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I paesaggi di Simon Norfolk

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Non servono tante parole per descrivere le fotografie di Simon Norfolk, perché i suoi scatti parlano da soli. I paesaggi e quanto rimane dei luoghi dove si sono verificati i genocidi del ventesimo secolo descrivono la violenza e l’ignoranza della guerra, senza bisogno di tante parole. Tutte queste ultime fotografie confluiscono nel suo più intenso lavoro dal titolo: “Per la maggior parte non ho parole: Genocidio, Paesaggi, Memoria”, che ha portato Simon Norfolk a visitare tutti i luoghi teatro di guerre passate, dalla Cambogia ad Auschwitz. A proposito del suo libro dice: “Ho deciso di dedicarmi al paesaggio perché spesso i luoghi raccontano più delle persone”.

©  Simon Norfolk

Ed è vero perché ciò che rimane di una città, di un monumento, di un luogo particolare trasmette un’inquietudine e una desolazione che solo foto così forti possono documentare e raccontare. I suoi scatti hanno un chiarore particolare perché sono realizzati alle prime luci dell’alba o nei minuti che precedono la notte, quando intorno c’è solo silenzio e la gente è assente. È in questo momento che la natura prende possesso del paesaggio. Simon Norfolk è nato in Nigeria nel 1963. Dopo aver frequentato l’università di Oxford e di Bristol, Simon ha studiato Fotografia Documentaristica a Newport nel Gwet. Successivamente ha lavorato come fotogiornalista per la stampa di estrema sinistra all’inizio degli anni Novanta e come fotografo stabile per la rivista Living Marxism.

© Simon Norfolk

È in questo periodo che approfondisce le sue conoscenze sul fascismo, sulle correnti di estrema destra e di altri temi come l’antirazzismo, la Tassa Elettorale e l’Irlanda del Nord. Simon Norfolk si è poi anche occupato delle vicende dell’Est Europeo ai tempi della caduta del Muro di Berlino e ha documentato la questione della resistenza alla Guerra del Golfo. Attualmente lavora per varie riviste britanniche ed europee ed ha lasciato il fotogiornalismo a metà degli anni novanta a favore della fotografia paesaggistica. Nel corso della sua carriera fotografica ha ricevuto numerosissimi premi come un Silver Award dall’Association of Photographers nel 2006, un invito dal World Press Photo nel 2005, Le Prix Dialogue nello stesso anno e The Infinity Award nel 2004.

© Simon Norfolk

Tutte le sue foto mi ricordano i disegni di quegli artisti, come Claude Lorraine o Caspar David Friedrich, che sin dal Cinquecento dipinsero chiese gotiche o edifici classici ormai andati in rovina, dandone una testimonianza di ciò che ne era rimasto. E in effetti gli scatti di Simon Norfolk testimoniano come l’uomo sia passato di lì con la sua violenza inaudita e abbia distrutto luoghi simboli di civiltà passate e presenti. La guerra però non solo distrugge, ma muta il paesaggio e lo rende “pauroso”.

© Simon Norfolk

Gli scheletri degli edifici, la natura violentata e la desolazione che campeggia intorno danno un aspetto rude e violento al luogo e ciò che ne rimane non sono solo i pezzi di quello che fu, ma permettono di giungere ad un’ amara consapevolezza. La distruzione è opera di quell’ “animale sociale” che si definisce intelligente, ma che in questo modo non compie nulla di sensato. Dice Simon Norfolk: “Non amo essere definito artista, ma l’arte è lo strumento ideale per raccontare l’umanità”.

Per chi volesse conoscerlo meglio: simonnorfolk.com

Stefania Annese

scritto da

Questo è il suo articolo n°51

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