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Uccelli di piuma in un mondo di luna (V. Capossela)

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Premessa inutile, ma doverosa: internet è una fonte inesauribile di informazioni e di sapere; se si riesce a trovare la parola chiave, allora la giusta strada per scoprire mondi nuovi è aperta. Ed infatti è grazie ad internet che ho scoperto che in Italia è molto praticata l’arte circense, in molte forme e molti contesti. Il circo, spettacolo itinerante per eccellenza, non è solo quello degli animali ammaestrati (ahimè forse anche quello che preferisco meno!), ma comprende anche acrobati, clown e i numeri di giocoleria o dei contorsionisti. In ogni caso l’idea che ho sempre avuto del circo è stata innanzitutto quella di una grande famiglia che si sposta con tutto il suo mondo in lungo e in largo per mettere in scena il proprio spettacolo.

In Italia esiste una Federazione Nazionale Artisti di strada (www.fnas.org) che si occupa di riunire tutte le realtà dello spettacolo di strada italiano, per perseguire un maggior riconoscimento del loro valore e per promuovere gli artisti e gli spettacoli. È grazie a questa associazione, ad esempio, che ho scoperto che il Festival “Burattini senza confini” è arrivato a festeggiare quest’anno la sua 15esima edizione. La manifestazione porterà nelle piazze, nei giardini ben 64 spettacoli tra marionette e burattini, numeri di giocoleria, mangiafuoco, acrobati, saltimbanchi e cantastorie. Sono 38 le compagnie o i singoli artisti recitanti e 23 gli enti collaboratori che nel 2008 parteciperanno a questo felice traguardo per l’associazione ALCE (Associazione Libera Cultura Europea) e il suo direttore artistico Pierpaolo Di Giusto.

I protagonisti di questa edizione 2008 provengono da Argentina, Brasile, Cina, Giappone, Stati Uniti, Francia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Spagna, Portogallo, Germania, Slovenia e, naturalmente, da diverse regioni italiane, da dove sono state selezionate le compagnie più valide del settore. Ho scoperto inoltre che esistono numerosi artisti, di vario livello e formazione, che svolgono attività, di origine circense, se così si può dire, che lavorano in tutto il mondo e si specializzano in attività originali. È il caso di una nostra connazionale, che vive tra la Sardegna e il Canada, Elena Zanzu, che è specializzata, forse unica in Italia, nel trapezio oscillante. L’ho contattata per caprine un po’ di più.
La prima, ovvia domanda le faccio è: come è nata questa passione per il trapezio, che ormai credo sia un vero e proprio lavoro?
Da piccola mi affascinavano gli sport, ne ho praticati tanti, mi rapiva la performance, l’autodisciplina, la concentrazione e lo sfinirsi rigenerativo. Ma mi sentivo lontana dal lato competitivo. Allo stesso tempo mi affascinava la creatività: la scrittura, la danza, il teatro, la musica… Ho iniziato da autodidatta, mettendo assieme giocoleria e musica, e trovando nella strada il mio luogo di espressione. Poi per caso ho trovato a Bruxelles un trafiletto su un giornale, che diceva ‘scuola di circo’. Fu un lampo di emozione, come se si fosse aperta una porta su un mondo nuovo. Era il 2000, a quel tempo in Italia ancora non si parlava di circo contemporaneo.
Ho iniziato a frequentare 3-4 scuole circensi contemporaneamente, a Bruxelles, praticando tutte le discipline, e ho scelto immediatamente di specializzarmi in trapezio. Nel giro di pochi mesi sono passata dai corsi amatoriali ai corsi professionali, agli stages in Belgio e in Francia e infine al corso di alto perfezionamento in Canada.


In Italia quanto è diffusa l’arte circense?

Il circo tradizionale è in declino un po’ ovunque nel mondo, ma in Italia è ancora relativamente attivo. Nell’immaginario collettivo italiano, il ‘circo’ è quello dei tendoni a strisce e delle bestie feroci e, al limite, anche quello dei trapezisti dai vestiti scintillanti, con il presentatore che annuncia, seguito dal rullo di tamburi, il ‘doppio salto mortale’. È un’immagine per me molto romantica di un mondo in estinzione.
Il circo contemporaneo invece, altrove in esplosione ormai da vent’anni, in Italia si sta sviluppando più lentamente. Ma ormai è una realtà anche qui e lo dimostrano tutti quei giovanissimi che si ritrovano alle convention di giocoleria o che cominciano a frequentare le piccole nuove scuole circensi formatesi in varie città, da Torino a Milano a Roma a Bologna…


Perché sul tuo sito si parla di trapezio oscillante come di una specialità non molto conosciuta da noi?

Il trapezio viene associato ad un numero di gruppo, nel quale gli acrobati eseguono dei passaggi da un attrezzo all’altro, oppure al portatore, sopra una rete di protezione. È un numero molto spettacolare, dove anche un passaggio semplice offre – tanto al trapezista quanto allo spettatore – una sensazione liberatoria di leggerezza. Questo è il trapezio volante, ed è solo UN tipo di trapezio.
Il trapezio fisso è la forma più antica e semplice: consiste nell’esecuzione di movimenti e figure su un trapezio staticamente appeso al soffitto, e si pratica generalmente da soli.
Anche il trapezio oscillante si esegue da soli, ed è più complesso. Alla sua base sta l’oscillazione, il swing o ballant, e il concetto di timing che ne deriva. Si tratta di fare oscillare il trapezio su un angolo di 180 gradi e aprofittare dei punti morti laterali – in cui il peso diminuisce – per lasciare il trapezio ed eseguire salti, piroette, rovesciate, e poi riprenderlo qualche istante dopo. Eseguire acrobazie su un attrezzo in movimento, ti costringe ad ascoltare il suo ritmo, il ritmo dell’oscillazione, il timing. È un lavoro in sincrono, tra acrobata e trapezio. Si tratta di frazioni di secondo: se il movimento viene eseguito troppo presto – prima che il trapezio abbia raggiunto il punto morto – c’è l’impatto con una sbarra di metallo che viene contro di te; se il movimento si esegue troppo tardi, il trapezio è già volato via e… c’è la caduta. Questa è la base, capire il ‘tempo’ del trapezio e danzare assieme. Poi diventa naturale e fondamentale come respirare.
Se in Italia il trapezio oscillante è quasi sconosciuto, c’è da dire che è abbastanza raro anche nel resto del mondo, poiché si tratta di una disciplina complessa e che richiede grandi altezze, non è sempre possibile inserirlo nei programmi.
Pensi che per dedicarsi ad un’attività del genere sia necessaria una certa predisposizione, una dose di follia, di maggiore sensibilità o, tutto sommato, chiunque può cimentarsi?
Penso che chiunque possa fare qualunque cosa. Dovendo trovare delle caratteristiche adatte al trapezio, direi che è importante essere equilibrati: spericolati e lucidi, sognatori e razionali.
Tutti sognamo di essere liberi e di volare. Il trapezio è una metafora di questi sogni, che appartengono a tutti. Ma non è facile rincorrerli, a volte semplicemente li dimentichiamo. Il trapezio è un invito a continuare a sognare.


Cosa si prova a stare lassù, ci sono dei pensieri che ti passano per la testa o devi svuotarti per eseguire al meglio tutti i passaggi al trapezio?

Sul trapezio provo una sensazione di armonia, integrazione ed equilibrio. Sento l’aria nell’ondeggiare, il fuoco nel cuore e la terra nella sbarra che mi sostiene e facendo resistenza mi consente di volare. Essere in bilico, passare dinamicamente da un equilibrio a un non-equilibrio, fidarsi nella caduta, e giocare con i principi della biomeccanica per ‘volare’ e ritrovarsi di nuovo in piedi sulla sbarra è inebriante, è allo stesso tempo sorprendente ed estremamente naturale.
Sul tuo sito c’è una sezione dedicata agli spettacoli, scritti, diretti e interpretati da te, ce ne parli?
Il trapezio oscillante è una disciplina estremamente tecnica. Ma penso che cio’ che è veramente interessante è la sfida di voler raccontare qualcosa attraverso questi salti e capriole, che il bello stia proprio nell’appropriarsi del linguaggio acrobatico per esprimersi, piuttosto che renderlo fine a se stesso. La tecnica non è che la base, poi bisogna dare spazio alla creatività, e trasformare la tecnica in arte. La performance fisica è il linguaggio, il mezzo, lo strumento di comunicazione, e non il fine. Sul trapezio che oscilla il mio intento è di trasmettere un’emozione che vada al di là dello stupore per l’agilità e l’estetica del corpo umano.
Il mio solo ‘La Storia’ è una metafora delle diverse fasi della vita, dal ventre materno all’ultimo soffio. Il trapezio, con il suo ritmo altalenante e inesorabile, rappresenta il pendolo che, oscillando, scandisce il tempo (tic-tac, tic-tac). Ogni combinazione acrobatica (ad esempio: un lancio per agganciare la sbarra con le caviglie, seguito da una spinta per rimettersi in piedi e da un salto all’indietro per ritornare seduta) rappresenta una fase dell’esistenza.
Se volessimo vedere un tuo spettacolo, sarebbe possibile in Italia?
Sarò in Italia in autunno, per presentare un nuovo progetto – Sponde di Passione – uno spettacolo multimediale e meticcio nel quale arte circense, musica e arti visive si incontrano e si scontrano. Si tratta di una collaborazione con il fotografo Nanni Angeli e i musicisti Paolo Angeli, Takumi Fukushima e Ganesh Anandan; verrà presentato in Sardegna in autunno.

Per conoscere le date dei prossimi spettacoli di Elena Zanzu: www.elenazanzu.com

Per saperne di più sulle manifestazioni di arte di strada: www.fnas.org


Sulla manifestazione Burattini senza confini: www.associazionealce.interfree.it

Per le foto di Elena Zanzu si ringrazia Martine Doyon.

(Valentina Alterio)

Valentina A.

scritto da

Questo è il suo articolo n°43

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