Vuoi essere informato sui nostri Ticket Deals?
Iscriviti alla nostra newsletter.

* obbligatorio
Close

Angelo Milano ci racconta cos’è il Fame Festival

Si parla di:

Con Angelo Milano parliamo del FAME, festival di arte urbana tra i più apprezzati nel panorama internazionale, a dispetto della sua manifesta indifferenza nei confronti della “fama”.

 

Angelo Milano - courtesy Slinkanchu

 

 

Com’è nata l’idea di un festival di street art e perché chiamarlo FAME?

 

È nata quando sono tornato in Puglia dopo anni spesi quì e lì, a questo giro per una scelta dettata da un campanilismo cieco. Il nome venne dal digiuno culturale a cui stavo cercando di sottrarmi. In paesini cosi piccoli e remoti, fuori dalle mappe del capitalismo culturale, si campa di altro, ma io ci tenevo tanto a creare un’alternativa, per me prima che per gli altri. Quella dell’arte pubblica poi, è stata una conseguenza delle mie frequentazioni del tempo. Ai tempi era ancora un fenomeno interessante se vogliamo.

 

Funerale del gallo, Ericailcane - foto di Alessio Cosma

 

Grottaglie è un piccolo comune in provincia di Taranto, conosciuto per la lavorazione artigianale delle ceramiche. Qual è il rapporto del FAME con questa tradizione?

 

Il quartiere delle ceramiche è popolato da ottimi artigiani e artisti, certo, ma Grottaglie è una città che con l’arte in realtà non c’entra niente: centinaia di anni fa si è specializzata nella produzione di ceramiche d’uso con una produttività industriale che per la mancanza di mezzi ripiegava sull’escamotage artigianale. Morta la ceramica d’uso, pugnalata dalla plastica e dalle grandi distribuzioni, gli artigiani sono corsi ai ripari, riducendo la produzione, affinando le tecniche e scrivendo “studio d’arte” fuori dalle botteghe. FAME entra nel quartiere e si avvicina ai ceramisti per collaborare, coinvolgere, creare un’atmosfera partecipativa, e allo stesso tempo provocare e motivare la comunità stessa, affinché questi meccanismi si autoinneschino.

 

Blu - foto di Alessio Cosma

 

Il rapporto tra il contesto urbano – se non rurale – grottagliese e gli interventi del FAME, mi ha ricordato quello di Orgosolo coi suoi murales: se pur differenti per genesi e scopi, come ogni gesto che richiama un’attenzione pubblica, hanno in comune l’intento di indurre al confronto. In quest’ottica, qual è la funzione, lo scopo di queste azioni, quali le reazioni?

 

Dipingere una facciata enorme, è un lusso per un’artista e diventa una grossa responsabilità se dentro l’artista ci metti anche una persona. Niente contro la decorazione ma nel momento in cui riconosciamo all’arte un compito di condivisione e comunicazione, il discorso dei murales diventa addirittura utile. Abbiamo avuto l’opportunità di dire la nostra su molti buchi neri della realtà locale. Gli artisti hanno mostrato sensibilità riguardo alla scandalosa vicenda della discarica di rifiuti speciali istallata da Ecolevante, autorizzata dalla giunta comunale del tempo senza nessun preavviso alla cittadinanza e abbiamo avuto modo di contribuire, seppure minimamente, a sensibilizzare i grottagliesi e i visitatori del festival (fisici e internauti). Di reazioni ce ne sono state, ci siamo inimicati ulteriormente l’amministrazione, abbiamo avuto il supporto di chi ha ancora qualcosa da sperare per la salute e il futuro della propria terra.

 

Ericailcane - foto di Alessio Cosma

 

La straordinarietà della line-up del FAME, è testimoniata da un afflusso turistico di giovani e non, proveniente da tutto il mondo, così raro da queste parti. Un vero richiamo, che riempie quel vuoto culturale che in queste zone del sud è la regola. Da addetto ai lavori, partecipando tra l’altro all’organizzazione di altri festival (a Lisbona e a Girona), cosa pensi sia attualmente e cosa può diventare la street art, nel suo rapporto “scontato” con la città e quello un po’ “forzato” con gallerie e musei?

 

Avrei dovuto rispondere a questa domanda da ragazzino entusiasta. Ma siamo fuoritempo perchè quella fase mi è durata un giorno, forse. Attualmente c’è una festivalizzazione globale del fenomeno, tardiva e buonista, che non lascia sperare niente di positivo e gli artisti, nessuno escluso, hanno perso qualsiasi atteggiamento che li teneva al riparo dal mercato e da tutta la giostra dell’arte contemporanea. Nel momento stesso in cui ne parlano i giornali, le televisioni e perchè no? i musei, non si può più parlare di ‘fenomeno culturale’. Si sono persi i legami con l’underground, l’autoproduzione e la spontaneità degli inizi. Ho detto altrove che si tratta di una trasformazione, e invece no, mi sono ricreduto: è una morte, nerissima. Ho imparato che la creatività ha i suoi tempi, e una volta che hai creato puoi cambiare l’ordine dei pezzi in svariate combinazioni, anche all’infinito, ma nella migliore delle ipotesi stai rimescolando, non c’è più niente di interessante.

 

Escif - foto di Alessio Cosma 

 

Progetti futuri? Quale auspichi sia il futuro del FAME?

 

Vorrei staccarmi, e neanche tanto gradualmente, dal discorsetto dei murales, mi sembrano tanto scemi adesso che ci siamo un po’ tutti abituati. Vorrei trovare altri modi di fare quello che ci piace fare con gli artisti con cui ancora mi piace lavorare. Pochissimi. Video, azioni partecipative, altri casini e altri rumori. Ci sono ancora percorsi interessanti, quantomeno divertenti, e mi sembra di averne già imboccato uno, tutto sta nel capire dove ci porta e io non ho nessuna fretta.

 

Testi di Alessio Cosma.

 

Per saperne di più:

www.famefestival.it

 

Guest Author

scritto da

Questo è il suo articolo n°144

Sullo stesso genere:

Community feedback