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Le 5 giornate di Roma, intervista a Marco Vignone

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La nostra civiltà è investita da una crisi profonda e pericolosa, il nostro messaggio sarà consapevole e coerente, inserito nel mercato attraverso modalità diverse e affiancato giorno per giorno ad una cittadinanza attiva che possa recuperare i valori di riferimento fondamentali per questa e per le future generazioni.” Questo sembra essere è il motivo ispiratore alla base dell”incursione artistica di testimonianza sociale” che si è tenuta nelle strade di Roma lo scorso settembre chiamata “Le 5 Giornate di Roma”. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il direttore artistico di questo evento, nonchè nostro amico, Marco Vignone, da cui ci siamo fatti raccontare un pò di cose su questo interessante progetto.

Ciao Marco, poco più di un mese fa mi hai detto per telefono che stavi organizzando delle performance per le strade di Roma, puoi spiegarci nello specifico in cosa consiste e a chi è venuta l’idea?

 

Ciao e grazie della possibilità che ci offrite per raccontare l’esperienza delle 5 Giornate di Roma. Ciò che abbiamo messo in piedi dal 22 al 26 settembre 2009 è la sintesi di un pensiero che ci riguarda non solo come artisti, ma soprattutto come cittadini. Si è trattato nello specifico di 5 giornate di incursioni artistiche di testimonianza sociale, ovvero di performance artistiche di varia natura (teatro, musica, danza, poesia, cinema) che hanno preso di mira nello stile e nei contenuti il contesto sociale nel quale viviamo. Comicità, satira, riflessione e testimonianza sociale sono i cardini sui quali abbiamo basato e continuiamo a basare la nostra iniziativa, che nel tempo si sta costituendo come movimento culturale. La scelta della strada come luogo deputato per le rappresentazioni ha dato forza alle 5 Giornate che si sono staccate dai contesti convenzionali dei teatri e delle sale concerto per raggiungere una comunicazione dal basso e molto più vicina alla popolazione.
L’idea è nata quasi per caso, davanti un caffè. Era circa metà luglio. Io, Dario Tacconelli e Stefano Pierpaoli ci siamo incontrati in un bar vicino Termini per lavorare su nuovi progetti e per discutere la possibilità di trovare altre date per uno spettacolo della Compagnia del Sospetto dal titolo “Non chiedo tanto: il giusto”, una rappresentazione comico-satirica sul tema del precariato ambientata in un grottesco talk show, non tanto lontano dai più affermati salottini della televisione nostrana. Ad un tratto Dario, ha riaffermato il desiderio di portare il teatro in strada attraverso performance artistiche che avessero un forte impatto sul sociale e sulla coscienza collettiva. Ci siamo guardati immaginando le strade di Roma invase da giocolieri, trampolieri, musicisti e danzatori. Di li a due ore eravamo già partiti con l’organizzazione delle 5 Giornate di Roma.

 

Cosa vi ha spinto a mettere in piedi una manifestazione del genere?

 

L’idea, certo, non è nuova. Il sogno di performare per strada, sulla scia del gruppo “Noviembre” era già presente nella mente di noi organizzatori da molti anni, ma non aveva mai avuto quella spinta necessaria che solo in un momento di crisi come questo poteva nascere. Bisogna guardare in faccia la realtà a chiedersi se questo sia il migliore dei mondi possibili. Le spinte a mettere in piedi le 5 Giornate sono state molteplici: il precariato, la deriva del mondo culturale italiano, il rifiuto della corruzione, dell’individualismo, del razzismo, dei fenomeni mafiosi diffusi in vari ambiti e la mancanza di serenità che si respira nella nostra nazione. Ma la spinta più grossa è stata la necessità e la voglia di offrire una testimonianza sociale attraverso l’espressione artistica libera e indipendente. Con le 5 Giornate abbiamo cercato di dare un segno di impegno sociale e di presenza attiva tra la cittadinanza per trasmettere la forte e irrimandabile esigenza di recupero di valori condivisi e di armonia sociale.

 

Ho visto sul vostro sito che le performance hanno avuto un buon successo mediatico, siete addirittura saliti sul palco della manifestazione per la “Libertà di Stampa”, ci puoi raccontare come in così poco tempo siete riusciti ad avere tutta quest’attenzione?

 

La promozione dell’evento è stata molto importante e ben studiata. Per far questo abbiamo costituito un’instancabile ufficio stampa che con il supporto dell’associazione Consequenze ci ha permesso di raggiungere dei successi mediatici quasi inaspettati. Abbiamo sviluppato quella veste di crossmedialità, creando accanto a un sito-blog informativo (www.le5giornatediroma.tk) numerosi profili nei più affermati social network quali facebook, myspace, twitter, flickr, youtube e invitando persone a diventare amici o fan del nostro gruppo. Le menzioni su importanti testate cartacee e web, numerose interviste radio, passaggi video tv e web-tv sono state raggiunte attraverso un lavoro di mail, contatti, conoscenze personali e amicizie di tutto il gruppo delle 5 giornate. Abbiamo stampato locandine e flyer e abbiamo parlato alle persone per la strada, con il cuore, spiegandogli chi eravamo e cosa stavamo facendo. Ma c’è da dire che alcune performance, quelle d’impatto maggiore come “Cappi” si sono presentate, senza invito, nelle occasioni di rilievo, come appunto la Manifestazione per la Libertà di Stampa del 3 ottobre a Roma, richiedendo quell’ascolto tale che solo un’incursione del genere può avere. Tutto il resto è merito della solidarietà dei giornalisti e dell’intera popolazione che ha imparato ad amarci e a seguirci riconoscendo l’alto valore del nostro progetto artistico e culturale.

La performance “Cappi e Catene”, che ho visto nel video della manifestazione e nella quale anche tu partecipi, che significato ha?

 

La performance dei “Cappi”, silenziosa rappresentazione di quanto siamo tutti impiccati ai fenomeni italiani della Mafia, della Corruzione, del Precariato, dell’Omofobia, del Razzismo, dell’Intolleranza, dell’Individualismo, della Censura (questi alcuni dei temi delle magliette che indossavamo in questa incursione), è un’immagine forte dell’Italia di oggi e non pretende nient’altro che essere osservata per quello che è. Il suo significato è chiaro, palese, semplice e immediato e la sua forza risiede nel carattere di aggregazione e di testimonianza sociale che questa performance riesce a comunicare. Mi spiego meglio. La performance “Cappi”, che è stata l’incursione d’esordio delle 5 Giornate, non pretende una capacità attoriale da accademia o seminario, ma ciò che dal primo incontro ho cercato di stimolare nelle persone: un’attitudine positiva, sveglia, alta, incazzata nel giusto, presente, uno sguardo attivo e quello spessore intellettuale che i cittadini italiani devono avere in questo momento. Cappi, se mi concedi, possiede quel carattere “neorealista”, ovvero la possibilità di aggregare persone di tutti gli ambiti e prendere gli “attori” dalla strada come faceva Pasolini. E’ questa la sua maggiore forza. Infatti, non tutti i protagonisti che hanno preso parte a “Cappi” sono attori. Alcuni performatori si sono avvicinati a noi dalla strada, seguendo le nostre iniziative, appassionandosi al progetto. Puoi capire come una performance di questo tipo, possa avere, in un momento del genere, una straordinaria forza di testimonianza sociale attiva sul territorio. Prova a immaginare cosa accadrebbe se l’incursione “Cappi” si presentasse sotto i palazzi del potere con 100, 500, 1000 o più performatori…

 

 

Cosa ne pensi del degrado culturale, sociale e politico che sta soffocando l’Italia?

 

Il periodo storico che stiamo vivendo è ricco di angosciosi interrogativi che riguardano il futuro di tutti noi. La degenerazione di un sistema di valori condiviso ha prodotto una preoccupante condizione di disagio e di insicurezza. Il disimpegno, l’individualismo e l’interesse privato hanno espropriato l’intera società di dinamismo e di libertà, soffocando la libera iniziativa a favore dei soli potentati corporativi. Una diffusa illegalità mina le stesse basi della convivenza e dell’armonia collettiva. Alla profonda crisi economica che stiamo affrontando si cerca solo di opporre stravaganti ricette basate sull’ottimismo e sulla disinformazione. Noi delle 5 Giornate siamo convinti che un’epoca così inquieta e contraddittoria debba però diventare momento di rinascita per tutti grazie a un grande patto di civiltà che possa condurre alla valorizzazione culturale, professionale e sociale delle attività umane.
Come artisti indipendenti vogliamo affermare il diritto allo spazio espressivo per essere autentici testimoni sociali delle realtà che avvengono in questo momento storico. Avvertiamo oggi più che mai il dovere di essere accanto ai nostri concittadini per rappresentare, denunciare, stimolare e ricreare un clima di vicinanza tra pubblico e universo artistico. I Cittadini non sono numeri da vendere alla pubblicità né masse da manipolare attraverso modelli culturali e comunicativi decisi da pochi e dall’alto. Colui che lavora nell’arte non può essere al servizio di un padrone né può sottostare alle regole del clientelismo, del nepotismo e delle relazioni di casta. Il merito professionale e il talento devono essere gli unici criteri di valutazione e di successo della nostra attività e il rapporto con la cittadinanza deve essere garantito da un continuo spirito collaborativo, presente anche nei processi sociali. Le 5 Giornate di performance sono state solo il primo di una serie di appuntamenti attraverso i quali attueremo un grande progetto comune e vicino alla popolazione per recuperare il senso autentico di valori che sono andati via via scomparendo. Non chiediamo sovvenzioni e non elemosiniamo appoggi assistenzialistici. Sollecitiamo le classi dirigenti affinché concedano spazi logistici nei quali poter fare il nostro lavoro, creare nuove opportunità d’impiego, metterci al servizio del pubblico con trasparenza e dimostrare di saper camminare con le nostre sole capacità.

 

C’è stata un’adesione enorme di artisti di varie discipline a questo progetto, quali sono state le difficoltà nell’organizzare gli spettacoli e nel mettere insieme tutti questi soggetti diversi tra loro.

 

Mettersi in gioco di questi tempi con una simile iniziativa non è facile: diffidenza, torpore intellettuale e culturale, omologazione, burocrazie “legnose”, popolazione smarrita e distratta, disimpegno sociale e paura. Quella paura che limita e disabilita. Che rende tutti fantasmi privi di identità. E che reprime l’iniziativa e l’aggregazione sana. Non ti nascondo che le difficoltà organizzative sono state numerose, ma quello che ci aiutato è stato il principio di aggregazione culturale e artistica che abbiamo sempre tenuto come monito anche perché, come organizzatori, ci siamo presentati come un’alternativa pacifica, sorridente, schietta e trasparente per affrontare di petto la dilagante deriva del mondo culturale italiano. Alla riunione del 31 agosto 2009, abbiamo presentato il progetto a circa 90 artisti e semplici interessati, prospettando degli obbiettivi che fino ad oggi sono stati mantenuti con fermezza e determinazione.

Forse proprio il coraggio e lo sguardo al rinnovamento sono state le motivazioni della grande adesione degli artisti alla nostra esperienza. Gestire e coordinare circa 50 attori con le loro teste, con le loro personalità, con le loro capacità attoriali e registiche non è stata un’impresa facile. Ma alla fine ci siamo riusciti convogliando in un unico progetto le aspirazioni di tutti. Tuttavia, devo dirti che ancora oggi, sebbene siano chiari i successi del movimento delle 5 Giornate, che prosegue senza sosta nella sua instancabile testimonianza sociale, ancora sussistono scetticismi e diffidenze che sono una forma mentis tipicamente italiana di considerare le esperienze innovative come la nostra.

 

Ho saputo che a breve uscirà un film documentario che racconterà gli avvenimenti delle 5 giornate di Roma, sai dirmi qualcosa di più al riguardo?

 

A partire dal 31 agosto, tutto il lavoro svolto – dalle riunioni, alle prove, alle incursioni – è filmato da vari filmakers. Oltre a questo lavoro di documentazione, sono in corso le riprese di alcune scene per dare all’opera uno spessore più ambizioso e più interessante per il pubblico.
Sinossi del docu-film
In un periodo ricco di complessità sociali, politiche ed economiche, un gruppo di attori per lo più giovani decide di realizzare una serie di rappresentazioni teatrali per la strade di Roma. Queste incursioni artistiche, così essi le definiscono, sono il fulcro di una testimonianza sociale carica di significato e passione. In questa impresa mettono tutto il loro amore per il mestiere di artista, unito all’impegno per essere a fianco della popolazione in un’epoca tanto difficile. Nei loro sogni c’è la voglia di trasmettere una scossa benefica a tutto il Paese. Le 5 giornate di Roma è la storia di venti giorni di decine di ragazzi che danno vita a un’avventura umana unica, in cui l’arte e l’impegno tornano a marciare accanto alla popolazione.

Il punto centrale del film sono naturalmente le 5 giornate di performance, ma attorno a questo evento, si dipanano le storie personali e quotidiane dei protagonisti accanto alle scene che provengono dalla stretta attualità politica e sociale. Un sottile filo surreale composto da suggestioni artistiche unisce i diversi momenti di questa storia. Il docu-film in questo discorso possiede quel carattere di documentazione dell’esperienza svolta e una visibilità tale da raggiungere non solo coloro che non hanno potuto partecipare attivamente, ma anche mostrare all’estero cosa sta accadendo in Italia. Il film infatti sarà tradotto o sottotitolato in inglese e presentato a produzioni e distribuzioni europee.

 

Pensi che questa manifestazione uscirà dai confini romani? Che ambizioni avete per il futuro?

L’obbiettivo, fin dall’inizio è stato quello di non relegare l’iniziativa ne a una 5 giorni, ne circoscriverla al territorio romano. Oltre alle 14 figure (tra Associazioni e Compagnie musico-teatrali) che aderiscono al progetto, ci muoviamo ogni giorno per trovare nuovi affiliati e per cercare gruppi affini, con lo scopo di esportare questa esperienza nel resto d’Italia.
Le ambizioni del gruppo delle 5 giornate sono molto alte. In questo momento in particolare siamo impegnati su due fronti: da un lato appoggiamo il movimento Primavera Romana, verso una Università dell’Agro, una piattaforma comune e non istituzionale con cui avvicinarsi alla tutela, alla conoscenza e alla reinvenzione condivisa dell’Agro e dei suoi usi civici, nell’intento di creare spazi liberi di espressione artistica da sottrarre alla speculazione urbanistica e alla creazione di centri commerciali. Dall’altro stiamo supportando le associazioni, Blindshight Project, Consequenze, e l’Associazione Luca Coscioni nella battaglia per l’accessibilità al cinema e alla cultura per i disabili sensoriali (ciechi e sordi). In questi giorni siamo presenti al Festival Internazionale del Cinema di Roma con un banchetto di raccolta firme per un’interrogazione popolare da presentare come istanza al sindaco di Roma. Lo scopo è di spingere le istituzioni ad impegnarsi nell’aumentare gli standard di fruizione fornendo le sale cinematografiche del circuito romano e laziale con sottotitolazione e audio-descrizione digitale, aspetto di civiltà che in Europa è già uno standard. Nel frattempo un obiettivo lo abbiamo già ottenuto: al prossimo Festival del Cinema non ci saranno più discriminazioni di abili e disabili e andremo al cinema tutti insieme.

 

Ciao Marco, grazie per la tua disponibilità e spero di risentire presto parlare di voi…

 

Grazie a voi e buona fortuna per le vostre iniziative.

 

Intervista a cura di Paolo Barbagallo.

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Questo è il suo articolo n°144

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