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Stonewall Uprising, storia di una rivoluzione

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C’era una volta il bar Stonewall Ill nel quartiere di Greenwich Village a New York, un locale di proprietà della famiglia mafiosa dei Genovese che negli anni sessanta investì un bel po’ di soldi per trasformarlo da un normale ristorante in un club per omosessuali. In quell’epoca i locali gay non andavano ancora di moda, anzi erano il bersaglio preferito dalle autorità di polizia che puntualmente li sceglievano per le loro retate e sbattere dentro un bel po’ di clienti la cui unica imputazione erano i loro gusti sessuali. Fino alla fine degli anni sessanta anche nella grande America erano vietati dalla legge tutti i comportamenti riconducibili ad inclinazioni omosessuali.

Fino a quell’epoca la vita di gay e lesbiche era tutt’altro che facile essendo continuamente oggetto di persecuzione e marginalizzazione sociale. I continui attacchi e forme repressive che la comunità gay dovette subire in quel periodo raggiunge il suo punto di rottura nella notte del 28 giugno del 1968 quando all’1.20 del mattino la polizia eseguì la sua ennesima retata nello Stonewall Ill. Le cronache raccontano che appena i poliziotti in borghese fecero irruzione nel locale, la musica improvvisamente si spense, le luci vennero accese e tra i 200 clienti che in quel momento affollavano il locale scoppiò il panico. Tutti quelli che non riuscirono a scappare furono costretti a mettersi in fila per essere identificati, i travestiti vennero ispezionati dalla polizia per verificarne il sesso e qualora un uomo vestito da donna veniva scoperto già sapeva a cosa sarebbe andato incontro.

Ciò che successe quella sera nella strada antistante il bar, Christopher Street, passerà alla storia perchè fu il primo vero atto di ribellione da parte di quella che ancora non poteva essere chiamata comunità gay, che in quella occasione trovò per la prima volta la forza di unirsi in un’unica e sola reazione di rifiuto e di resistenza alle forze dell’ordine che nel giro di pochi minuti dovettero fare i conti con una vera e propria guerriglia urbana composta da più di seicento persone mobilitatesi davanti al bar pronte a dare battaglia e mettere fine ad un periodo di soprusi. Gli scontri continuarono anche e nelle settimane successive, coinvolgendo migliaia di persone. Era ormai chiaro all’opinione pubblica ed alle autorità che qualcosa era cambiato, la comunità omosessuale aveva finalmente preso consapevolezza della propria forza ed aveva dato vita ad un proprio movimento di lotta che da quel momento in poi si diffonderà in tutto il paese e darà vita ad un interminabile flusso di attività di protesta e di rivendicazione dei propri diritti. Quelli che oggi conosciamo come Gay Pride in realtà sono l’evoluzione della prima manifestazione tenutasi nel 1970 chiamata “Christopher Street Liberation Day”, con cui si celebrò il primo anniversario dalle rivolte di Stonewall.

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Proprio nel mese di giugno è uscito nelle sale cinematografiche americane il film documentario “Stonewall Uprising” prodotto e diretto da Kate Davis and David Heilbroner, un racconto che attraverso le immagini d’epoca e le testimonianze dei protagonisti di quei giorni ricostruisce quella che è stata la madre di tutte le lotte in difesa dei diritti della comunità omosessuale.

Dimitri Grassi

scritto da

Questo è il suo articolo n°319

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