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L’uragano Ivan

Il Crack! ci ha lasciato davvero un segno! A poco più di un mese dall’evento ritorniamo a parlarne con uno dei protagonisti indiscussi del festival, un veterano che non ha saltato nemmeno un’edizione. O quasi.

È stato un nostro vicino di cella per quattro giorni, ha creato scompiglio e disordine. Quasi quanto noi. Sto parlando di quel simpaticone di Ivan Hurricane e dei suoi ricci ribelli, lo abbiamo intervistato per capire chi si nasconde dietro il cappello burlone che campeggia sulle copertine della sua Puck.

 

Ivan Hurricane

 

Ivan perché Hurricane?

(Finalmente lo sento pronunciare bene!Mi piaceva l’idea di non prendermi troppo sul serio, mi piace tuttora  l’idea di avere uno pseudonimo non troppo serio, così ho pensato all’uragano Ivan che c’è stato davvero e ho capito che quello poteva essere il mio nome d’arte. O forse più che altro è stata una scelta sonora. Mi piace pronunciarlo.

 

Ricordi i tuoi primi pastrocchi?

Ho iniziato a disegnare quando avevo tre anni, sin da bambino mi piaceva pasticciare con i colori. Poi c’è stato uno stacco, una pausa nell’adolescenza perché mi ero messo in testa che volevo fare dell’altro. Poi invece il disegno è tornato con prepotenza. E non mi sono più fermato.

 

Parliamo di Puck ora.

In realtà il primo nome della rivista era The Artist. A dirla tutta il nome non mi piace tanto però sai, avevamo 15 anni io e i miei soci, era per noi un nome casuale. Poi abbiamo scoperto che Graziano Origa se l’era un po’ presa perché anche lui aveva fatto un The Artist negli anni novanta. Anche Puck in realtà c’era già ma suonava meglio del primo titolo. Poi mi piace il personaggio, quella mascotte che compare in ogni edizione. È uno versatile, ho provato a realizzare dei fumetti con lui, ad inventare delle storie ma lo preferisco come macchietta, come jolly. L ’ho usato nel comic party, dove tutti si sono divertiti a stravolgerlo. Tutto ciò che lui fa è abbastanza singolare, anche una cosa pensata con cattiveria la fa male, non c riesce, è proprio un cialtrone. Ci rappresenta in pieno.

 

 

Parliamo della tua esperienza al Crack!

 

Noi abbiamo partecipato a cinque edizioni, siamo dei veterani. Ci piace partecipare al Crack! perché ogni edizione è sempre un’esperienza fantastica, c’è una commistione di tutto, noi ci troviamo benissimo qui. È il nostro habitat.

Poi quest’anno avevamo tanti ospiti eccezionali, come il grande Pat Moriarity, uno dei nostri collaboratori più fidati, un artista di Seattle che lavora per Mineschaft Magazine ed era la sua prima volta in Italia.

Ma anche Martin Lopez non è per niente male, così come Elena Rapa, una tipa che adoro perché va fuori gli schemi, in pochi minuti ha realizzato un disegno delicatissimo nella  nostra cella, singolare direi. E poi anche Craoman mi piace tantissimo.

 

A che ora e dove scatta l’ispirazione?

Me lo chiedo anche io, cerco di lavorare al disegno di giorno ma poi in realtà le distrazioni e gli altri lavori mi inducono a lavorare di notte quando arriva il momento giusto dell’ispirazione: esattamente tra le 3.30 e le 4. Alla lunga ti ammazza.

Molti disegni li ho fatti nei fast food, c’è una parte del cervello che ascolta e una che lavora.

 

Equitalia

 

Cosa c’è nel tuo bagno?

Innanzitutto la porta non si chiude, cigola. Ho trovato dei poster in giro e li ho attaccati alle pareti, tra l’altro uno di questi è di un film con Edwige Fenech (lo dice ridendo ndr)

 

Oltre al disegno cosa fa Ivan Hurricane?

Suono, sto cercando di imparare a suonare bene la chitarra.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Vorrei riuscire a realizzare un libro di storie mie, magari una raccolta di storie con uno stile un po’ sgarrupato. Una quindicina di storie possono bastare. Cos’altro? Stiamo lavorando al nuovo Puck.

 

Foto di Stefano Pontecorvi.

 

Per saperne di più:

 

hurricaneivan.blogspot.it

 

 

Eva Di Tullio

scritto da

Questo è il suo articolo n°178

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