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Ma ddò vai??!! no#8

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Anche oggi rimaniamo in tema gastronomico per segnalarvi una mostra a dir poco sui generis, dal titolo “Sculture da mangiare – Cibo per l’anima”. Soffermatevi per qualche secondo sulla foto e riflettiamo insieme.
L’Italia, si sa, è la culla dell’arte. La nostra bella penisola ha dato i natali ai più grandi esponenti del patrimonio artistico mondiale. Numerosi sono gli artisti italiani contemporanei che affollano le gallerie, i musei e gli spazi espositivi di tutto il mondo. Vi giuro, sono veramente tanti, e per quel che ci riguarda riceviamo ogni giorno più segnalazioni su mostre d’arte che non spam. Il dubbio che ogni tanto mi balena per la testa è il seguente,: “ma non è che ce ne sono un po’ troppi di artisti?”. Se c’è una categoria sociale che sembra non conoscere crisi, almeno dal punto di vista numerico, è proprio quella di coloro i quali un bel giorno della loro vita decidono di fare gli artisti. Da sempre la chiesa lamenta una forte crisi nelle vocazioni, per cui ha difficoltà a reperire i preti. Fino a qualche anno fa gli ospedali avevano difficoltà a trovare gli infermieri per i propri malati. Per non parlare di alcune categorie di artigiani di cui il mercato accusa una terribile mancanza. Ma, quando si tratta d’arte, di artisti e coloro che si professano tali, ebbene, noi in Italia potremmo far concorrenza a paesi come la Cina in fatto di “manodopera” disponibile. Sono così tanti poi che nel giro di pochi anni hanno esaurito tutte le possibili forme espressive possibili ed immagginabili. E capisco bene la difficoltà dell’autore di questa simpatica composizione fatta di cetrioli, peperoni e pezzi di formaggio andati a male. Cosa gli rimaneva poi da fare, vista la terribile concorrenza e la congestione di generi, se non riciclare gli avanzi del pranzo domenicale e cercare il modo più originale per dare nuova vita a quelli che diversamente sarebbero diventati rifiuti da gettare nel bidone dell’umido e che nelle migliori delle ipotesi sarebbero diventati degli innocui fertilizzanti.
Oddio, a pensarci bene, se fossi stato al posto di quel pezzo di cetriolo a forma di cuscino (è quello arancione su quella specie di sedia al formaggio) avrei preferito farmi gettare subito nel pattume piuttosto che rendermi complice di questa specie di triste natura morta e per giunta ammuffita, che vorrebbe fare il verso ai più nobili mattoncini di legno con cui ci sbizzarrivamo da piccoli. Ma tant’è.

Leggete un po’ cosa si è dovuto inventare il curatore di questa “eco-mostra” per convincerci a prendere parte all’improbabile expo-banchetto:”

“…..presenterà delle sculture che nascono con la finalità di essere mangiate, collocandosi così in pieno nel dibattito in atto nell’arte contemporanea, il cui valore è più legato all’originalità dell’idea che alla sua durata nel tempo. Questa particolare forma di arte ci spinge a riflettere sul senso della creazione artistica e sulla fruibilità dell’oggetto d’arte e, lo scultore …… nella sua creatività, ci invita a riflettere ci spinge a prendere coscienza del rapporto arte-società-consumo. Infatti la possibilità di mangiare una scultura ci porta a mettere a confronto la nostra impalcatura culturale rispetto all’opera d’arte e ci fa riflettere sul senso d’uso dell’arte contemporanea.

A questo punto concluderei con il vecchio adagio partenopeo che recita: “che s’adda fa pe campà”*.

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Dimitri Grassi

scritto da

Questo è il suo articolo n°319

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