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Qui è passato Hogre

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Cammino per le strade della capitale da tre anni ormai e quegli stencil, che inizialmente mi passavano sotto il naso in modo indifferente, hanno cominciato a catturare la mia attenzione prima con un sorriso, poi con sempre più interesse e fascino. Hogre è lo street artist che voglio presentarvi con questa intervista e che potete incontrare sui muri di Roma; Hogre è mille facce: quelle che guardano le storie della strada, che incontrano i nostri occhi tristi, delusi, felici, emozionati.

courtesy by Hogre | http://www.flickr.com/photos/hogreman

Scopro un personaggio alquanto discreto, seppur disponibile a parlare di sè, colgo nelle sue parole una vocazione quasi sentimentale alla street art, come di un amore cui non si può rinunciare, una passione al di sopra di tutte le altre. Ma vediamo cosa ci racconta di lui, delle sue opere, delle sue storie.

Innanzitutto una domanda di rito, come hai cominciato a fare stencil? Come si diventa street artist e perché?

Ho avuto modo di conoscere molte persone che dipingono sui muri. In apparenza ognuno ha i suoi motivi: amore per il rischio, per la competizione, per la ricerca dello stile.. azzarderei una sintesi dicendo che tutte queste persone sono mosse dalla “necessità”.
Io ho iniziato per questo. Dipingere è per me un bisogno primario al pari di respirare o andare in bagno.

Quando è nato Hogre? Leggendo qua e là scopro che Hogre è il nome di un mostro metropolitano, ma non ho ben capito qual è la sua storia, ce ne parli tu?

Il male e le pulsioni al di sopra dell’etica hanno sempre esercitato su di me un forte fascino perverso. Ricordo il momento esatto in cui è nato “Hogre” : camminavo da solo per strada, era sera e riflettevo su questa componente dell’animo umano cercando un nome personale per descriverla. “Hogre” è questo e tante altre cose: è l’interpretazione che gli danno le persone che lo incontrano per strada, Il pallino nero del Tao, una nemesi necessaria, l’occhio sinistro, un sogno manifesto, cinque lettere, una firma…

I tuo stencil letteralmente tappezzano Roma e di solito sono delle facce (più o meno note); come avviene la scelta e cosa ci raccontano questi personaggi?

Alcuni sono molto più ermetici di quanto non possa sembrare, altri invece sono semplici esercizi grafici o tracce di ubriachezza molesta. Ad ogni modo per rispondere alla vostra domanda cito in mio aiuto David Lynch (regista a cui sono molto affezionato): “L’opera d’arte deve bastare a se stessa. (…) Qualcuno potrebbe sostenere di non capire la musica; però la maggior parte delle persone la sperimenta a livello emotivo e sarebbe d’accordo nel ritenerla un concetto astratto. Non si ha bisogno di tradurla subito in parole: si ascolta e basta”. Non ho la pretesa di definire come “arte” i miei lavori, tuttavia essi sono simili alla musica, ognuno è libero di vederci dietro quello che vuole e trarne una sua interpretazione personale. Ci tengo all’anonimato anche per conservare questo diritto all’interpretazione.

Ci puoi raccontare un po’ della “scena underground romana”: pensi che esista una? E pensi che un giovane artista abbia uno spazio per farsi conoscere?

La street art non è un movimento artistico per come siamo abituati a conoscerlo. Non ha un manifesto e alcuni tra gli esponenti (inconsapevoli dadaisti del terzo millennio) non accettano di esser definiti artisti.
In alcuni casi (in genere quelli dove la ricerca stilistica ha raggiunto un buon livello) è facile scorgere le influenze di correnti artistiche tra le più disparate (surrealista, futurista, pop …). L’unica cosa che unifica e definisce questa matassa di segni è che essi si trovano “fuori” (sui muri, sui treni) e per tanto sono accessibili a tutti. Ovviamente esiste una scena underground romana ingiustamente condannata dall’opinione pubblica e dalle istituzioni. Conosco tantissime persone capaci. Là fuori è pieno di potenziale inespresso. Non esistono “spazi per artisti emergenti”, l’unica cosa che ci resta da fare è creare questo spazio dal nulla, dal vuoto di un muro di cemento.

Hogre cosa accade nelle strade di Roma? Si, insomma, tu cosa ci vedi?

Storie. Le strade si possono leggere come i libri. Da questa lettura emerge una realtà più assurda dei mondi visitati da Huxley agli antipodi della mente. Amo Roma.

Spero di non essere stata troppo noiosa, però mi piacerebbe sapere se oltre che in strada ti possiamo incontrare anche altrove.

Potete trovarmi su internet a questo indirizzo: http://www.flickr.com/photos/hogreman.

Il gran capo

scritto da

Questo è il suo articolo n°3459

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