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Cosa significa Fotografia per Anna Faragona e Alessandra Ziparo

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Ed eccoci con la seconda puntata delle interviste di Stefania ai fotografi protagonisti di Fotografia | Festival Internazionale della fotografia di Roma. Dopo Guido Gazzilli e Massimiliano Pugliese, ascoltiamo cosa pensano Anna Faragona e Alessandra Ziparo della fotografia di oggi.

Santalucia, Anna Faragona

 

Anna Faragona

Innanzitutto, devo dirti che, avendo 26 anni, sono nata nell’era digitale, e quindi a differenza di molti professionisti più anziani non ho avvertito il trauma del passaggio dall’analogico. Tutto sommato conosco bene entrambi, e quindi posso parlartene mettendoli a confronto. A questo riguardo, piuttosto che concentrarmi su dati tecnici, preferirei focalizzarmi sul tipo di approccio che ho nei confronti della fotografia analogica e di quella digitale. In generale non penso che una sia meglio dell’altra, perché entrambe hanno i loro aspetti positivi, sebbene siano concentrati in momenti diversi del procedimento fotografico. Dell’analogico mi unisco al coro di tutti quei fotografi che ne esaltano il momento del ragionamento dello scatto, della previsualizzazione (come diceva Ansel Adams), perché è un esercizio mentale fondamentale per un fotografo, l’unico che ti permette di essere regista completo della tua immagine. Tuttavia, però, la cosa che più mi affascina dell’analogico è la componente data dall’errore umano, dall’incalcolabile e dall’istinto, che con il digitale è difficile avere. Ogni volta che si scatta una foto con una macchina digitale, infatti, la possibilità di poter controllare e selezionare istantaneamente il risultato, preclude, a mio parere, quella di lavorare “più di pancia”. Con questo, però, non voglio condannare il digitale. Personalmente le mille possibilità di manipolazione massiccia che il digitale apre in fase di post produzione, sono la cosa che mi interessa perché stimolano maggiormente la mia creatività e la mia inventiva. Ma in quest’ambito, non credo si possa parlare più di fotografia, penso sia qualcos’altro… In conclusione, amando la fotografia a 360°, mi appassionano tutti i suoi aspetti pur provando nostalgia rispetto alla lenta scomparsa dell’analogico, soppiantato per velocità e costi dal digitale, ma anche questi ultimi sono da vedere, perché quello che non si paga in rullini e carta, si paga in memorie, computer, schermi calibrati e buone macchine digitali.

 

Alessandra Ziparo

 

Alessandra Ziparo

L’argomento in questione è lungo e tocca vari punti… Innanzitutto, ti direi che secondo me le immagini sono importanti per i loro contenuti. Non importa se tecnicamente non sono perfette, se sono fuori fuoco o mosse, ma importa quello che comunicano. Infatti, se è vero che il digitale ha trasformato tutti in fotografi sono pochi quelli che realmente usano il mezzo con intelligenza e spessore. Sul discorso della pubblicazione, mi viene in mente il recente fenomeno del city journalism per cui chiunque si trovi nel posto giusto al momento giusto e con un cellulare può vedere le sue immagini pubblicate. Questo forse dovrebbe toccare la coscienza di photo editor o addetti alla ricerca iconografica che piuttosto che pubblicare una foto qualsiasi forse dovrebbero fare ricerche più approfondite o a volte anche pagare un fotografo per stare sulla scena. Comunque il punto ritorna sempre a un discorso di contenuti. Insomma credo che sia più un problema di educazione all’utilizzo delle immagini sia da parte di chi scatta che da parte di chi le utilizza piuttosto che un problema di digitale o meno… per fare delle belle immagini bisogna che comunichino qualcosa. È un po’ come dice Alex per la musica (compagno di vita e dj romano), non è con che mezzo suona il dj, digitale o vinile, ma la musica che sceglie di mettere che fa la differenza.

 

Per saperne di più:

www.fotografiafestival.it

 

Stefania Annese

scritto da

Questo è il suo articolo n°51

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