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Credits, la rivista che da voce al cinema, quello vero

La scorsa estate è nato un nuovo progetto editoriale che profuma di buono e si scarta con gli occhi, è stato pensato per tutti quelli che il cinema lo vivono come me, ovvero che si alzano dalla poltrona rossa solo dopo aver letto i nomi di tutte le persone inserite nei titoli di coda ma anche per quelli cercano argomenti per rimorchiare le studentesse universitarie al cinema d’assai. Credits, è questo il nome di questa rivista, che proprio solo rivista non è, e per farvela conoscere meglio ho fatto due chiacchiere con quel simpaticone dell’art director della sua prima uscita, quel numero zero che porta la sua firma e se cercate bene anche la mia. Lui è Alessandro Rossi e in questa bella intervista ci racconta di Credits, della sua visione di cinema e di alcune realtà editoriali davvero molto interessanti. Buona lettura!

 

 

Credits – Storie dai titoli di coda: nome omen. Raccontaci come è nata questa rivista.

 

L’idea iniziale di questo progetto è stata quella di dar voce a tutte quelle figure professionali che sono sempre state lontane dai red carpet e dai riflettori, ma che di fatto hanno sempre reso possibile la visione del film, così come lo vediamo in sala. Mi riferisco a location manager, costumisti, doppiatori, truccatori, tecnici. Quelle figure i cui nomi vengono fuori soltanto nei titoli di coda, cioè nel momento in cui le luci si accendono, tutti si alzano e la sala rimane inspiegabilmente vuota e desolata. Ecco, siamo stati mossi proprio da questo sentimento di rispetto nei loro confronti unito all’amore imprescindibile per le storie e ancor di più per le storie su carta.
Credits, infatti, è un semestrale fatto di storie e non di articoli, un ibrido, a metà tra libro e rivista, con un’anima e un cuore in grado di resistere allo scorrere del tempo.

 

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Cosa vuol dire scrivere di cinema, su carta?

 

Vuol dire innamorarsi di nuovo. Del cinema. E soprattutto di tutte quelle persone che con il loro vissuto, hanno una storia da raccontare e il coraggio per mettersi in gioco.
Ma vuol dire anche “scontrarsi” con un mondo digitale a caccia di gossip e scoop, avido di notizie da poter leggere nel tempo di una pausa caffè o di un viaggio in metro, che spariscono dalla timeline (e dalla memoria) ad una velocità incredibile. In Credits non si parla di film, di tappeti rossi, di gossip o di nuove uscite cinematografiche. Raccontiamo le persone che fanno cinema, ancor più del cinema stesso. E lo facciamo prendendoci il giusto tempo. Per quanto riguarda la carta credo che si tratti davvero di una scelta romantica. E io sono uno romantico ai limiti del patetico. Raccontare il cinema su carta, significa poter dedicare il giusto spazio alla buona lettura, accarezzando un’esperienza multisensoriale, che va dalla grammatura della carta, all’odore dell’inchiostro, passando per le sensazioni provocate dai contenuti e arrivando al coinvolgimento pratico ed emotivo con il lettore.
Ecco, in questo, non ci siamo risparmiati. E non posso che ringraziare il direttore Angelo Astrei che mi ha dato carta bianca su tutte le scelte che riguardavano il design editoriale.

 

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Parliamo del tema di questo numero zero: maestranze.

 

È un tema che rispecchia molto il mood generale del magazine. Essendo un numero zero, ci serviva per prendere confidenza con il lettore, fargli capire qual è il cuore di Credits. In buona sostanza, abbiamo preso la macchina da presa del regista – che solitamente inquadra il set – e l’abbiamo rivolta verso il backstage, concentrandoci su quello. E così sarà anche per i prossimi numeri, che però avranno sicuramente un tema più specifico.

 

 

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Riuscire a ricomporre è un po’ quello che è stato fatto all’interno di ogni racconto, ma quello che riesce a rendere meglio l’essenza vera secondo me è proprio questa storia: “Costruire. Perdere. Ritrovare.” 
Poi c’è “Al cinema d’essai le caramelle all’anice le distribuiscono gratis”, il tuo racconto che rappresenta il pubblico. Per un attimo sei uscito dalla parte dell’art director per entrare in quella dello scrittore. Raccontaci questo momento.

 

C’è un coinvolgimento emotivo molto elevato in questa storia – e lo so che non è sempre un bene quando si scrive – ma era lì da un anno e stava cercando solo la stagione giusta per essere scritta. Le storie, come i frutti, hanno bisogno di tempo per maturare.
Così il cinema d’essai, mi è sembrato il posto giusto per raccontare di Franco, un nonno di campagna, che tutti i venerdì pomeriggio, dopo aver finito di sistemare l’orto, portava il nipote in questo piccolo cinema di provincia, che all’ingresso distribuiva caramelle all’anice.
Una storia che ha il profumo dei rapporti genuini, veri e viscerali, in cui il cinema diventa solo un pretesto per cucire un rapporto incredibilmente forte tra due persone che si vogliono bene. È questo che mi ha fatto innamorare di un progetto come Credits: ogni storia è davvero un film nei film.
In questa storia, che ho sentito particolarmente mia, ho scelto anche di dedicarmi alla parte fotografica, per dare una maggiore completezza all’idea di storia che mi frullava in testa.

 

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Ecco, a proposito della parte fotografica raccontaci di più.

 

La parte fotografica diventa anch’essa un racconto in Credits. Tutti le storie, sono state studiate ad hoc, per bilanciare in maniera equa il peso delle immagini con quello delle parole. In questo i fotografi Guendalina Fiore, Gianluca Mazzanti e Silvia di Gregorio, sono stati bravissimi ad entrare in sintonia con le storie, con i protagonisti e con gli scrittori stessi.

 

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Sei il fondatore e direttore di una webzine, Organiconcrete, e con Credits ti stai cimentando con un prodotto cartaceo. Quale differenza sta nella mente di una persona che si occupa di due cose diverse ma che allo stesso tempo hanno filoni artistici simili?

 

In realtà, nonostante il web possa apparentemente richiedere un approccio più smart, veloce e diretto, per me è lo stesso del cartaceo. Cerchiamo sempre di tenere alta la qualità dei contenuti, soprattutto dal punto di vista della ricerca. Io poi, sulle webzine, negli ultimi anni ho sviluppato un’opinione abbastanza controversa: credo che saranno divorate presto dai social network, perchè è lì che oggi passano le notizie. 
È chiaro che Credits possiede un’arma in più per far innamorare i lettori perchè in primo luogo non è visto solo come un ammasso di pixel dietro un monitor, e poi perchè il fattore esperenziale dato dalla carta e dal “gioco” in copertina, è un enorme valore aggiunto. Una di quelle sensazioni che con il web puoi solo provare ad immaginare.
Ovviamente poi, il cartaceo, si porta dietro tutta una serie di responsabilità come quella di un investimento economico più sostanzioso e la possibilità di non poter tornare indietro nella correzione dei contenuti.

 

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Quali sono a tuo avviso altre riviste cartacee da suggerire ai nostri lettori?

 

Sono un grande appassionato di riviste cartacee (soprattutto indipendenti). Dispensa – generi umani e generi alimentari è sicuramente un pezzo da novanta nel panorama nazionale e internazionale. Anche Studio e Nurant sempre rimanendo in ambito nazionale.
 Oppure, superando i confini, il “solito” Kinfolk, Offscreen (il cui blog è interessante tanto quanto il magazine, visto che il direttore racconta la genesi di un prodotto come Offscreen, portando validi aiuti a tutti quelli che vogliono realizzare un magazine), Uppercase, Chickpea o les others.
 Credo non ci sia mai stato tanto fermento intorno alla riviste indipendenti come in questi ultimi anni (che paradossalmente sono gli anni della crisi dell’editoria).

 

 

Novità sul prossimo numero di Credits?

 

In realtà, a causa di altri progetti (di cui vi parlerò in seguito, se Eva me ne darà ancora la possibilità :P), ho lasciato l’incarico di art director di Credits. Sono contentissimo di aver avuto la possibilità, l’onere e l’onore di dare l’impronta base ad un progetto così ambizioso.
Sento Angelo Astrei (il direttore di Credits ndr) molto spesso e so che le cose stanno procedendo a gonfie vele. Il prossimo numero, cioè il vero e proprio numero uno, uscirà a febbraio 2017.

 

Credits | sitofacebook

Eva Di Tullio

scritto da

Questo è il suo articolo n°178

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