Vuoi essere informato sui nostri Ticket Deals?
Iscriviti alla nostra newsletter.

* obbligatorio
Close

Edoardo Pasero, chi è?

Si parla di:

Abbiamo fatto una chiacchierata con Edoardo Pasero, giovane fotografo alessandrino dallo stile estremamente evocativo, iniquo, malinconico e inquieto I suoi lavori sono stati pubblicati in diversi web magazine e non. Nel 2008 è stato selezionato anche per il Portfolio issue di SHOTS Magazine, pluriennale pubblicazione statunitense dedicata alla fotografia fine art, insieme a Susan Bank, Shelley Calton, Tom Chambers, Gabrielle Duplantier, Nine Francois, Beth Moon, Alnis Stakle, Bill Vaccaro e Natalie Young. Insomma ve lo presento.

 

Edoardo Pasero, chi è?

 

Uno a cui piace sbirciare/scrutare.

courtesy Edoardo PAsero | edoardopasero.com

Quando nasce la tua passione per la fotografia?

 

Mah, diciamo che è una passione di famiglia, presa da mio padre, che è sempre stato un bel fenomeno con la macchina fotografica; soprattutto a cavallo tra glia anni ’60 e ’70 ha realizzato delle cose estremamente interessanti. Dai 21 anni in poi ho improvvisamente capito che mi piaceva la fotografia, non saprei neanche dirti perchè, una di quelle cose che un giorno accadono e basta. Da allora non ho più smesso.

 

Sbirciando nel tuo sito ufficiale è possibile ammirare ed apprezzare la sezione “on permanence”, dove ritrai tanti soggetti tatuati. Cosa ci dici a proposito? Qual è il messaggio che vuoi tramettere? Da dove nasce la passione per questo tipo di soggetto?

 

Allora…le motivazioni sono tante. Proverò ad elencarle, in ordine sparso. La prima cosa che mi viene in mente è che, più di un anno fa, quando stavo per iniziare la serie, avevo il desiderio di dedicarmi ad un progetto di ritratti e volevo un tema che mi desse la possibilità di fotografare persone interessanti e di realizzare dei ritratti intensi. Io stesso porto addosso parecchi tatuaggi e conosco molte persone in questo ambiente quindi per me la scelta è stata molto facile; in particolare avevo la possibilità di affrontare un argomento trattato il più delle volte, intendo fotograficamente, in maniera abbastanza superficiale, come ad esempio dalle riviste di settore. L’argomento mi dava inoltre la possibilità di pormi di fronte alle persone che avrei ritratto in maniera molto diretta, di farli spogliare, di andare a casa loro, di condividere insomma con loro un momento, anche se breve, di intimità, e questa è una delle cose che mi interessano di più in ambito fotografico. Mi piaceva anche giocare sul palese contrasto fra la dura permanenza dei tatuaggi e la fragilità del corpo. Per ultimo ma non meo importante, una grande fonte di ispirazione è stata una serie di ritratti realizzata da Imogen Cunningham durante gli ultimi anni della sua vita, quelle fatte a Irene “Bobbie” Libarry.

courtesy Edoardo PAsero | edoardopasero.com

Riesci a definire in cinque parole le tue fotografie?

 

Oddio, giuro, mi è impossibile. Posso solo sperare che qualcuno le trovi emozionanti, nel bene o nel male.

 

Qual’è la soddisfazione più grande che hai avuto, per ora, dal tuo lavoro?

 

Uhm, se intendi lavoro come “ciò che ti da da vivere” direi proprio che non dovremmo parlare di fotografia, che è in realtà solo ed esclusivamente una spesa per me, il mio vero lavoro è tutt’altro. Non ho mai guadagnato una lira da quello che faccio. Attualmente, non so se sia un misto di rassegnazione e sopportazione stoica, sto addirittura iniziando a pensare che probabilmente è meglio così. Quello che mi soddisfa di più è fare qualcosa sulla quale ho il controllo totale e poterla condividere con gli altri, il resto, se c’è, è a questo punto accessorio.

 

Quale sarà il tuo prossimo progetto?

 

Sicuramente qualcosa sul corpo, ma sto elaborando da mesi senza essere ancora arrivato al punctum.

courtesy Edoardo Pasero | edoardopasero.com

Ti senti più autore o interprete delle immagini che scatti?

 

Beh, penso che il dono più grande della fotografia sia proprio di renderci contemporaneamente autori ed interpreti, non credo che le due cose si possano scindere. Vediamo il mondo e nel suo essere di fronte a noi non può che essere interpretato ma siamo comunque inevitabilmente autori della nostra stessa visione. In questo senso la fotografia rappresenta molto bene il “dramma” del vivere nel reale, cioè del vivere in una terra di mezzo, sempre a metà strada fra noi e ciò che è altro da noi.

 

Cosa pensi del foto-ritocco e della fotografia digitale? Un’immagine quanto più è pura, più sarà apprezzata?

 

Se devo essere onesto, non ne penso nulla. Per quanto si possa credere che sia un purista ritengo che per ogni cosa ci sia il giusto mezzo. Uso la pellicola e il medio formato perchè sono gli strumenti che sento più vicini ma non ho nulla contro il fotoritocco. I fotomontaggi sono cose che già si facevano agli albori della fotografia; la camera oscura del resto è l’antro oscuro dal quale il fotografato esce secondo i nostri desideri. Photoshop è una camera oscura digitale, se a qualcuno bisogna togliere una ruga per me va bene, certo è una questione di ambiti e di intenzioni. Ad ogni fotografo il suo linguaggio, io ho scelto il mio ma rispetto quello degli altri. Se dovessi proprio aggiungere una nota polemica direi che forse in certi casi gradirei un po’ più di onestà intellettuale, chiamare fotografia un lavoro che è al 90% Photoshop e 10% scatto mi pare troppo. Ad esempio quando vedo i lavori di Dragan mi vengono  i brividi; siccome insomma, la competizione fra fotografia e pittura non è mai finita, direi che in casi come il suo la “fotografia” perde in toto, non regge proprio il confronto con pittori come Freud o la Saville.

 

Che mi dici del progetto “Half life”?

 

Un paio d’anni fa presi una borsa di studio da Lorenzo Castore per partecipare ad un suo workshop da MiCamera, a Milano. Half Life è un diario fotografico iniziato in quei giorni e lo continuo da allora. Come ho detto è un diario, nulla di più e nulla di meno, anzi, forse il termine “taccuino” in questo caso sarebbe ancora meglio. Il materiale che ho selezionato fino ad ora è il succo degli ultimi due anni, che sono stati abbastanza intensi. Al momento sono un po’ fermo con questo progetto perchè ho bisogno di riorganizzare le idee e di trovare qualche stimolo nuovo, o semplicemente di acclimatarmi con i nuovi stimoli che già ci sono. Spero sinceramente di riprenderlo al più presto, per me significherebbe anche nuova carica vitale.

 

Qual è stato il tuo primo lavoro?

 

Hahahaha, oddio, una cosa buffa a ripensarci; accompagnare Gianpaolo Barbieri a casa della Versace per farle dei ritratti. Una situazione a dir poco Felliniana. In pratica, qualche anno fa, grazie ad Alberto Pellegrinet, un eccezionale fotografo e mio caro amico, ebbi l’occasione di bazzicare per qualche mese nello studio di Barbieri e fare un po’ da assistente; ma ero troppo giovane e  non mi ricordo neanche esattamente come mai, vidi bene di non farmi più vedere in breve tempo, non so cos’avessi nella testa. Di sicuro è stata comunque una bella esperienza.

courtesy Edoardo PAsero | edoardopasero.com

Sappiamo che anni fa sei stato un componente del gruppo EN. Cosa ci racconti in proposito? Che genere di musica preferisci?

 

Prima di dedicarmi alla fotografia ho dedicato parecchi anni alla musica, ho suonato la batteria, studiato jazz e mi sono interessato all’elettronica. Gli EN eravamo io e Fabrizio Salvio, uno dei miei più cari amici aiutati a rotazione da tanti altri amici e facevamo quello che ai tempi si definiva postrock, ora preferirei definirlo rock strumentale. La musica mi ha sempre influenzato tantissimo, non potrei farne a meno, sono onnivoro. Elettronica, rock, jazz, avanguardia e classica contemporanea. Oddio, dopo aver visto il duetto di Lady Gaga con Elton John ai grammy awards inizia a piacermi pure lei… hahahaha.

 

Quali fotografi del passato, o ancora in vita, hanno influenzato maggiormente il tuo modo di fotografare? E quali ammiri in modo particolare?

 

Un lungo interminabile elenco…Minor White, Aaron Siskind, Imogen Cunningham, Wynn Bullock, Weston, Michael Ackerman, D’Agata, Lorenzo Castore, Anders Petersen, Richard Avedon, Sarah Moon, Atget, Robert Adams, Lewis Baltz, Sally Mann, Diane Arbus, Elinor Carucci, Nan Goldin, Mary Ellen Mark, Sugimoto, Araki

 

Come ti vedi da qui a dieci anni?

 

Non riesco ad immaginarmi, cerco di vivere alla giornata!!!

 

Invece dove potremmo vederti prossimamente?

 

Al momento non ho mostre in previsto, in caso vi avviso.  :)

 

Per saperne di più: www.edoardopasero.com

Domino Satoboy

scritto da

Questo è il suo articolo n°4

Sullo stesso genere:

Community feedback