauer di Milano, Fabrizio porta la sua laurea in Infermeria sulle Ambulanze di mezza Napoli. Ieri ha fatto la notte a Piazza Garibaldi; chissà che non sia nato tutto dopo una delle tante. Il grafico dei primi numeri cerca (e trova) fortuna a Milano, è un cyber-funambolo. Altri, tra scrittori, fotografi e street artisti continuano a collaborare con noi parallelamente ai loro progetti.

ziguline: Cosa si aspetta di leggere chi prende per la prima volta il vostro spillato?

Subbart: Flussi di poetica lisergica, prosa da strada, bisogno-sociale, amore per le storie, amore per le persone, libertà espressiva, libertà. Uno squarcio nella noia, sottofondo musicale educatamente anarchico.

ziguline: Quanto c’è di Napoli nei vostri articoli e cosa secondo voi non è ancora stato raccontato ma che meriterebbe sicuramente più spazio riguardo alla vostra città?

Subbart: Napoli…Napoli è praticamente la fonte prima e inesauribile. Ma il progetto, che ha base qui, ha fisicamente bisogno di allargarsi a contesti sì comuni, ma non unicamente locali (abbiamo distribuito anche a Roma e Milano). Vuole essere una connessione, una finestra tra Napoli e il resto. Viviamo nel supermercato dell’immagine, a cui andrebbero dedicati interi numeri; noi abbiamo provato a raccontarla attraverso le esperienze allucinate di giovani scrittori in fuga, i corteggiamenti notturni tra writer e treni, cacciatori di graffiti (un fenomeno), cartoline dal futuro, sangue mostro e sangue amaro, i non luoghi (socialità?), istantanee da un presente non sempre soleggiato, attraverso noi, attraverso noi stessi. Siamo i principali promotori del nostro/vostro disagio e su Napoli c’è ancora tanto. Nuovi schiavi, la cultura della violenza, Cyop e Kaf, lo smaltimento dei rifiuti, un popolo e una terra da bonificare.

ziguline: Pensate che ci siano dei fermenti interessanti nella produzione culturale ed artistica tra le nuove generazioni partenopee? Diteci un po’ come la pensate in proposito.

Subbart: Fermenti interessanti ce n’è costantemente, il problema è proprio il radicamento sul territorio, l’appartenenza a un luogo, STRUTTURE PERMANENTI. Questa città è un bordello di tracce, segni, fuochi sparsi. Sempre ricca e sempre frammenta(ria)ta, passiva e rivoltosa, “non è vero ma ci credo”.
Eppoi, proprio qualche giorno fa sono andato alla mostra-evento open air di Cyop&Kaf, sotto il ponte della tangenziale che porta a Quarto, un vero posto di merda “socialmente riciclato”.
Non un mero intervento estetico, bensì l’intima riappropriazione di un luogo che gli artisti-cittadini coinvolti avevano posto a simbolo di un abbandono figlio della cultura, tutta italiana, (figuriamoci meridionale), della menzogna. Lo stesso luogo dove da piccoli andavano a giocare a pallone è oggi una traccia immobile della loro-nostra impotenza di renderlo proprio. Un pretesto, quello del ponte, per potersi aggirare tra i pilastri della bugia italiota, delle promesse mai mantenute, dei soldi e del sangue sprecato. Un pretesto, quello dell’arte, per attrarre nel suo cimitero/museo in cemento armato, i percorsi sociali, artistici, civili delle realtà napoletane, tra nuovi progetti editoriali, radio indipendenti, cinema d’inchiesta, ricerca artistica.
Noi, chiaramente, eravamo lì a distribuire, proprio di fronte al Macello.

foto di Martin Errichiello

ziguline: Cosa suggerireste di fare a chi viene per la prima volta Napoli e vorrebbe risparmiarsi i soliti itinerari canonici?

Subbart: Con la giusta luce anche il più canonico degli itinerari, il centro storico (più vasto d’Europa) è un esperienza senza precedenti. Il cuore pulsa ancora tra i vicoli dove perdersi è unico. La piazza tutta dipinta a Largo Baracche, rifugio antiatomico adibito a galleria nel cuore dei Quartieri Spagnoli, le grotte-rifugio di Seiano. E poi Montesanto, i vicoli che pare di stare a Beirut, il parco del DAMM, centro culturale attivo da anni; il Virgiliano, luogo ameno a strapiombo su Nisida. Le uscite della tangenziale al tramonto, il cimitero delle Fontanelle, la Napoli di sotto…quella morta, quella viva.
Poi dipende, turista o viaggiatore.

ziguline: Quest’ultima domanda è per noi un rituale. Suggeriteci un posto a Napoli dove mangiare una pizza come si deve, non si accettano risposte del tipo, ah ma noi non la mangiamo più da un pezzo o che la vera pizza napoletana è pura invenzione.

Subbart: Aè. Io consiglio lo sconosciuto senza insegna ne clienti, in una strada qualunque ai Quartieri Spagnoli. 2.50 € una margherita coi pomodorini freschi. Noi amiamo i pomodorini freschi.

ziguline: Grazie e che Dio ve la mandi buona

Subbart: Grazie a te, Dimitri e alla tua gustosa redazione, ci vediamo a settembre, con un nuovo Subbart.
Nuovo formato, supporto cartaceo, temi e idee malsane.
A tutti auguriamo un’estate piena di danni e amore.

Per chi volesse approfondire:

www.subbart.tk
myspace.com/subbartmagazine
link diretto ultimo numero  //  http://issuu.com/subbart/docs/subbart7

le foto di Martin Errichiello  //  http://picasaweb.google.com/martinmarve

Dimitri Grassi

scritto da

Questo è il suo articolo n°319

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