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Il Topo di Davide Predosin

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di Davide Predosin

 

Mi capita spesso di scorgere, con la coda dell’occhio, movimenti repentini non identificati. Ma è soprattutto attraverso il vetro della finestra che dà sul giardino, e spesso si tratta del mio stesso riflesso, di un merlo o di un corvo.

Anche questa volta, nel cuore della notte, mentre torno dalla cucina dove sono andato a bere, mi pare di scorgere una forma nera che percorre velocemente il pavimento della mia stanza.

Vorrei far finta di niente ma l’impressione, nonostante il sonno, è troppo vivida e quindi mi affaccio rassegnato sotto al letto.

Mi avevano raccontato che si tirano e stirano in maniera prodigiosa, infilandosi in ogni più minuscolo anfratto, ma ora, vedendolo schizzare sotto al divano, sono costretto a riconoscere che questo non sembra neanche dotato di un apparato scheletrico.

Vorrei tanto tornare a rannicchiarmi sotto le coperte, augurandomi non voglia dormire al mio fianco, mordicchiarmi i piedi, o addormentarmisi sulla faccia. Ma so di doverlo affrontare.

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Del resto, testimone della sua velocità, non posso che escludere una cattura. Nutro inoltre consistenti riserve sulla possibilità di riuscire ad ucciderlo senza spappolarlo come un fico maturo. Forse se avessi una mazza da golf, la precisione di un golfista e lui fosse legato alle rotaie di di un trenino giocattolo, ma io sono sveglio da pochi secondi, brandisco una scopa, e non so far altro che spostare mobili cercando di stanarlo; trovando appena il coraggio di sfiorarlo: troppo fragile e smidollato per non fare la frittata, continuo a ripetermi. E tu non vuoi costringermi a raccogliere le frattaglie della creatura che mi hai inviato vero, signore iddio?

Dopo quasi un’ora passata a cercare inutilmente di creare percorsi obbligati con oggetti usati a mo’ di paratie, tra cui quadri, una lavagna, tubi di cartone, l’anta di una armadio che il vigliacco scavalca regolarmente in un lampo, razionalizzo come segue:

Molto probabilmente non è che un giovane esemplare non abbastanza corrotto da volerti scavare il ventre mentre dormi. Se ne vuole andare, ha paura. Lascia la portafinestra in cucina aperta, e torna a letto. Apprezzerà la via di fuga e ti sarà grato di non avergli fatto esplodere le viscere sui muri. Forse narrerà, laggiù nelle fogne, della tua clemenza, convincendo anche i più famelici portatori di ebola a risparmiare per sempre la tua dimora e soprattutto i tuoi saporitissimi bulbi oculari, a cui, lo sai, soprattutto nel sonno, hanno facile accesso attraverso le palpebre”.

Convinto dalla bontà del mio stesso eloquio, mi addormento con la porta finestra aperta e la mattina dopo mi convinco che se n’è andato.

Compro delle trappole appiccicose, tre, che posiziono in strategici angoli della casa e a cui mai, in seguito, trovo appiccicato nulla più che gomitoli di polvere, qualche aracnide, insetti con le ali e altre cose che non so riconoscere.

Naturalmente so che questa non è prova dell’effettiva dipartita dell’intruso.

Il ragazzo della ferramenta in cui mi sono fatto elencare dettagliatamente i metodi più sicuri ed efficaci per la cattura, mi mette in guardia con aria grave sulle infide possibilità della specie. “Una volta”, mi dice, “ne ho trovato uno grosso così in un cassetto;”. E mi fa il gesto che si farebbe per dare l’idea della misura di un pesce.

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Mentre scrivo, ripenso alle dimensioni del mio improvvido visitatore e capisco che potrebbe vivere in qualsiasi cassettino, che potrebbe aver trovato rifugio ovunque.

E’ questione di onestà intellettuale: non posso escludere abbia imparato a muoversi con circospezione, senza far alcun rumore, e che si aggiri a mia insaputa solo quando sono addormentato.

Nonostante questo, con una certa riprovevole e disonesta baldanza, rinfocolo ogni giorno dentro di me la convinzione che se ne sia andato per sempre. Al massimo, ogni tanto, come fosse un vezzo scaramantico, quando torno a casa batto forte le mani e urlo “Haidiòoooò!”, sperando di costringerlo a palesarsi.

 

Testi di Davide Predosin.
Foto di Ellen Van Deelen.

 

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Davide Predosin è nato al Lido di Venezia il 26.01.1978.
Ha vissuto al Lido, a Mogliano Veneto e a Venezia.
Dal 2004 vive e lavora a Roma.
Ha recentemente pubblicato, per Gorilla Sapiens Edizioni, “Alcuni stupefacenti casi tra cui un gufo rotto

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Scrittori in ascolto, se volete mettervi alla prova mandateci i vostri racconti: saranno selezionati dal nostro Patrizio D’Amico. Scrivete a: testicitrolu@gmail.com.

Patrizio D'Amico

scritto da

Questo è il suo articolo n°13

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