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Come ti stampo la rivoluzione

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Uno dei simboli e dei mezzi di comunicazione che contraddistinguono i movimenti di protesta, gli scioperi, le manifestazioni politiche e non e le stesse rivolte sono senza dubbio i manifesti prodotti dai vari comitati di lotta in occasione della loro discesa in campo. La cosiddetta propaganda è forse l’aspetto più intrigante ed affascinante della storia di ogni “movimento”. Per puro caso mi sono imbattuto sul sito web del “Poster Workshop“, una sorta di stamperia clandestina specializzata in manifesti propagandistici nata a Londra nell’estate del 1966 all’interno di un vecchio scantinato di Camden Town. Poster Workshop nacque su ispirazione dell’Atelier Populaire , altra stamperia clandestina, sorta nel maggio dello stesso anno negli spazi della Scuola delle Belle Arti di Parigi. La nascita di questo genere di laboratori all’epoca era giustificata dal fatto che le moderne stampe tipografiche erano veramente costose per cui era necessario ricorrere a forme di stampa più rudimentali quanto economiche per chi avesse bisogno di produrre del materiale propagandistico in vista di una manifestazione o di uno sciopero.

Scorrendo la pagina dedicata alla breve ma intensa storia di Poster Workshop (chiuse dopo cinque anni alla fine del 1970) si scopre che dai suoi telai presero forma e vita un numero indefinito di campagne popagandistiche, promosse dai più disparati movimenti in lotta di quegli anni. Da quello scantinato intriso dall’odore acro dei solventi chimici, senza finestre e dove i clienti spesso e volentieri erano ammessi a fumare, sono passate  le associazioni degli inquilini in lotta, i lavorati degli impiani della Dagenham Ford, gruppi anti-apartheid, i Socialist Workers, il movimento delle Pantere Nere, i Giovani Comunisti, i gruppi contro la guerra in Vietnam, i situazionisti e le più disparate associazioni studentesche, solo per citarne alcuni.

Alcune delle centinaia di poster sfornate da Poster Workshop:

La stamperia lavorara anche come una sorta di laboratorio mobile, ovvero andava ad allestire i propri rudimentali impianti per la stampa anche “a domicilio”, nelle scuole, nelle università ed ovunque fosse necessario stampare materiale propagandistico in vista del prossimo corteo. Quelli di Poster Workshop tenevano dei mini corsi di formazione per spiegare al collettivo di turno come stampare da se i propri manifesti. Tra i “clienti” più prestigiosi si ricorda la London School of Economics e l’Essex University.

Non essendo un esercizio commerciale tradizionale anche le tariffe del suo servizio era affidato alla bontà ed al senso di responsabilità della clientela. Il principio applicato era questo: paga quanto ritieni giusto in base a quanto puoi effettivamente disporre. Per cui c’erano gli studenti squattrinati a cui i poster venivano quasi stampati aggratis e c’erano invece gruppi teatrali, quelli dell’Agitprop o gli artisti di strada che riuscivano a dare qualcosa in più rispetto all’ipotetica tariffa.

Gli addetti di Poster Workshop erano impiegati, operai, casalinghe, addetti alle pulizie che nel tempo libero offrivano il loro contributo volontario nella stamperia senza percepire alcuno stipendio. Uno dei più assidui collaboratori era un certo Scriv, un pensionato settantenne, l’unico che trascorreva tutto il giorno nel laboratorio. Tutti dovevano saper fare un po’ di tutto, dallo sviluppo del concept della campagna, spesso suggerito/imposto dal committente, al disegno grafico, per poi passare alla stampa al telaio fino all’asciugatura delle stampe ed alle pulizie.  Alla fine del 1970 con il drastico abbassamento dei costi della stampa classica tipografica, laboratori come il Poster Workshop non avevano più senso di esistere, per cui le attività nello scantinato cessarono definitivamente dopo cinque anni di onorata carriera. Oggi questo spazio storico della “lotta” di classe londinese riapre solo in rare occasioni, ma, a detta di chi lo ha conosciuto, si puo’ ancora respirare quell’atmosfera di entusiasmo, di speranza e di cambiamento che ne ha caratterizzato tutta la sua storia.

Per chi volesse saperne di più:  posterworkshop.co.uk

Dimitri Grassi

scritto da

Questo è il suo articolo n°319

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