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Giorgio Bartocci per Lumen | Assault edition

Lumen: gli umanoidi di Giorgio Bartocci pronti ad invadere l’Università di Salerno. Conto alla rovescia per l’apertura di Lumen. Mancano poche ore e Salerno sarà pronta ad ospitare alcuni dei grandi artisti della scena urbana italiana. Tutto è stato deciso, gli organizzatori fremono, i creativi anche. La città sta per trasformarsi in un museo a cielo aperto, aumenta la curiosità per i prossimi lavori e l’entusiasmo per la trasformazione del borgo marinaro. Venerdì 18 maggio tocca a Giorgio Bartocci, writer in adolescenza, street artist in itinere, la cui firma indelebile e riconoscibile sarà posta sui muri di alcuni edifici degli ambienti universitari di Baronissi. I suoi scuri umanoidi, bersagli di problemi sociali, sono pronti a liberarsi dell’aura negativa che li attanaglia attraverso un messaggio di solidarietà e di rivendicazione generazionale. Ma noi non sveliamo altro, sarà lui a farlo…

Giorgio Bartocci - foto di Federico Gnoli

 

Chi è Giorgio Bartocci?

 

Sono un ragazzo che fa parte della generazione dei “digital native” e anche se immerso come tutti nella Net Generation, amo molto i rapporti ravvicinati con le persone e cerco di assaporarne ancora la biologia su scala multi-specie.

 

Diciamo che l’Arte è stato il tuo pane quotidiano fin da bambino, c’è qualche episodio in particolare che ti ha fatto comprendere come la pittura urbana potesse essere una tua ragione di vita?

 

Ieri ero in compagnia di un writer di Milano. Siamo andati a dipingere di notte insieme e mi ha fatto una domanda simile a questa. Durante il tragitto, mentre ci spostavamo fuori città, abbiamo parlato per circa un’ora di Arte e derivati. Parlando mi ha confessato che era rimasto colpito da queste nuove opere che sto realizzando su grandi superfici e su tela. Come molti conosceva solo la mia attitudine da writer e, chiacchierando, ci siamo confrontati sui temi caldi di questo momento: l’Arte a confronto con l’Urban Art, il rapporto con il Graffitismo, l’Art Brut, l’Action Painting, la Pop Art, il Wildstyle, la Conceptual Art, l’ Hip-Hop, la public Art, la Digital Media e l’Internet Culture. In un’ora abbiamo ripercorso a parole più di Settanta anni di storia. Fin da bambino amavo osservare con curiosità il mestiere dell’artista ed ho avuto modo di conoscerne tanti che gravitavano in studio da mio padre. I miei mi portavano spesso alla Biennale di Venezia o ad altre mostre e mi divertivo tantissimo. Aspettavo con ansia questi momenti. Purtroppo nel crescere come tutti i ragazzini in fase adolescenziale, ho deviato un agevolato avanzamento culturale. Ho avuto il classico periodo in cui sei più aggressivo, ti allontani dalla famiglia, inizi a dover combattere con la crescita e il confronto con altri ragazzi/e. Cerchi di celare la tua sensibilità per mostrarti bello “massificato” anche se in realtà dentro non lo sei. Ho iniziato a fare graffiti a 13 anni proprio per evadere dal banale, lo facevo per me e basta. Superata questa fase di “rabbia” ho ri-aperto gli occhi e credo di aver vissuto più di un “episodio particolare” che mi ha sicuramente segnato. Durante il mio percorso underground ho capito che la pittura urbana potesse essere un veicolo ancora più rapido e valido del treno per comunicare. Sentivo l’esigenza di confrontarmi con un pubblico più vasto e di più ampie vedute. Da quando ho assimilato come tutti che il mondo è radicalmente mutato verso una globalizzazione totale dei mercati e dei contenuti culturali, della mercificazione dei beni comuni, ho deciso di dare maggiore importanza alla figura umana. Mentre prima facevo lettering, ora è l’uomo che mi attrae. Ritraggo la specie umana attraverso un’iconografia semplice e sintetica. Osservo quotidianamente situazioni che si creano quando le persone interagiscono tra loro, lo faccio sia consapevolmente che inconsciamente. L’uomo nei miei pezzi è al centro.

Giorgio Bartocci

Nel tuo Curriculum Vitae nella voce formazione professionale c’è una breve esperienza come orefice, quanto è stata utile questa parentesi formativa per la tua attività?

 

Ho studiato metalli e oreficeria alle superiori ma ho deviato prematuramente questo percorso per altri orizzonti artistici. È stata un’esperienza di particolare importanza. Il rapporto con i materiali, la modellazione per sottrazione, la visione tridimensionale, ce ne sono di elementi tecnici e poetici sulla quale parlare per giorni interi. E’ stato per me utilissimo in tanti risvolti professionali, peccato non averlo portato avanti, ma non si sa mai. Magari più in là riprenderò a sperimentare sulla forma.

 

Dal lavoro artigianale sei passato poi alla progettazione computerizzata, alla grafica ed hai imparato ad esprimerti attraverso varie forme artistiche. Il tuo lavoro è quasi un sunto di tutto questo percorso professionale, ma come nascono i tuoi progetti e di quali mezzi ti servi per realizzarli?

 

I miei progetti artistici si basano sulla continua ricerca di sintesi. Con la pittura preparo tutte le mie “armi” ed esco per andare a disegnare, generalmente dopo lunghi periodi di clausura dove ho più tempo per ragionare e progettare. Credo che il mio percorso creativo sia in continua evoluzione, trovo difficoltà nell’esprimere uno standard progettuale. Per ogni situazione ci sono molteplici fattori di cambiamento dell’iter. Trovo il mio principale spunto creativo nelle combinazioni tra soggetto e corpo, tra figura umana e ambiente, tra dinamismo e staticità, tra buono e cattivo, tra amore ed odio. Mi piace trovare un equilibrio formale negli opposti, cerco di liberarmi sempre più dagli schemi del razionalismo compositivo di un’opera, nonostante ancora non sia passato all’astrattismo totale. Anche io suppongo che le mie scene trasmettano un qualcosa di personale, ma preferisco non dimostrarlo. La soggettività in questo settore non è importante. Nei graffiti devi tener conto della personalità dell’autore. Nell’arte puoi valutare un prodotto esclusivamente dall’opera, purtroppo si tende a valutare un’artista personalmente quando la sua arte è povera di contenuti o non è stata ancora compresa.

Giorgio Bartocci+Zamoc+2501 - Milan 2011

Nelle tue rappresentazioni urbane dominano figure stilizzate di esseri umani di colore nero, pigmenti vivaci li caratterizzano insieme ad atteggiamenti come quando tendono a stringersi le mani. Perché il nero domina nelle raffigurazioni e quali valori sociali si nascondono nei tuoi disegni?

 

Questi soggetti sono l’emblema di una generazione in difficoltà, con l’obiettivo di riprendersi, di risalire. L’uomo è al centro di tutto, è l’elemento sociale che non può vivere della propria individualità e che ha bisogno di relazionarsi con i suoi simili attraverso la trasmissione di dati, sensazioni ed energie. Questi soggetti sono quasi delle icone, il nero è stato scelto per rinforzare questa caratteristica, per rendere loro la struttura. Generalmente è il fluorescente che mostra la vera natura di questi uomini, come se avessero dentro un’altra energia, una radioattività che può essere interpretata come negativa o positiva. I valori sociali che tento di esprimere sono celati dentro le gonfie sagome dei corpi, dalle loro espressioni, dai loro punti di contatto, il resto lo fa lo spazio, i luoghi di transito, di ritrovo, di confronto. Sto tentando di lanciare un sottile messaggio di coesione sociale, di unità, di fusione tra i popoli senza simboli ricorrenti ed è molto più complicato di quanto ti immagini. E’ un insieme di simboli elementari, un linguaggio primordiale. Sviluppo un contenitore nella scena fatto di comportamenti, di legami, di solidarietà, di affinità tra individui che ritraggo tutti simili tra loro per dimostrare che siamo tutti identici. Lo faccio attraverso un linguaggio semplice, essenziale. Può piacere o no ma non mi interessa, l’importante è che venga assorbito anche inconsciamente e che sia immediato a chiunque.

 

“Lumen” è una grande mostra/evento sulla street Art, sicuramente il più importante progetto di Arte Urbana del Sud d’Italia. Tra gli artisti figura il tuo nome, puoi parlarci del lavoro che realizzerai a Salerno?

 

Sto preparando una serie di interventi nella zona Universitaria. Inizierò la mattina del 18 Maggio. Mi sono concentrato su elementi visivi come la luce, la musica elettronica e la tensione che farà come sempre da legante nella composizione. Conosco abbastanza bene il territorio di Salerno per altre circostanze che negli anni mi hanno permesso di vivere la città e i suoi dintorni con passione. Amo questo territorio particolarmente e sono convinto che sia una town molto viva. La gente è attiva, c’è un vivace movimento underground sia dal punto di vista artistico che musicale. Lumen sta coinvolgendo molte realtà giovanili con impegno e gli organizzatori mi hanno lasciato libero di operare come voglio su grandi superfici. Direi che ci siamo, sto preparando la valigia e sono in partenza, il resto lo vedrete poi. Sono entusiasta di essere stato coinvolto per dipingere una parete in questo territorio, la quantità di luce a Salerno è sempre stata moltissima!

Giorgio Bartocci

Rispetto al passato la Street Art italiana sta riscontrando una maggiore attenzione anche da parte di esperti dei settori galleristi o museali. Il pubblico amante dell’arte pubblica è diventato più critico e, diciamolo, ferrato nel giudicare. Quali altre strade bisognerebbe percorrere al fine di conseguire nuovi risultati ed eliminare quel concetto di illegalità e di sospetto che da anni assilla voi artisti urbani?

 

Credo che il concetto di illegalità stia man mano scomparendo. Le persone iniziano ad avere una visione sicuramente più chiara e meno stereotipata del solito. In Italia c’è stata una scena più compatta della precedente grazie ai grandi nomi come Blu, 108, Aris, Erica il Cane, Dem, Run. Loro sono stati i pionieri a livello prima nazionale, poi internazionale, di un nuovo fenomeno che negli anni è diventato sempre più complesso e stratificato. Andrebbero valutate, anche in questa domanda che mi fai, una miriade di situazioni, non dimenticandosi mai che il tutto nasce dal writing, dai graffiti, basterebbe pensare a Keith Haring o Jean Michael Basquiat. Disegnare senza permessi su superfici è un tema da affrontare con attenzione, ricercando le origini di questo fenomeno. Sono felice di notare l’aumento di sempre più followers e nuovi esperti in materia che affrontano con energia e vitalità alcune tematiche a me care. La diffusione delle opere grazie al web ha notevolmente aumentato la capacità critica nei soggetti delle più svariate stratificazioni e appartenenze a categorie sociali. Il bello dell’Arte Urbana è che non ha come obiettivo un target specifico, altrimenti sarebbe pura pubblicità. L’arte pubblica ha come valore fondante la propria unicità e diviene uno strumento di confronto per chiunque, aperto a tutti. Speriamo rimanga vivo un approccio anticonformista, io ho paura che stia diventando una moda di passaggio.

Social blackout - Milan 2012

Hai concretizzato tanti lavori, come quello con ENI e il progetto Social Tension al Palladium di Roma con i ragazzi di NUfactory. Adesso Lumen a Salerno, ma c’è un’idea che vorresti tanto realizzare o magari un muro di qualche città del mondo in cui vorresti lasciare la tua firma?

 

I miei ultimi progetti mi hanno veramente cambiato, si sono aperte nuove importanti collaborazioni e a Roma la collaborazione con i ragazzi di NU è stata molto stimolante. Sono attratto dal confronto con gli operatori della comunicazione del “sistema Arte”, con coloro che stanno dietro le quinte. Aspetto di vedere i frutti di tanti sbattimenti quando avrò raggiunto la mia personale soddisfazione. Per ora non ho altri obiettivi al di fuori di migliorare la mia tecnica e le mie capacità. Non sto girando molto il globo perché non posso permettermelo ma spero vivamente di farlo in futuro. Sarà obbligatorio andare a N.Y. per vedere da vicino le ceneri delle nostre origini. Il tutto nasce lì e principalmente nella subway. Questo mezzo di trasporto di migliaia di segni ha generato un fenomeno incontrollabile che si è sparso a macchia d’olio in tutto il mondo. Non dimentichiamo le nostre origini.

 

Per saperne di più:

www.giorgiobartocci.tumblr.com

www.puntidivistastudio.it

Stefania Annese

scritto da

Questo è il suo articolo n°51

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