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L’arte fa ancora il suo lavoro? Guerrilla SPAM e il caso senese della Madonna che sculaccia il Bambino

Polittico di Siena - Credits Leonardo Bocci

 

Premessa

Tempo fa, a Napoli, era nata un’interessante polemica su un’opera di Ernest Pignon-Ernest. L’artista francese, aveva passato un po’ di tempo nella città del mare e del sole e nel Centro Storico erano spuntati come funghi numerosi poster che avevano colpito moltissime persone, attivando la conseguente e ormai inevitabile tiritera sui social.

Uno dei poster, quello affisso nella trafficatissima Spaccanapoli, era stato in parte strappato da non si sa chi. Apriti cielo, i social esplodono in accuse di ignoranza, noncuranza, inciviltà, ecc. Casualmente, leggo un post in cui un ragazzo spendeva buonissime parole per l’arte e altre di dissenso per l’autore dell’infame gesto. Non amo le polemiche da social, preferisco eventualmente insultare il mio interlocutore mentre lo guardo negli occhi, ma in quel momento è scattata in me la necessità di spiegare un mio punto di vista.

 

Polittico di Siena strappato

 

Per come la vedevo io, lo strappo dell’opera non andava necessariamente visto come una cosa negativa, infatti, come tutti sappiamo l’arte di strada, nasceva proprio con l’obiettivo di inviare messaggi alla gente, risvegliare coscienze, far sentire una voce o sensibilizzare a proposito di un argomento. La persona che ha strappato l’opera molto probabilmente non era rimasta indifferente a quel pezzo di carta appiccicato sul muro, e se anche forse si trattava di un ragazzino con pochi neuroni nel cervello, gli sarà sicuramente toccato attivarne almeno un paio per dare vita all’equazione: [strada + poster = strappare + fico].

Ergo, l’arte ha fatto il suo sporco lavoro. Questa ovviamente è una visione idealista e positiva della storia ma seppur così non fosse c’è da dire che chi fa arte di strada sa, o deve assolutamente prendere atto, del fatto che quell’opera è di tutti e tutti possono farne quello che vogliono. Sbagliato, vandalico o brutto che sia.

 

La Madonna prima e dopo lo strappo

 

Il tipo mi ha insultata.

Ma basta parlare di me, questo articolo in realtà vuole introdurre la recente esperienza di Guerrilla SPAM. Lo scorso mese, il collettivo era a lavoro a Siena in un progetto coordinato dalla curatrice Stefania Margiacchi, dove aveva realizzato un polittico con protagonista la Madonna, intenta a sculacciare il Bambinello. I volti sono stati sfregiati più volte e più volte gli artisti hanno riattaccato il poster registrando, come nel mio racconto, dati per valutare diversi aspetti dell’arte di strada ma soprattutto della nostra cultura. Ne è scaturita una riflessione che va al di là della street art e tocca momenti di diversa natura della storia dell’arte e della religione. Attraverso le loro parole vi sarà possibile conoscere meglio la vicenda.

 

 

La parola ai Guerrilla SPAM

La più grave sventura che possa capitare alle immagini è quella di non comunicare.

Gran parte dell’arte contemporanea non comunica più nulla all’osservatore. La ragione di questo silenzio è duplice: da un lato i tempi di lettura delle immagini si sono ridotti drasticamente, abituati come siamo agli standard del linguaggio pubblicitario, istantaneo e non fraintendibile; dall’altro lato, spesso, le stesse immagini non hanno l’obiettivo di dire molto.

Ne consegue che gli artisti si sono adattati a produrre opere che non necessitano di una lettura approfondita, e il pubblico non si pone più il problema di leggere, con calma, un’immagine. Queste  immagini sono diventate mute, quindi, “innocue”.

 

Madonna di Max Ernst, 1926

 

Il recente aneddoto, smentisce però molto di ciò che abbiamo appena detto e lascia qualche speranza. A Siena abbiamo affisso un polittico di carta raffigurante alcuni grotteschi Santi e una Madonna intenta a sculacciare il Bambino, non più tenuto in mano con dolcezza, come l’iconografia tradizionale vorrebbe. L’idea non è nostra, già Max Ernst aveva dipinto una celebre Madonna irriverente, ma nelle terre di Duccio e Cecco Angiolieri questa immagine poteva ancora fare “scandalo”.

Lo strappo non era casuale, non era stato sfregiato il lavoro intero ma solo le zone del volto arrabbiato della Vergine e il corpo del Bambino. Soddisfatti che, almeno per una volta, un’immagine contemporanea avesse prodotto qualche reazione, abbiamo rincollato nuovamente il disegno sopra lo strappo. Per ben altre due volte la Madonna e il Bambino sono stati graffiati e strappati nei medesimi punti, come per rimuovere quell’icona blasfema, “zittirla”. Le immagini possono ancora “parlare”. Questa è la nostra ottimistica considerazione.

 

Tentazione di Cristo sul Tempio di Duccio di Buoninsegna, Museo dell’opera del Duomo di Siena

 

L’episodio ci ha riportato alla mente l’usanza di epoca medioevale, che consisteva nel graffiare con piccoli segni le immagini di diavoli e demoni tentatori presenti su certe pale d’altare. Il fedele che si recava in cattedrale a pregare poteva anche sfregiare queste immagini per scacciare il male e scongiurare nefasti avvenimenti.

Proprio a Siena si trova il piccolo frammento de La tentazione di Cristo sul Tempio, una tavoletta quadrata eseguita da Duccio di Boninsegna per il retro della Maestà, in cui si notano benissimo i graffi presenti sul corpo nero di un demonio.

L’immagine era innanzitutto rappresentazione, poi, opera d’arte. Il fatto che si rovinassero delle pitture eseguite da artisti celebri, come lo era Duccio al suo tempo, non risultava un danno. Tale approccio “concreto” e diretto con l’arte oggi manca, ed episodi come lo strappo di questa Madonna a Siena sono eccezioni che dimostrano però quanto il sacro (e il blasfemo) ancora smuovano gli umori delle persone.

 

Miracolo dell’ostia profanata, Paolo Uccello

 

Un secondo paragone senese ci viene in mente alla vista di un crocifisso sopravvissuto al terremoto di Norcia e da poco esposto nella Cripta del Duomo di Siena. La croce, in attesa di restauro, è mostrata così come recuperata, con le fratture, i pezzi smembrati e rotti, la polvere delle macerie ancora sopra. Questa scelta espositiva inusuale ha destato emozioni altrettanto insolite per gli spettatori di una mostra: commozione e volti costernati, chi passava di fronte a quel crocifisso, soprattutto se credente, pareva piangesse.

Ecco; per poter ancora “parlare” quel crocifisso doveva essere rotto, spezzato. Una vera “passione” di Cristo. Viene in mente anche l’aneddoto di un noto storico dell’arte francese che raccontava di alcuni monaci sorpresi a pregare di fronte ad un Budda esposto nella teca di un museo. Quante volte avete visto qualcuno pregare davanti ad un crocifisso agli Uffizi? Forse mai. Ma quella croce a Siena, rotta e martoriata, risvegliava arcaici sentimenti, che le opere antiche oggi non ci procurano più.

 

Crocifissio dell'Abbazia di Sant'Eutizio esposto nella Cripta di Siena

 

Bene, in alcuni casi, molto rari, le opere d’arte riescono a sfuggire al loro destino di musealizzazione, di inscatolamento, di imbalsamazione nella teca, di perdita della propria funzione e cioè, di perdita della “parola”. Il crocifisso della cripta che ha strappato alcune lacrima, il poster della Vergine che qualcuno, turbato, ha voluto graffiare, ci dimostrano che le immagini hanno ancora la possibilità di parlarci. Resta nostro il compito di ascoltare.

 

Guerrilla SPAM | sitofacebook

 

Maria Caro

scritto da

Questo è il suo articolo n°444

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