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Fighting Kids di Sandra Hoyn

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La Muay Thai è la boxe tailandese, una disciplina antichissima e un’arte marziale, quindi viene abbastanza difficile associare questo “sport” a un bambino di sei anni. Eppure, nella lontana Thailandia alcuni bambini vengono iniziati alla Muay Thai sin dalla tenera età e per di più, come forma di intrattenimento.

Infatti, questi infanti vengono costretti e plagiati verso una delle arti marziali più violente sono solo per divertire i turisti stranieri e permettere di ingrandire un circolo di scommesse.

La fotografa tedesca Sandra Hoyn si trovava in vacanza in Thailandia  nel 2011 e si è trovata ad assistere a una di questa cruente lotte e ha subito contattato gli organizzatori degli incontri chiedendo di poter seguire i bambini e fotografarli.

Il risultato è Die Kampfkinder o Fighting Kids, una serie di scatti che ritraggono la preparazione atletica di questi bambini e alcuni momenti degli incontri. La fotografa racconta che attirata da una folla di uomini che urlavano e incitavano era entrata in una delle arene, l’ingresso corrispondeva a circa 12 euro. Quello che ha reso più difficile per la Hoyn questo lavoro è stata la barriera linguistica che non le ha impedito però di trascorrere quattro settimana a stretto contatto con i bambini.

I baby fighter iniziano a combattere molto piccoli, in quanto non c’è un’età minima per cominciare. Combattono per un “pittance”, per pochi soldi, ma riescono a guadagnare molto a livello professionale, diventando dei veri e propri idoli. La loro carriera si conclude verso la metà dei vent’anni.

La Muay Thai, l’arte delle otto armi, è considerata una disciplina molto difficile e soprattutto violenta, infatti, molto spesso gli atleti che la praticano subiscono la rottura delle ossa a causa della violenza dei colpi. Si tratta di combattimenti a contatto pieno che coinvolgono tutto il corpo, ovvero gli otto punto: pugni, gomiti, ginocchia e piedi.

A chi rimane scioccato di fronte a queste immagini la Hoyn risponde che in Thailandia è del tutto usuale vedere bambini allenarsi e che spesso intraprendono questo percorso per sfuggire alla povertà.

Sandra Hoyn ha studiato fotografia e design ad Amburgo e successivamente ha cominciato a viaggiare per il mondo, rendendolo il suo laboratorio umano per circa dieci anni. Ha realizzato diverse serie nel sudest asiatico, nelle quali ha cercato di interpretare con sensibilità la cultura locale. Altri lavori molto interessanti della fotografa sono Import – Export, sul traffico di vite umane e soprattutto sulla prostituzione minorile,  Kleine Gauner – schwere Gitter, sulle carceri filippine oppure The Punk of Burma, sui punk indiani.

“I feel the urgency to show what is happening in the world, in which circumstances people are living. Sometimes it is difficult to keep the journalistic difference. With many protagonists of my stories, I develop a friendship, so on one side it is good for the story, while on the other hand it’s hard to stay neutral and remind myself I’m not just a friend, I’m also a photojournalist.”

Maria Caro

scritto da

Questo è il suo articolo n°444

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