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Eleva 3.0 | Armi di distorsione di massa

Eravamo avviliti, in piena crisi da rientro post-ferie, ci sembrava che nulla potesse sollevarci dalla malinconia dell’autunno incombente e poi… una voce: “Elevati!”. Confusi, ci siamo alzati e siamo partiti per quella piccola reggia nell’Emilia che è l’Eleva Advanced Music Meetings.

Al nostro arrivo al Centro Internazionale Loris Malaguti, terza ed ultima location della tre giorni di eventi del Festival, siamo accolti da un’atmosfera glam-popolare sorprendente: il mercatino vintage, i food corner, le installazioni e ben tre palchi, non manca niente.

Siamo subito irresistibilmente attratti dalla ragazza col turbante, avvolta in una scintillante tutina argentata, appostata sotto la troneggiante insegna “Conosci te stesso ora” (K’nowyourself– Installazione di Maria Clara Macri). Il genio delle lampadine ci introduce nel suo tendone, allungandoci un telecomando (che ovviamente abbiamo provato a sfregare) e ci dice: “Avete tre scatti!”. E i desideri?

È arrivato il momento di un pit-stop al bar (o drink corner come lo chiamano qua), la pre(o)messa della distorsione collettiva come combinazione creativa del nuovo ha coinvolto veramente tutto: ci danno uno spritz a base di lambrusco.

Placata la sete, dobbiamo soddisfare l’udito. Ci riusciamo, inizia a suonare Wax Life. Curiosità: sapevate che il suo EP è uscito in musicassetta? È un particolare che ci piace un sacco.

Ci spostiamo verso il secondo palco, dove mettono i dischi la coppia di storici dj reggiani dal nome che sembra una freddura: i Nerd Flanders (dobbiamo sinceramente ringraziare Paris Koumiotis, che ci ha fatto da Cicerone dandoci un sacco di dritte).

Saliamo sulla terrazza per ammirare la splendida vista (ok, ci hanno detto che di sopra c’è il buffet), ma non riusciamo a rimanere. Siamo rapiti dal canto della sirena che sale dal basso: è Oscar (Key Sung), accompagnato dal groove di Andras (Fox). Assistiamo, più che a una performance, a un gioco dove si mischiano e confondono frasi e suoni sperimentali, il tutto immerso in un’ironia coinvolgente.

Scambiamo due parole coi ragazzi: mentre Andras ci rivela che quello che trova incredibile dell’Italia è il sapore dei nostri pomodori (scoop!), butta lì- come se nulla fosse- che l’elettronica nostrana non ha nulla da invidiare al panorama berlinese. Eh sì, ce lo ha detto proprio un australiano.

Intanto, sul palco centrale, sta iniziando Capibara; mi sa che ha tutta l’intenzione di dimostrare che Andras ha ragione da vendere. La distorsione collettiva ha inizio.

Il suo ultimo disco è stato definito di incontrollata bulimia sonora”, Luca Albino aka Capibara non smente, anzi, definisce il suo stile- con simpatica irriverenza- “coatto sperimentale “. Siamo travolti da una miscela esplosiva di richiami tribali, ritmi urbani, garage e pop; la sua musica è l’emblema perfetto del manifesto di Eleva.

Un urlo: “Capibara motherfuc*er” ed esce fuori anche il vero nigga che è in noi, nell’esaltazione collettiva dei (prima) composti reggiani che, ormai, hanno perso ogni inibizione e controllo.

Sull’onda del mood elettro-patriottico, nel nostro safari reggiano, arrivano anche loro: Tiger & Woods. Smontano e rimontano i suoni, li atomizzano, nel loro loop ossessivo che vorresti non finisse mai.

Chiudono la serata epica Pangea vs Pearson Sound, con un ping-pong incredibile. Dai, sono bravini anche gli inglesi ;).

Elevati e distorti, finiamo “Fuori dal Tunnel”, locale dal nome perfetto per concludere la serata. La voce che ci ha trascinato qua si fa più nitida: “Eh levati!”. Ahimè, la ascoltiamo di nuovo e prendiamo il primo treno del nuovo giorno in direzione Bologna.

Grazie Eleva Festival, ci vediamo l’anno prossimo!

 

Testi di Lara Cazzola. Fotografie di Mario Covotta.

 

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Questo è il suo articolo n°144

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