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Le mille spunte blu

Si parla di:

“Ragazze, ho un problema” tuona imperterrita l’amica affranta dal cuore di porcellana. “Allora, secondo me dovresti…” risponde arzilla la consigliera di fiducia.  “Lui mi ha scritto, però devo aspettare” incalza la poverina di cui sopra. “Mai farsi sentire per primi” il monito più diffuso, assioma della frequentazione di primo pelo.

E giù di manualistica d’amore, di corsi di sentimento generale, a suon di workshop, brainstorming e sedute psicoanalitiche. Bilancio della giornata, passata al bar, in cui un gruppo di amiche riflettono sull’esistenza, proprio come il piccione del film di Roy Andersson: zero.

Vanessa Beecroft, 2003

Come nel miglior consiglio di amministrazione non si decide nulla.

Gli zibaldoni si susseguono a ritmo incalzante, le riflessioni su carta doppio velo pure.  Siamo oltremodo convinti che sì, sì, razionalmente ci siamo, non ci faremo sentire, non scriveremo, non manderemo messaggi, non invieremo link, non controlleremo ossessivamente le notifiche.

Ce la possiamo fare, ce la possiamo fare. È deciso, stavolta…

Ma no, non si è deciso proprio un bel niente, perché si sa, in certe dinamiche ci si può trattenere, contenere, si può arginare l’entusiasmo, che pulsa come il Vajont, ma i tempi di resistenza sono brevi. Lo straripamento è in agguato, ti scruta dietro l’angolo.

E quando ce ne accorgiamo, quando sentiamo che stiamo cedendo, è già troppo tardi.

Doppia spunta blu, salvami tu. Tra un “Ha letto, ma non ha risposto” (servito da un contorno di maledizioni e crudités di musi lunghi)o lo “sta scrivendo” che ci insegue anche nel sonno, a ricordarci che la nostra esistenza è appesa alla sottile linea della wi-fi che siamo riusciti a trovare, perché chiaramente avevamo finito i giga del mese, maciniamo pensieri, parole, opere e propositi.

Stavolta basta. Il telefono lo metto in modalità aereo e non ci penso più.

Però prima lo chiamo e gli chiedo di uscire una benedetta volta. Tanto si è capito, tanto lo sanno pure i muri che mi piace. Inutile fingersi troppo femme fatale o chattes mortes, quando non è un animale associato al nostro oroscopo cinese. L’impazienza non soltanto me la tengo, ma non la nascondo, perché quando hai voglia di vedere qualcuno,  vuoi vederlo subito. Senza fronzoli. E quando ti manca, vorresti scriverglielo, anche se ha voltato l’angolo pochi minuti prima. E no, non intendo ascoltare nemmeno uno dei consigli dell’esercito di amiche che di colpo sono luminari del cuore, accademici del silenzio tattico, premi nobel della finta indifferenza.

Pronta ad immolarmi, a farmi ardere viva, martire del folto esercito di single ladies, per intenderci le pronipoti della migliore Edith Piaf che inneggiava all’amore con i suoi inni senza tempo, perché della Beyoncé non ho manco la marca di smalto, compongo il numero.

Squilla. Squilla. Squilla.

E lo sventurato non rispose.

Ottimo, vado a farmi monaca, allora.

Giuliana Pizzi

scritto da

Questo è il suo articolo n°28

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