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Quando Wim Wenders va alla Casa della Fotografia

Si parla di:

Che a Wim Wenders piacesse viaggiare ce ne eravamo accorti con la cosiddetta trilogia della strada o con Paris, Texas e Lisbon story. Ci aveva già lasciato intendere, con i film, la sua natura vagabonda, ma una mostra che raccontasse esattamente la modalità dei suoi viaggi e i motivi profondi delle sue inquadrature, ci mancava. A colmare la nostra lacuna c’è la personale “Appunti di viaggio. Armenia Giappone Germania”, alla Casa della Fotografia, a Villa Pignatelli, a Napoli.

The Old Jewish Quarter, Berlin, 1992

Davanti alle sue fotografie la prima cosa che viene in mente è che Wenders non è un fotografo. D’accordo, è un ossimoro, un paradosso. Chiamatelo come volete ma per me continua a essere un regista e tale rimane, anche dopo aver visto la mostra. Il suo obiettivo vaga sulla realtà come una macchina da presa, incapace di coglierne solo la bellezza. Non è una questione puramente estetica, per Wim. Le sue fotografie sono porzioni di luoghi, di fatti e di cose, pieni di tracce che ricostruiscono la storia, raccontano gli eventi.

Armenian Alphabet

Nei paesaggi naturali, nel verde sconfinato o in un lago vibrante, l’essere umano si intrufola come una presenza costante e distruttiva, lasciando oggetti corrosi, immondizia, scarti di industrializzazione e di vita. Non sono luoghi dove andare in vacanza, eppure, dove la fotocamera di ognuno di noi avrebbe fallito, lì lui ne fa un’opera stampata 183.5 x 452.2 cm, con tanto di vetro e cornice, di quelle che esigono interi minuti di contemplazione. Che sia il profondo oriente, o la sua Germania ( non troppo distante da come ci ha abituato a vederla in “Il cielo sopra Berlino”), ovunque rintraccia la nota stonata, l’oggetto fuori posto, e scatta.

Ferris Wheel, Armenia, 2008

Nella mostra, c’è di strano la scelta di dire tutto e subito. Qualità preziosa in questo continuum di arte contemporanea inspiegabilmente incomprensibile: non solo le foto, ma anche le didascalie – semplici e veloci annotazioni – spiegano tutte le intenzioni del regista al momento dello scatto, quasi fossimo accanto a lui ad ascoltarne le considerazioni ad alta voce.

Petrol Station in Alaverdi

Se poi le 20 fotografie non vi bastano e ne volete vedere altre, accompagnate da altrettante didascalie, le potete trovare nel libro Places Strange and Quiet, da cui è tratto questo progetto espositivo. Wenders ci tiene a spiegare la sua teoria e pratica, la dedizione per le zone di confine, invase da una modernità prepotente, come l’Armenia e il Giappone. Sono luoghi limite perché hanno più nature, in bilico tra passato e presente, territori che rappresentano il senso del perduto e l’urgenza del futuro. La ruota panoramica armena, scorticata, deperita e maestosa in un paesaggio desolato, la Trabant irragionevolmente sommersa da un prato e le case piene di finestre o assolutamente prive di aperture, sono tracce che raccontano storie dissonanti.

Forest Peace         

Dunque, a questa mostra andateci (c’è fino al 17 novembre) e nel tragitto ascoltate Six Bell Chime dei Crime&The City Solution. Se vi trovate a passare proprio giovedì 24 ottobre, ore 18.00, troverete “Conversazione con Wim Wenders”: il regista, in carne e ossa, si aggirerà tra le sue fotografie spiegandosi ulteriormente.Alles oder Nichts (All or Nothing), Berlin, 2008

Il percorso della mostra si conclude con un testo del regista che dice tutto con infallibile onestà. Eccovelo anche qui alla fine, perché, se l’avessi messo all’inizio, non ci sarebbe stato bisogno di scrivere niente.

 In Eastern Germany, Goerlitz (Crush Capitalism), 2006

Luoghi, inconsueti e solitari

 

Quando si viaggia molto,

e quando si ama semplicemente vagare

e perdersi,

si può finire nei luoghi più bizzarri.

 

Ho una grande attrazione per i luoghi.

È quasi una sorta di dipendenza.

Altre persone sono dipendenti da droghe o dal calcio,

(beh, anche io…)

dai soldi, dalle automobili, dal successo, o da qualsiasi altra cosa.

Io adoro i luoghi.

Mi lego talmente a loro,

che posso sentire nostalgia per una dozzina di luoghi contemporaneamente.

Cosa c’è di speciale nei luoghi?

 

Innanzitutto, ne sono molto incuriosito.

Già solo guardando una mappa,

i nomi delle montagne e dei villaggi,

dei fiumi, dei laghi e dei vari paesaggi,

mi eccitano

pur non conoscendoli

e non avendoli mai visitati.

Leggo i nomi

e immediatamente vorrei vedere quei luoghi.

Lo stesso mi accade con le città!

I nomi delle aree, delle piazze, delle vie o dei palazzi

evocano in me un ardente desiderio di visitarli.

 

Certo non sempre mi piace quello che trovo.

Ma molto spesso sì.

È fortuna?

Ho imparato dalla mia lunga esperienza

nel cercare i luoghi

che si tende a trovare

esattamente ciò che si DESIDERA trovare.

 

Anche altre persone trovano cose incredibili, ovviamente,

ma sembrano raggiungere risultati diversi rispetto ai miei.

Hanno mentalità diverse, prima di tutto,

e sono alla RICERCA di altro.

Il mio senso di luogo

è impostato su ciò che è “fuori luogo”

 

Tutti girano a destra perché

“lì c’è qualcosa di interessante”,

io vado a sinistra

“dove non c’è niente”,

ed è quasi certo,

che io mi trovi dinnanzi il “mio tipo di posto”.

 

Non so,

è come una sorta di radar incorporato

che spesso mi indirizza verso luoghi

inconsuetamente solitari,

o solitariamente inconsueti.

 

Sto lì e semplicemente non posso credere a quello che vedo…

È questa la mia sensazione preferita.

 

Si potrebbe iniziare a capire

da dove deriva la mia insaziabile fame di luoghi sconosciuti:

deriva dal fatto

che nel mondo

esistono luoghi e spazi così incredibili

da non riuscire ad essere immaginati neanche nei sogni più fantasiosi,

in colori e forme mai visti,

con i particolari più folli,

in costellazioni impossibili.

 

Questa è la motivazione per cui non mi interesso

alle immagini generate dai computer,

e a tutte le foto in cui oggi il mondo è riprodotto artificialmente

combinate, manipolate, inventate o composte

per creare una “nuova realtà”

Qual è il “grande dilemma”?!

 

La realtà che scopro,

ogni volta e in ogni dove,

quei luoghi inconsueti e solitari,

sono così più coinvolgenti ed emozionali, nel mio book,

per il semplice motivo

che esistono.

La maggior parte delle volte con umiltà,

talvolta con orgoglio,

spesso dimenticati

e raramente noti.

 

Non c’è nulla di più bello sotto il cielo di Dio,

che l’incredibile,

strabiliante,

infinita

varietà di luoghi,

che realmente

esiste.

 

Wim Wenders

tratto da: Places, strange and quiet

 Formerly 'Palast der Republik', Berlin, 2008

Places, strange and quiet | sito

Casa della Fotografia – Villa Pignatelli | sitofacebook

Wim Wenders | sito

Luciana Berti

scritto da

Questo è il suo articolo n°22

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