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Una merenda con Fintan Magee

Le periferie di Roma hanno sempre esercitato un certo fascino sulla sottoscritta. Un po’ come Nanni Moretti in Caro diario, quando ho tempo mi piace girovagare in quei posti in cui nessuno vuole vivere ma che invece sono pieni di persone che non aspettano altro di raccontare come si svolge la loro vita tra i palazzi e le strade di questi grandi centri dormitori dove molto spesso la criminalità e il degrado sono delle costanti visibili ma che allo stesso tempo non impediscono ad associazioni e ad artisti di far sognare le future generazioni con opere d’arte di cui vale la pena parlare.

 

Borondo e Fintan Magee - credits The Blind Eye Factory

 

Come com Sanba, che conoscete bene, l’artista australiano Fintan Magee ha completato circa due settimane fa il bellissimo intervento in collaborazione con il collettivo Muracci Nostri a Primavalle, un altro quartiere periferico situato questa volta a nord ovest di Roma. In un pomeriggio di inizio maggio, insieme al nostro amico Solko, sono andata vedere dal vivo cosa l’artista stava realizzando su uno dei muri dei palazzi Ater, in via Cristoforo Numai, e ho avuto l’onore di scambiare due chiacchiere proprio con l’artista ma anche con alcune persone del luogo, approfittando dei minuti di pausa tra un cambio di colore ed un altro. Una chiacchierata veloce ma molto intensa e alleggerita dalla merenda cortesemente preparata da due signore che abitano proprio nel quartiere.

 

 

Fintan, io e te ci siamo conosciuti sabato scorso alla galleria Varsi in occasione della tua personale “The Backwaters – Stories from Endless Suburbia” e vorrei che spiegassi ai nostri lettori come ti è venuta l’idea di dare questo titolo alla tua mostra.

 

Il titolo, The Backwaters, racchiude le storie della periferia della mia città, Brisbane, nelle quali racconto cosa mi è capitato di vivere in quei luoghi durante gli anni della mia adolescenza. “The Backwaters” sta ad indicare posti in cui vivevano persone diverse, soprattutto di estrazione operaia e quindi quella condizione di “cultural backwater” (in italiano “ristagno culturale”) che contraddistingue le periferie di ogni città del mondo. In particolare, il mio quartiere veniva denominato “l’Alabama australiana” proprio per le sue caratteristiche culturali che a me hanno sempre incuriosito e che porto dentro da sempre.

 

 

Gurdando le opere presenti nella mostra, si avverte quel modo di comunicare tipico degli adolescenti, arriva dritto al cuore.

 

Effettivamente è proprio il modo giusto per raccontare le storie che ho rappresentato. È vero che mi considero un artista low-brow e anche street e quindi i miei linguaggi possono essere differenti. In molte circostanze però, come in Backwaters, era necessario che mi esprimessi in questo modo, diciamo pure “naive”, che appartiene agli adolescenti.

 

 

Qual è il titolo dell’intervento di arte pubblica realizzato a Primavalle e come è passare da lavori concepiti in studio a quelli su muro com’è stato in questo caso?

 

Il titolo è The Roadkill. Posso dirti con molta franchezza che ora riesco a passare da una cosa all’altra senza metterci troppo tempo e quindi non ci impiego tanto a realizzare un muro. Le differenze sono l’interfacciarsi con il pubblico e i loro commenti che nei lavori realizzati in studio ovviamente non ho e l’ambiente circostante, poiché ogni volta che realizzo un lavoro su un muro devo capire come possa inserirsi nello spazio, una circostanza che non si ha con i lavori su tela.

 

 

Prima di oggi, ti era capitato in altri posti di incontrare persone che ti offrivano cibo durante i tuoi lavori outdoor?

 

Mi è capitato in passato solo un paio di volte in Australia e in Colombia.

 

 

Dopo Roma quali saranno le prossime tappe?

 

Dopo Roma, che ho visitato con la mia famiglia con cui ho visitato diversi musei in Centro, andrò in Olanda, poi di nuovo in Australia, poi a Kiev, molto probabilmente in Sicilia, in Danimarca, parteciperò al Nuart e molto probabilmente prima della fine dell’anno sarò a Londra per una personale.

 

Grazie a Blind Eye Factory per le foto.

Fintan Magee | sito

Varsi | sito

 

 

 

Eva Di Tullio

scritto da

Questo è il suo articolo n°178

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