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Alla ricerca del tempo interiore, intervista a Rosy Rox

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Prendete l’artista Rosy Rox, la videomaker e fotografa Fiamma Marchione, i fotografi dello Spaziocentoundici, un Castello, un premio per giovani artisti, un orologio dell’800 che non vi serve più, un pizzico di musica, un piccolo catalogo, tre lame di diverse dimensioni, dieci finalisti, ottimo vino e una vista incredibile sul golfo di Napoli. Mischiate tutto, impastate energicamente e lasciate riposare in un canovaccio. Seguendo la ricetta con attenzione, troverete sulla piazza d’armi di Castel Sant’Elmo un orologio tutt’altro che rassicurante, sul quale le lancette-lame si incrociano e sovrappongono, tagliando letteralmente il tempo. Se il primo pensiero che vi suscita è quello della punizione e della tortura, allora  siete sulla buona strada. Rosy Rox, performer e artista poliedrica, dall’energia e vitalità invidiabili, ha progettato ‘Tempo interiore’ come una visione disarmante del tempo, recuperando la storia “violenta” del Castello come carcere e fortezza impenetrabile.

Con la realizzazione dell’opera si apre anche la III edizione del concorso Un’opera per il Castello, dedicata agli artisti under 36, che avrà come tema ‘Sospensione. Attese..’. Il bando per il 2013 sarà presto disponibile sul sito www.polonapoli-projects.beniculturali.it, che sta diventando una banca dati per gli artisti iscritti al concorso. Nel frattempo facciamoci raccontare qualcosa da Rosy.

Qual è la genesi di ‘Tempo interiore’?

 

L’idea iniziale era molto diversa, ma documentandomi sulla storia del castello si è andata formando l’opera così com’è: una riflessione sulla libertà e sulla repressione degli individui. Le lame sono il segno della complessa memoria del luogo, il loro movimento circolare, diacronico e sincronico, rompe la lineare logica passato-presente aprendo uno spiraglio verso la coscienza individuale.

Vincere un concorso come ‘Un’opera per il Castello’ ti costringe a un rapporto con le istituzioni. Come è andata?

 

Comporta molta responsabilità, in particolare il complesso monumentale pone dei vincoli che non si possono ignorare. Per interagire con la struttura bisogna rispettare parametri molto rigidi e per un artista è sempre difficile trovare soluzioni di compromesso.

A proposito di vincoli e libertà d’espressione, ti consideri un’artista indipendente e, soprattutto, credi che l’arte debba sempre essere indipendente?

 

Idealmente si, ma sono consapevole che, come tutti, sono parte del sistema. Diciamo che mi considero un battitore libero. 

Del tuo lavoro sono note soprattutto le performance. Raccontaci quello che di te.

 

Il nudo che utilizzo nelle performance rappresenta il nudo sociale, un atto di liberazione faticoso durante il quale l’invisibile vuole essere reso visibile, attraverso un percorso emozionale che, anche se apparentemente paradossale, riesce a comunicare senza troppe spiegazioni. Il potere delle immagini è tutto. Per questo occorre prima attrarre l’attenzione e poi si può dire ciò che si vuole.

Tra le tue opere quale ti rappresenta a tutto tondo, e quale non ti rappresenta più?

 

Le opere si sviluppano insieme all’artista, le riconosco come parte del passato. Ho impiegato 10 anni di ricerca per arrivare a questa concezione ma ognuno dei lavori precedenti mi appartiene. Perfino le lame di ‘Tempo interiore’ hanno elementi in comune con le prime prove pittoriche.Vogliono essere tutti questi concetti contemporaneamente, ecco perché, alle installazioni e alle performance, affianco anche attività di laboratorio.

Luciana Berti

scritto da

Questo è il suo articolo n°22

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