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Banksy a parole sue, traduzione dell’intervista apparsa su The Sun

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Banksy, Banksy e ancora Banksy. A noi Banksy piace e ne continuiamo a parlare. Circa un paio di settimane fa Nick Francis, un simpatico giornalista del quotidiano londinese The Sun, si è cimentato in un’impresa alla quale tutti i giornalisti fissati con la street art aspirano. Quest’uomo fortunato è stato in grado di procurarsi un’intervista esclusiva a Banksy lo street artist, che senza troppi indugi mi azzardo a definire, più famoso del mondo. In questa lunga conversazione che riporto proprio qui tradotta e pronta per l’uso e che si è tenuta nel magazzino/museo dell’artista, ha parlato di com’è cominciata quest’avventura, di come vive la strada e l’arte e del suo rapporto con il mondo dello spettacolo. L’artista si è lasciato addirittura fotografare e ha parlato divertito della sua poca dimestichezza con i graffiti in stile newyorkese e del sabotaggio del lancio del disco di Paris Hilton. Una cosa è certa, anche scoprendo qualcosa in più su di un personaggio che è riuscito a non svelare la sua identità durante i diciotto anni di carriera che si lascia alle spalle, non sapremo mai chi sia veramente. Un’altra cosa certa è che non ce ne sarà mai bisogno, perché sono i suoi lavori a parlare, rivelando una personalità ironica e critica nei confronti di una società alla quale, come dice lui “bisogna controbattere un po’”. Godetevi Banksy “a parole sue”.

“Ho cominciato a fare graffiti quando avevo più o meno quattordici anni e la gente mi chiedeva sempre: perché lo fai?”. “La vera domanda però era: perché non dovresti farlo?”.

Queste sono le parole di uno degli artisti più famosi del mondo, nonché uno dei personaggi più sfuggenti. Nato a Bristol, Banksy è estremamente popolare in tutto il mondo, i suoi graffiti in stile guerrilla sono il suo biglietto da visita. Da diciotto anni riesce in quello in cui The Stig ha fallito, mantenendo la sua identità totalmente segreta. Chi è? Questa è la domanda sulla bocca di tutti, dai giovani più trendy all’elite snob del mondo dell’arte. Per la prima volta in assoluto, lo street artist ha parlato a lungo del suo eccezionale esordio che da giovane armato di bomboletta spray lo ha reso qualcuno il cui lavoro vende, un milione alla volta, ai VIP di Hollywood. E il Sun è il primo a regalarvi l’intervista. La sua apertura coincide con l’uscita del DVD del suo nuovo film Exit Through The Gift Shop. Spiegando dov’è cominciato tutto, Banksy ci ha detto:

“Hai quattordici anni o quindici. C’è un mondo enorme là fuori, tu vuoi lasciare il segno ma nessuno ascolta una parola di quello che dici. Invece sai, una notte, una bomboletta spray, tutto a un tratto la gente ti comincia a notarti.”

Banksy è entrato nella scena street di tendenza e ha dato un cenno al compagno di Bristol 3D, proveniente dal gruppo dance dei Massive Attack.

“C’erano sempre più graffiti nella mia città, uhm, credo che 3D li avesse portati con sé dal suo tour in America e li aveva dipinti in tutta la città.”

“Ho cominciato a disegnare graffiti nel classico stile di New York, con grandi lettere e caratteri, ma non sono mai stato molto bravo. Mettevo sempre le cose troppo vicine o distanti e ci impiegavo anni” “Dovevo trovare un modo per farlo più velocemente, altrimenti rischiavo di farmi arrestare”.

Il lavoro che ha catapultato Banksy sotto i riflettori riguarda quasi solo gli stencil in bianco e nero, come l’immagine iconica di due poliziotti che si sbaciucchiano.

“Voglio dire, gli stencil sono davvero molto efficienti. Puoi creare qualcosa in poco tempo ed è difficile fare un casino.” “Quando mi sono trasferito a Londra, ho continuato solo con i dipinti. Non ci ho mai visto niente di male.”

“Vivi in città e tutto il tempo ci sono segni che ti dicono cosa fare e cartelloni che cercano di venderti qualcosa” “E ho sempre pensato che fosse giusto controbattere un po’, suppongo. Quella delle città non dovrebbe essere solo una conversazione a senso unico. Non capivo perché accontentarsi solo dei muri. Così ho iniziato a vandalizzare statue e quello mi ha portato a vandalizzare i parchi. Cominciavo a fare sul serio.”

“Poi me ne sono venuto fuori con quest’idea di dipingere graffiti sulle tele invece che sui muri ed ero assolutamente convinto che fosse un’idea geniale che fino allora non era venuta a nessuno.”

Banksy ha cominciato una produzione di sue versioni di dipinti classici, il più famoso è stato Il ponte dei Gigli di Monet, con carrelli della spesa scaricati sotto il ponte. Nel 2003 si è intrufolato nella Tate Gallery di Londra e vi ha aggiunto una delle sue creazioni. Come spiega: “Ho pensato: ‘Come posso impedire agli altri di rubarmi quest’idea?’ E ho realizzato che la cosa migliore da fare era appenderla alla Tate con il mio nome affianco”.

“Ovviamente se aspetti che qualcosa venga da te, dovrai aspettare per molto tempo. Così ho pensato bene di andare alla Tate e attaccarla e basta. È stato divertente. Andavo in giro per le gallerie e ormai non guardavo le opere ma gli spazi bianchi tra i quadri”.
“Così ho pensato che era l’ora di fare una mostra in una galleria. A me non piacciono molto le gallerie, così… ehm, ho finito invece per affittare questo magazzino.

Uno dei momenti più memorabili nella carriera di Banksy è stato quando sabotò il lancio dell’album di Paris Hilton. Nel settembre 2006 riuscì a sostituire cinquecento copie con suoi CD. Sulla copertina aveva sovrimpresso la foto della testa di un cane al posto di quella di Paris e aggiunto uno sticker che diceva: tracce incluse Perché sono famosa?, Che cosa ho fatto? e A cosa servo?. Per la prima volta ci spiega come ci è riuscito.

“Avevo parlato con DJ Danger Mouse a proposito di quest’idea di vandalizzare qualche azione pop o dirottare qualcuno che era stato in classifica”. “Improvvisamente scoprimmo che Paris Hilton stava per incidere un disco. Avevamo qualcosa come tre settimane che preparare tutto prima che il CD fosse nei negozi”.

“Era un’idea che stava aspettando solo Paris Hilton per essere realizzata. Ho incasinato un po’ la grafica e poi Danger Mouse ha trasformato l’album in questa lunga traccia dove ripete sé stessa continuamente”. “Li impacchettammo, li mettemmo nelle scatole e poi io e altri due ragazzi ci separammo e percorremmo tutto il paese per invertire i taccheggi”.“Ne sostituimmo circa cinquecento, i quali probabilmente rappresentavano una buona percentuale di quelli che ha venduto. Voglio dire, a cosa possono servirti? Immondizia? Forse? Credo?”.

Solo qualche tempo dopo, Banksy causerà qualche controversia mettendo in scena un’esposizione a Los Angeles con un elefante vivo completamente dipinto.

“Suppongo di aver fantasticato di andare in qualche posto più caldo. Così siamo finiti a Los Angeles e sai, è una città estremamente affascinante e lo è anche il suo lato ‘sporco’”. “E… soprattutto è il posto dove puoi affittare più facilmente un elefante”.

Attualmente i lavori di Banksy possono raggiungere un milione di sterline, con Brad Pitt che a Londra nel 2007 ha comprato un pezzo a un’asta con un’offerta telefonica.
Banksy ha detto, a proposito di questo: “Quando i dipinti cominciarono ad andare, era come se un bel po’ di soldi mi avessero veramente stregato e me ne fossi andato via dal bel mezzo del nulla e avessi smesso di dipingere. Ehm… in realtà tutto il tempo le gallerie stavano vendendo quadri che avevo fatto anni prima e venduto per quattro soldi. O dipinti che avevo barattato per un taglio di capelli o sai, qualche grammo d’erba e andava al massimo a 50.

“È eccezionale, suppongo, quando i tuoi dipinti stanno appesi in un museo.”
“Non posso però evitare di pensare che fosse un po’ più facile quando tutto quello contro cui dovevo competere era un bidone della spazzatura in un vicolo piuttosto che, sai, un Gainsborough o qualcosa del genere.”

Nonostante il successo oltre ogni suo sogno più selvaggio, Banksy rimane affettuosamente modesto riguardo al suo lavoro.

“I graffiti sono sempre stati una forma d’arte temporanea. Lasci il tuo marchio e viene cancellato. Voglio dire, molti di loro sono stati disegnati solo per sembrare belli visti da un veicolo in corsa, non necessariamente nei libri di storia.”

“Forse tutta l’arte sta solo cercando di vivere per un po’!”
“Voglio dire, sostengono che si muore due volte. Una volta quando smetti di respirare e la seconda, un po’ dopo, quando qualcuno dice il tuo nome per l’ultima volta.”

Se questo fosse vero, ci vorrà ancora molto, ma molto tempo prima che Banksy possa riposare.

Questo il link all’articolo originale: http://tiny.cc/t0kw3

Maria Caro

scritto da

Questo è il suo articolo n°444

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