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Immersa nel Napoli Teatro Festival

Si parla di:

Mercoledì 10 giugno.

Ore 20.00 L’apocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe, Teatro Augusteo
Ore 24:00 Le ali della farfalla, Museo Madre, sala polifunzionale

Ieri è stata una serata davvero molto interessante: alle 20:00 L’apocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe, un monologo di Dario Fo e Franca Rame ispirato dall’omonimo romanzo del 2008 e alle 24:00 Le ali della farfalla di Andrea Cusumano e Marino Formenti.

Comicamente tragico o tragicamente comico?

Giulio Cavalli, regista e mattatore, ripropone un’interpretazione decisamente indignata dei noti problemi che attanagliano la società, dandogli una carica di angoscia che mi ha fatto uscire dal teatro Augusteo, location dello spettacolo, con l’amaro in bocca.
L’esibizione era accompagnata dalla proiezione di alcuni disegni di Dario Fo e ha focalizzato l’attenzione sul rapporto della società con l’ambiente. La teoria prevede un black-out salvifico che ci tutelerà dall’apocalisse. Un giorno ci sveglieremo e non avremo la luce, il frigo non funzionerà, non ci sarà benzina e il caffè al bar sarà un’utopia. Tale avvenimento ci porterà a vivere in maniera più semplice: “ci ameremo,non ci sarà più il bene privato ma solo quello pubblico e al tramonto faremo l’amore”.

I temi trattati spaziano dal problema dell’immigrazione, all’avvento di Barak Obama alla presidenza degli Stati uniti, alla critica della classe politica italiana e via via fino ad arrivare al nocciolo della questione: l’ambiente, le fonti di energia rinnovabili e l’emergenza rifiuti a Napoli, dove si avvale della collaborazione del giornalista de “L’Espresso” Emiliano Fittipaldi.
Nella poco tecnica e dunque molto naturale recitazione di Cavalli si avvertiva forte il tentativo di emulazione di Dario Fo e Paolo Rossi, suo mentore. Interessante, ma non mi ha emozionato e neanche fatto riflettere, mi ha angosciata sentir parlare in maniera tanto disillusa di ciò che ogni giorno contribuiamo a creare, ergo un mondo peggiore.

L’amore disperato

Luogo della performance Le ali della farfalla è l’amato Museo Madre, dove alle 24:00, la sala polifunzionale ha aperto il sipario per dare spazio ad Andrea Cusumano e Marino Formenti intenti in un’esibizione ispirata al conte Carl von Cosel e al don Giovanni di Mozart.
Cusumano ci accoglie nella sala senza proferire parola, anche quando ci indica di spostarci lo fa solo con i gesti per evitare di spezzare il silenzio che ci accompagnerà per tutti i settantacinque minuti. Siamo disposti su due lati di una pedana appositamente allestita , io sono sul pavimento a pochi centimetri dagli attori, cosa che mi ha permesso di sentirmi all’interno della perfomance, il pubblico è partecipe degli eventi in una maniera quasi viscerale.

Il protagonista scava nell’argilla a mani nude cercando ciò che poi si rivelerà essere il corpo della sua donna, dall’altra parte del palco Formenti scava invece la tastiera di un pianoforte anch’essa ricoperta di argilla, suonando di tanto in tanto una nota e attirando la nostra attenzione, che tende invece a focalizzarsi sull’altro attore, uomo devoto nei confronti del corpo inanimato della sua donna. La lava, la veste, la vive, la ama.
Il corpo è una scultura in lattice che nei movimenti sembra un corpo vero e il tutto è accompagnato dal suono di tre stereo dai quali provengono musiche di Mozart.
Questa performance indaga la duplice personalità del conte von Cosel, medico di Dresda che trasferitosi in Florida s’innamorò di Helena malata di tubercolosi. Dopo la sua morte, il medico ne trafugò il corpo e vi convisse per diversi anni sostituendone varie parti con cera, seta, corde di pianoforte e occhi di vetro. Von Cosel visse una doppia vita, gentiluomo nella società e necrofilo devoto in casa.
Le luci, i suoni e le immagini cadenzate ci hanno emozionato, peccato che una spettatrice seduta accanto a me ha pensato bene di togliersi le scarpe!
Il Madre con questo suggestivo spettacolo della rassegna Corpus Arte in azione, inserito nell’ambito del Napoli Teatro Festival, si è rivelato come sempre all’altezza delle mie aspettative.

Maria Caro

Maria Caro

scritto da

Questo è il suo articolo n°444

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