Vuoi essere informato sui nostri Ticket Deals?
Iscriviti alla nostra newsletter.

* obbligatorio
Close

Il consumismo visto da Francolino

Si parla di:

Il consumismo annienta il consumatore. Il consumatore vive di consumi, che consumano a loro volta il mondo circostante, divorato dalla devastazione e dall’inquinamento. Prendete tutto questo, frullatelo insieme ad alcune dosi di televisione e stampa, di storia moderna e cronaca internazionale, di banche e carte di credito, di prodotti e marchi noti e avrete l’irriverente arte di Andrea Francolino, ben confezionata e pronta all’uso. Perché le opere di questo eclettico artista, barese ma trapiantato a Milano, classe ’79, sfondano una porta aperta sul mondo che ci circonda: quella del consumismo più sfrenato, per l’appunto. Così questi lavori di piccole e grandi dimensioni, per lo più packaging di prodotti ipernoti rivisitati in chiave ironica, ammiccando a politici e grandi personaggi delle più svariate epoche, permeano negli sguardi e nelle menti senza mezzi termini, ponendosi a metà strada tra la giocosa ilarità e la riflessione sociologica.

Andrea Francolino con Murder on the American Express

Francolino, sotto i colpi della sua critica creativa, indaga due temi che da sempre vanno a braccetto: l’arte e la pubblicità. O meglio, il consumismo visto a 360°, in cui è possibile camminare, scovando percorsi e pertugi creati dallo spreco, dal denaro che regola ogni rapporto sociale, dall’immondizia, dal riciclo, dalla crisi.
Tanto per capirci, queste non sono solo parole date in pasto al vento, ma tangibili verità. Perché per Francolino una delle cose più importanti è l’interazione con il suo pubblico. Come lui stesso racconta durante la recente vernissage della sua mostra personale romana alla 999 Contemporary, “unire la persona, attraverso un atto concreto, all’opera d’arte contente una comprensione diretta e immediata, senza doversi perdere in chiacchiere inutili”. Così dover aprire un bidone dell’immondizia per accedere al rinfresco dell’esposizione, oppure poter prendere un cartone del latte, farselo firmare e portarlo a casa, o il nascondere packaging timbrati e numerati all’interno di un supermercato, confondendoli con altri prodotti reali, ha un significato ben più ampio della giocosità: “Le persone che si sono aggiudicate i sei packaging realizzati da me, numerati e timbrati, hanno avuto la capacità di scorgere delle differenze in un consumismo oramai omologato. Mangiare da un bidone, invece, ci ricorda dove potremmo andare a finire”.

Killit Bank

Per contrastare l’indifferenziazione del mondo circostante, Francolino dona alle sue opere tutta una serie di particolari che lasciano trasparire un sarcasmo fondato su un’immersione totale nello studio del contemporaneo, come succede nell’opera Delitto sull’American Express, raffigurante la famosa carta di credito con Agatha Christie in primo piano, che nel 1934 scrisse il romanzo Murder on the Orient Express. Ma non solo: “L’opera vuole raccontare la crisi che stiamo vivendo e le date che si vedono sono corrispondenti a quelle di una normale carta di credito, come anche le varie versioni, dalla gold alla green, dalla platinum alla popular. Come 1988, l’anno in cui l’American Express si fuse con la Lehman Brothers, o il 2008, la data della crisi dei mutui. Il giallo dell’economia, del momento di crisi che c’è stato e che ancora persiste, non poteva essere raccontato che dalla Christie”.

Il mondo di Francolino viene dipinto con il catrame, che “è l’ingrediente fondamentale di quest’epoca, come il petrolio”. E come, del resto, l’inquinamento, che l’artista racchiude nel plexiglass, dove il packaging si smaterializza lasciando spazio al suo contenuto: olio saturo dei motori delle macchine.
Andrea Francolino crea opere di “arte consumistica”, dal retrogusto un po’ Pop e un po’ Dada, che lasciano il segno: quello di una pennellata scura su un mondo che si dissolve sempre più nella sua estrema fragilità.
Fino al 28 marzo alla galleria 999 Contemporary a Roma.

Per saperne di più: www.andreafrancolino.com

Serena S.

scritto da

Questo è il suo articolo n°6

Sullo stesso genere:

Community feedback