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Sandrino

Si parla di:

di Leonardo Battisti

 

“E che palle ’sti sanpietrini de merda!”

Era stata una serataccia per Sandrino, e stava per concludersi lì, nell’Audi di sua madre che saltellava sui ciottoli dalle parti del Circo Massimo, alla ricerca di un posto tranquillo per godersi l’alba e una sigaretta in grazia di dio.

S’era imbucato a una festa di diciott’anni di una tipa che conosceva appena, sperando di rimediare un pompino, o almeno una pomiciata come si deve. Aveva tirato mezza pista di coca sul cruscotto poco prima di arrivare e stava flippato come un camaleonte, e in quello stato s’era lanciato a ballare musica di merda fra tre o quattro fregnette scosciate e un po’ brille. Di tanto in tanto si allungava sul buffet e si sparava un rum senza pera o un bicchiere di vino rosso, tornando in pista sempre più sconnesso col mondo. A un certo punto, senza sapere bene come, s’era ritrovato questa tipa fra le braccia, smilza e riccia, con dei tacchi mostruosi e un tubino da pin-up, e s’erano chiusi in bagno per vedere di combinare qualcosa.

 

foto di Lucy Leven

 

Dopo due slinguazzate imprecise e qualche palpata generica, gli sembrava già quasi di venire, e invece, quando lei gli sbottonò i jeans, si vide l’affare in stato comatoso, penzolante e ritratto, stancamente accasciato sullo scroto. Lei si diede da fare per un po’ ma si stufò presto e lo piantò lì, mezzo nudo, appoggiato al lavandino imbrattato di vomito.

Uscì dal bagno incazzato nero con quella troietta che non aveva fatto bene il dovere suo, e cominciò a tirar calci e pugni a muri e complementi d’arredo, facendosi, tra l’altro, un male cane. Non gli veniva manco per sbaglio il dubbio che forse la morte del suo uccello era dovuta agli eccessi di autoerotismo con cui l’aveva consumato tutto il giorno.

Fatto sta che stava per appiccicarsi col responsabile della sala, un ragazzetto occhialuto poco più grande di lui con una flemma assurda. A quel punto, qualche suo amico, forse Gigetto, non se lo ricordava, aveva cercato di calmarlo, di portarlo fuori, e lui aveva cominciato a fare peggio, a strillare contro quella zoccola e contro gli altri invitati che manco conosceva, mentre la festeggiata, una certa Sara, piangeva perché Sandrino piaceva a sua cugina e la tizia che se l’era portato in bagno era la sua migliore amica.

Dopo qualche ora di strilli, di spinte, di giri avanti e indietro all’aria umida, erano riusciti a calmarlo e l’avevano convinto ad andare via. E così si ritrovava da solo come uno stronzo, a smadonnare in macchina sulle strade tutte uguali della notte, ignorando semafori, stop e sensi unici del cazzo, ché tanto a quell’ora non c’è un’anima in giro.

Bestemmiava pure perché sapeva che nel pomeriggio sarebbe venuta la tizia che sua madre pagava venticinque, dico venticinque euro l’ora per fargli ripetizione d’inglese, che non gli servivano a niente, ché tanto l’avrebbero bocciato pure quell’anno.

Mentre l’aria schiariva, imboccò a mille una consolare deciso a percorrerla fino al raccordo quando, intento com’era ad accendersi una Marlboro, ignorò l’ennesimo semaforo e si ritrovò sui binari del tram con un tram, la prima corsa del giorno, che sfrecciava a tutta birra, ché tanto a quell’ora non c’è un’anima in giro.

L’impatto fu preciso e potente. Il frontale rigido e ferroso del tram sventrò prima la portiera grigia dell’Audi dal lato del guidatore, poi la scaraventò avanti e di lato come un predatore cieco che sputa la preda dopo averla masticata. Il botto fece un fracasso infernale, seguito da un silenzio di tomba.

 

foto di Jody Daunton

 

L’auto era letteralmente piegata a metà sul lato lungo di sinistra. Il tranviere, nonostante il colpo, era rimasto illeso, ma pieno di dolori e colpi di frusta che avrebbe accusato più tardi, consumata l’adrenalina del momento. Uscì dal tram in stato di shock, incurante dei passeggeri, uno solo in verità, un barbone ubriaco fradicio che non s’era accorto di nulla.

“Oddio! Oddio! Era verde. Er semafero mio era verde! L’avete visto tutti! M’è spuntato davanti de colpo! Oddio, è pure un regazzino!” urlava con le mani sul volto ai palazzi addormentati, come in quel film di Verdone, con Mario Brega nei panni del camionista in lacrime che scappa nel traffico per non farsi carcerare.

Per Sandrino non c’era niente da fare. Stava pure senza cinta, lo splendido. In un attimo residuo di lucidità, prima di tirare le cuoia, col costato compresso dalle lamiere e schegge di parabrezza piantate qua e là nel cranio, pensò ai titoli sui giornali il giorno dopo: “Ennesima vittima del sabato sera. Giovane di buona famiglia muore in scontro con tram”. Poi vide il sole, scintillante di riflesso sui binari, annunciare che di lì a qualche ora avrebbe sciorinato tutti i colori del giorno, come sempre, e pensò soddisfatto: “Che figata!”

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Leonardo Battisti si è laureato in Letteratura Italiana Contemporanea con una tesi su Achille Campanile. Ha insegnato, come volontario, italiano agli immigrati e gli piacerebbe continuare a farlo come lavoro. Fondamentalmente ama l’umorismo e tutto ciò che produce un sovvertimento delle regole e consuetudini del vivere e del pensare attraverso la risata. A questo fine, di tanto in tanto, si diletta a scrivere sul suo blog  mifidosolodelvento.wordpress.com o dove gli capita (antologie, riviste, ecc.). Fa parte del collettivo di scrittori del cantiere di Letteratura Notturna letteraturanotturna.wordpress.com.

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Scrittori in ascolto, se volete mettervi alla prova mandateci i vostri racconti saranno selezionati dal nostro Patrizio D’Amico, scrivete a: testicitrolu@gmail.com.

 

 

 

Patrizio D'Amico

scritto da

Questo è il suo articolo n°13

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