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A e dè d’incù

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In qualche angolo della Romagna esiste un’aia dove una vecchia signora vede scorrere la sua vita, con la densità di chi combatte e, perché no, si compiace anche delle sue ossessioni. Non le piace il mondo di oggi, non le piacciono le persone di oggi e il loro modo di vivere.
“A e dé d’incù…” diventa così un intercalare per esorcizzare ciò che non le piace. Una specie di mantra al negativo per ripulire tutto ciò che nel mondo di oggi per lei non funziona. L’ossessione della sua vita si cela dietro e davanti il ricordo di un muro bianco, un quadro che la perseguita e non smetterà di perseguitarla in eterno. Un episodio avvenuto ai tempi della guerra, che ha cambiato la sua vita e la rincorre non solo nei travagliati sogni, ma anche quando a occhi aperti siede davanti alla porta, quando la tenda è mossa dal vento che spazza l’aia. Proprio quella tenda che è stata messa lì per proteggere qualcosa che ormai è “improteggibile”.

Il gran capo

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Questo è il suo articolo n°3459

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