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Per la vendemmia ci vuole un fisico bestiale

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La mia condizione di cittadina metropolitana sottoposta tutti i giorni a smog e confusione e la mia passione per il vino mi hanno fatto desiderare di ritrovare il legame con la natura, così ho preso parte alla vendemmia. In effetti, io sono cresciuta e pasciuta in campagna fino all’età di diciotto anni e da quando vivo in città, sento costantemente il bisogno di aria pulita e verde ma Napoli è una città che queste cose proprio non le può offrire. Alle dieci di un sabato mattina ottobrino, io e un fotografo d’eccezione, ci siamo incamminati verso la vigna Tortorella, dove siamo stati accolti da un indaffaratissimo Oto e dove pochi minuti dopo eravamo totalmente immersi nel lavoro.

Vendemmia 2011

L’abbigliamento era discutibile, jeans decrepiti, maglione di mio padre e stivali parlanti. La prima operazione da eseguire nella vigna era quella della raccolta, con delle apposite forbici abbiamo tagliato e selezionato con cura i grappoli destinati alla pigiatura. Annibale, il fotografo, è stato autore della “riserva deluxe” (che è un modo carino per dire che ha impiegato ore per raccogliere una sola cassetta, la migliore però) con grappoli del tutto perfetti. Chiacchiere, canti e gente di tutte le età, il capo famiglia, gli amici, le nonne e i bambini.
La vigna è bellissima con i suoi colori caldi che si mescolano con il verde dell’erba e con l’azzurro-grigio del cielo. Ogni tanto si vede qualcuno passare tra i filari, ma il fascino del vigneto sta anche nel suo aspetto labirintico che può sempre nascondere qualcuno o qualcosa. Insomma, ti ci potresti innamorare.
Alle tredici abbiamo già finito, perché siamo in tanti e soprattutto perché siamo molto bravi e quindi ci concediamo uno spuntino con pane e mortadella, vino della casa e un’inaspettata biretta. C’è un’atmosfera rilassata, gente che chiacchiera, partite a pallone con cadute a effetto, sigarette e risate. Da quel momento in poi tiro fuori lo scaricatore di porto che giace neanche troppo profondamente in me e alla richiesta di un volontario mi metto in mezzo, per scoprire subito dopo che ci sono da caricare le cassette.

Vendemmia 2011

Mi sono offerta per un lavoro infame, forse l’unico di tutto il processo produttivo e quindi non posso tirarmi indietro, sono troppo orgogliosa ma l’audacia mi premia e scopro che per farlo posso salire in groppa al trattore e da lì la giornata diventa davvero ludica. Io e gli altri tre/quattro volontari ci facciamo scarrozzare nella vigna dal giovane autista del trattore e per l’occasione vengo ribattezzata “quote rosa” per la mia tenacia e la voglia di spaccarmi la schiena con le pesantissime cassette. Nelle varie operazioni di carico e scarico ricevo anche un’imprevista capocciata sul naso e nel frattempo accompagno la fatica col vino, d’altronde è anche un po’ anestetizzante. Una volta terminata anche questa fase, si passa alla diraspatura dei grappoli e alla pigiatura manuale. Nelle ore pomeridiane arrivano altri amici che un po’ danno una mano e un po’ no e nel frattempo io mi faccio spiegare quali sono i vari processi e cosa stiamo facendo. Saltello da un tino all’altro e guardo, stupita come una bambina, le reazioni biochimiche dell’uva che una volta tolti i raspi e macinata si è trasformata in mosto. È davvero affascinante la biochimica vista da qui. Questa nostra giornata è volta a produrre un vino tutto nostrano, l’Aglianico. La cantina ha ribattezzato i propri vini Scazzuso e Pitatza e oggi mi sento molto orgogliosa di contribuire alla produzione.

Vendemmia 2011

La cosa bella della vendemmia, com’è facile immaginare e come ho verificato di persona, è il lavoro collettivo. Si ha la sensazione di star realizzando qualcosa tutti insieme e anche se non conosci le persone che sono lì con te, ci fai presto amicizia, perché una mano a prendere qualcosa di pesante così come un brindisi ti fanno socializzare per forza. La situazione che si è creata tra noi mi piace molto perché senza nessuna fatica sono entrata in contatto con persone che non avevo mai visto prima o con le quali non avevo mai avuto nessun rapporto. L’altra cosa molto interessante è che il lavoro di vendemmia non inizia presto come accade solitamente con i lavori della campagna e, si sa, io non sono affatto mattiniera. E ‘last but not the least’ c’è il vino, la causa prima della mia determinazione nell’intraprendere quest’impresa.
Alla fine della giornata lavorativa ci andiamo a dare una sistemata e alle 20 siamo pronti per una maxicena a base di cavaiuoli (un particolare tipo di ravioli ripieni di ricotta, tipici di Ariano Irpino luogo del delitto nonché mia terra natale), patate al forno, trippa con fagioli e formaggi, salumi e vino, vino e ancora vino. Tutto buonissimo e soprattutto tutto fatto in casa e per fortuna che c’era la grappa a farci digerire.
Tra la mia mascolinità espressa, la precisione chirurgica di Annibale, la forza animalesca di Raffaele, l’inspiegabile volontà di Geppo, il feticismo per l’idropulitrice di Mario, la finta pigrizia di Igor, le spiegazioni tecniche di Fortunato e l’infinità ospitalità di Oto e la sua famiglia è passata anche questa vendemmia, ma sono già pronta per l’anno prossimo e speriamo che sia un’ottima annata.

Guardatevi cosa abbiamo combinato:

Fotografie di Annibale Sepe.
Ringrazio la famiglia Tortorella e Fortunato Sebastiano che hanno contribuito alla realizzazione di questo articolo.

Maria Caro

scritto da

Questo è il suo articolo n°444

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