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Inguine di Daphne

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 Inguine di Daphne

L’inguine di Daphne nasce nel settembre del 2004 dall’assidua frequentazione dei suoi componenti e dalla risonanza culturale che le suddette fervide menti riscontrano l’una nell’altra. La passione per la pittura, il simbolismo e le arti visive, già alla genesi, donano all’ensamble una profonda dimensione polisensoriale e multimediale espressa dalle svariate applicazioni artistiche presenti negli spettacoli. Alla base del progetto “inguine di Daphne”quindi, v’è una fusione di metodologie artistiche rappresentate soprattutto attraverso l’annessione della performance teatrale allo spettacolo musicale nella quale, s’adoperano gestualità, la mimica, la contemplazione e creazione pittorica, la danza, la video istallazione e la chitarrazione. Il tutto poi, si riconduce ai testi delle canzoni(vere e proprie poesie per processo creativo).Dal punto di vista strutturale il gruppo si compone di tre elementi di sesso femminile ed altrettanti di sesso maschile onde mantenere un’equa distribuzione energetica che, favorendo l’equilibrio delle presenze, determina ulteriormente la questione della poliedrici. A distanza di un anno dalla nascita del progetto, è concepito e messo in scena uno spettacolo dal nome “crisiEveglia” diviso in due atti con 16 brani inediti che, concatenando inscindibilmente visioni e suoni, crisi e veglie, battiti e chitarrazioni, rendono le esibizioni dell’inguine di Daphne dei veri e propri richiami terreni al “LOCUS AMOENUS”di cui v’è un largo riferimento nell’opera di Apuleio “la favola di amore e psiche”. Il “locus amoenus”era nella mitologia quel giardino ideale dove fiori profumati e ruscelli eterni ,fungevano da cuscino per il riposo dalle fatiche della vita nel quale gli dei e gli uomini potevano incontrarsi materialmente. Il luogo ameno dove ogni meraviglia o sortilegio sbocciava sicuro, per “crisiEveglia” si tramuta in un’ambientazione malata dove i fiori sono NERI e i ruscelli non sono altro che ristagni di sangue versato,orrorifica dimora dei poeti. Si noti che il numero tre ,ricorre inesorabilmente come ipocentro di celesti aggressioni ed epicentro di sinuose danze e in ogni dove dell’istallazione traspare il chiaro tentativo di inglobare una terza dimensione al dualismo di pensiero e alla concezione binaria dell’essere. Tale concezione viene emblematicamente rappresentata dall’annessione di un terzo colore alla sempre presente scacchiera scenografica e questo terzo colore , diventa il luogo della presenza,della spiritualità , del monismo che spiega l’essenza dell’unione degli elementi .In questo terzo colore possiamo dire che risiedono le piu profonde conoscenze e la ribellione di anime,l’arte,quel fuoco nero che consuma le cose vacue che attanagliano la realtà distruttiva del mondo. Nell’aprile del 2006, viene inciso il primo promo discografico agli studi”gammart”.L’inguine di Daphne si fa le ossa per i locali della campania e partecipano a manifestazioni musicali come l’ATELLANA FESTIVAL, lo STEROLAB MUSICFESTIVAL(dove si classificano al terzo posto e vincono il titolo di migliore esibizione scenica), il DINTORNI ROCKFESTIVAL,il VILLAGGIO ARTISTICO di Nola(na),il concorso al TEATRO TENDA di Ottaviano (na) dove si classificano al primo posto,al proggetto ORQUESTRA di Pavia(primo posto e premio per il miglio testo),WE ROCK per l’unicef(dove vincono il primo premio. Essenzialmente i membri dell’inguine di Daphne, cercano di distaccarsi dalle trite intenzioni del classico gruppo emergente impegnando le proprie forze e risorse più nella formazione concettuale e spirituale degli spettacoli che nella semplicistica e utopica ricerca tecnica e perfezionistica. Quindi,l’idea principale su cui si basano le prerogative del gruppo,si manifesta nella smodata ricerca d’un senso animista e animatista della musica cercando di rendere gesto ciò che apparentemente vive solo nei suoni e nelle parole . Ciò che conta è sentire le fibrillazioni dei battiti, essere travolti da inondazioni sensoriali lasciandosi carezzare con flemma da quel temperamento mistico della danza e della gestualità. La sofferenza e il male di vivere qui assumono forme di natura audio-visiva e il divario tra rumore e musica si lascia traversare da ponteggi neri d’egemonia. Terminiamo affermando che la sublimazia non è descrivibile se non attraverso l’arte.

Il gran capo

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Questo è il suo articolo n°3459

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