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Siamo stati al Cheap… e ve lo dovevamo dire

Se Facebook fosse davvero il collante sociale che i nuovi esperti di media (leggi: i postpuberali disoccupati) millantano, saremmo allora tutti grandiosi amici di social network e non dovrei certo stare qui a dirvi che la redazione di Ziguline ha fiorentemente presenziato al Cheap di Bologna. Lo sapreste dalla notevole quantità di foto di situazioni del tutto ordinarie che il mio cellulare e la sua possibilità di connettersi a Facebook stesso, ha reso tanto straordinarie da necessitarne la condivisione.  Ma Facebook è solo l’ennesimo strumento per passare la notte ad aspettare la risposta a un qualche messaggio e corre perciò l’obbligo di comunicarvi che, la redazione di Ziguline è stata al Cheap di Bologna, festival di street poster art. Che è come dire essere stati alla prima edizione di un festival di poster art in una città che sta alla street art italiana come Damasco alla viabilità.

Ora, la cosa importante e che rende necessarie le mie parol, è che: 1) il festival era alla sua prima edizione. Questo significa che i suoi organizzatori e i suoi fruitori sono stati nel tritacarne della sperimentazione; 2) Noi di Ziguline non siamo di Bologna. Questo è significato entrare in quel tritacarne in una città di cui tutti conoscevamo solo l’enorme disponibilità di tortellini e l’onnipresente alone di Cesare Cremonini.

Tutto ciò rende necessario, nella mia testa disoccupata da questioni davvero importanti, un piccolo vademecum per l’eventualità che il Cheap e la città di Bologna, esistano ancora il prossimo anno. E che voi vogliate parteciparvi.

La Città Vol.1

Ogni città ha un suo cavallo di battaglia, la chicca da tirare fuori agli aperitivi per dimostrare che si è stati là, che la si conosce, che si è uomini di mondo. A Roma sono le battute volgari dei tassisti. Per quanto riguarda Bologna è il fatto che sia una città piccola, una bomboniera da girare a piedi. ‘Nessuno si perde a Bologna’, dicono. Ricordatevi sempre due cose: che la dicitura “città piccola” non sempre corrisponde a, chessò, Cassino e che voi siete poveri, anche per il bus, avete preso un ostello vicino all’Autogrill dell’autostrada adriatica e vi sentite ingenuamente giovani. Ricordatevi anche che un festival di tre giorni disseminato in una trentina di location, tra centro e periferia, è molto differente da fare shopping il sabato pomeriggio.

La Stampa Vol.1

Essere media partner di un evento significa cose buone (qualche drink scroccato) e cose cattive. Tra queste la possibilità di dover tenere un’intervista all’opening del festival davanti a un piccolo pubblico interessato e in diretta radiofonica. Essere dei cattivi media partner significa morire di imbarazzo per la suddetta intervista e ovviare con i drink anch’essi suddetti. I consigli sono: 1) guardare l’intervistata pregando che la risposta duri il più lungo possibile; 2) non muoversi, sperando che il pubblico non si accorga di te più del dovuto; 3) impostare uno sguardo fisso, determinato, cordiale. Nell’immagine si nota l’evidente differenza tra l’esperienza – Maria, al centro – e il terrore – Luca, a sinistra.

la Città Vol.2

Oltre ad essere la città del buon mangiare, Bologna si distingue per un’impressionante ricchezza di donne lascive e dal gradevolissimo aspetto. Camminare a Bologna di venerdì sera ti fa sentire parte de I Borgia. Una comparsa inconsapevole di Sodoma in 3D. Lesbismo, minishorts e splendidi esemplari di Tette si armonizzano con gusto alle caratteristiche architetture della città delle Torri. Di giorno sembra tutto più sobrio ma, è solo tentativo di insabbiare. Come dire: cambiare nome ad una strada non ne cambia la destinazione.

Gli Artisti Vol.1

Quanto spesso avete sentito dire che i tizi tatuati coi capelli rosa non lavorano? Quante volte vi hanno detto, rispetto alla vostra iscrizione all’Accademia, che vi piace fare la bella vita coi soldi di papà? Quante volte vi hanno guardato male alle assemblee di Confindustria? Quante volte le hostess di Italo hanno disdegnato i vostri piercing? Beh, voglio dirvi una cosa: la vita degli artisti di strada è moooolto più simile a quella di un giovane albanese impiegato come apprendista in una ditta edile di Boville Ernica che a quella dell’età d’oro di Basquiat. Intervistane uno a fine giornata, ti sembra di parlare col bambino de Il sesto senso.

Le Mostre

La street art ha oramai conquistato il diritto ad entrare in musei e gallerie. E’ un cambiamento fisiologico, difficilmente arrestabile. Quanto senso ha dire se sia giusto o no? Ha senso piuttosto rilevare lo strano dato che i suoi fruitori siano gli stessi che fino a ieri hanno parlato di “ontologia dell’esserci” davanti a una scatola di cerini spenti nella sala espositiva col finto parquet. E anche le reazioni sono le stesse! Il disinvolto bere un mezzo vino bianco, il ginocchio destro un po’ piegato, il culo in fuori e il mento in alto.  Alla mostra di Obey, l’unico davvero in grado di apprezzare i messaggi di Shepard Fairey sembrava lo stesso che, immagino, spende la sua vita ad obbedire: il cane.

La Città Vol.3

Ricordo il mio stupore quando, qualche anno fa, ho incontrato un gazebo della Lega Nord a Bologna. Non l’avevo mai pensata come una città del Nord: quelli del Nord sono antipatici, cattivi, pelosi, hanno le corna, emanano gas urticante e parlano con il mento e invece i bolognesi sono così cordiali. In verità gli unici bolognesi che ho incontrato nei tre giorni di trasferta, sono stati un poliziotto ferroviario nella tratta Firenze-Orte e Cesare Cremonini. Non servono consigli sul rapporto con gli autoctoni perché non ve ne sono.

Gli Artisti Vol.2

Sarà pure faticosa, potreste dire, ma la vita d’artista è così romantica. E poi si tromba una cifra. Beh, può darsi che nella maggioranza dei casi sia così ma non se devi lavorare su un muro di 50 metri in 3 giorni con la stamperia che ti sbaglia i poster, la pioggia a tratti, nessun riparo per mettere al sicuro gli strumenti, gli inviati rompicoglioni di Ziguline che dissezionano ogni tua mossa per fare lo scatto giusto da far vedere alle fidanzate e la postazione in prossimità dell’unico orinatoio prebellico sopravvissuto. Ah: i bolognesi a quell’orinatoio ci tengono un sacco e il fatto che vi fossero una trentina di persone tutte intorno, la puzza incredibile e le simpatiche finestrelle altezza schizzo, non gli hanno di certo impedito di onorarne la presenza.

La Stampa Vol. 2

Scrivere per un blog è una cosa favolosa e non solo per gli splendidi caporedattori, sempre così disponibili e sereni. E’ favoloso perché nessuno, né gli artisti né gli organizzatori dei festival, né i tuoi genitori si aspettano niente di serio da te e da quello che fai. Tutti si aspettano che tu faccia quello che fai solo perché non puoi fare quello che fanno loro. Questo è straordinario perché ti permette di vivere ogni cosa scevra da qualsiasi esigenza, da qualsiasi insicurezza, da qualsiasi ambizione, da qualsiasi prigionia della serietà e dell’educazione. In ultima analisi: scrivere per un blog è un vero e proprio atto creativo e io, sono un’artista.

 Cheap | sitoFacebook

  

Stefano Pontecorvi

scritto da

Questo è il suo articolo n°64

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