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Bdsm, istruzioni per l’uso

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Negli ultimi giorni avrete tutti letto e sentito del caso dell’atto di Bondage estremo che ha portato la morte ad una ragazza di 23 anni originaria di Lecce. Senza entrare troppo nei particolari del caso, in quanto cronaca, ho deciso di presentare l’intervista che ho fatto durante questa estate a Stefano Laforgia, che attualmente sulle testate giornalistiche nazionali viene riconosciuto come il maestro dei personaggi coinvolti in questa storia accaduta a Roma. Ho conosciuto Stefano per curiosità, dato che avevo sentito parlare di un carro BDSM e Fetish che aveva sfilato durante lo scorso Europride romano. Uno degli organizzatori di questo evento era proprio Stefano Laforgia, proprietario di Alcova, negozio specializzato nella vendita di prodotti sadomaso e bondage. Alla base di questa iniziativa c’era l’intenzione di riuscire a spiegare all’opinione pubblica quale fosse la differenza tra BDSM e violenza domestica ed educare in modo corretto i media e chi lo pratica. Per avere maggiori chiarimenti incontrai Stefano nel suo negozio che appare, anche attualmente, nella parte antistante come un semplice sexy shop, nella parte retrostante, invece, maschere, funi, corde, vestiti in latex, manette e bende occupano gli scaffali del negozio.

foto di Stefania Annese

Ciao Stefano parlaci un po’ del BDSM e spiegaci in cosa consiste

Il BDSM è una sigla abbastanza moderna che sta per bondage, disciplina dominazione, sottomissione sadismo, masochismo, dinamiche di rapporto che sono abbastanza comuni più di quanto si pensi di credere. Una persona su dieci ha provato qualche volta il bondage ed è interessata in qualche modo a questo genere di dinamiche. Certamente le persone che effettivamente partecipano non sono il 10% per cento, ma un po’ meno perché non possono farlo apertamente a causa delle difficoltà che sono dietro al BDSM. Siamo nella stessa situazione che era della scena gay più di 30 anni fa, quando gli omosessuali stessi avevano difficoltà ad essere accettati dalla società come persone che fondamentalmente hanno soltanto dei gusti sessuali diversi. Molto spesso chi fa sadomaso viene considerato una persona pericolosa, malata, non in grado di fare un lavoro o di essere un buon padre o una buona madre. Noi di Alcova come negozio, ma io in particolare sono sempre stato attivo nel promuovere il BDSM come uno stile di vita sano perché basato sulla “con sensualità”. Ci si relaziona tra adulti consapevoli di ciò che fanno, quindi non c’è né violenza né sopruso, né tutto quello che si può immaginare come un lavaggio del cervello. La persona sceglie di essere sottomessa. È chiaro che violenza e sudditanza psicologica possano essere presenti, ma non fanno parte del BDSM. Se una persona ha la testa bacata ce l’ha e basta , non è colui che pratica il bondage che scivola nella violenza e nell’abuso domestico. Certamente ci può essere la possibilità di trovare persone del genere in questi contesti, ma queste poi vengono subito emarginate dalla nostra comunità che svolge anche un lavoro di autoprotezione. Noi come comunità organizziamo anche dei workshop sul BDSM, piccoli forum e riunioni sulla sicurezza per prevenire determinate situazioni estreme, spiegare alle persone che cosa è giusto fare e cosa no e nel caso dovesse succedere qualcosa anche pensare a modi su come intervenire e creare una rete di aiuto e di tutela. Stiamo ponendo le prime basi su cui bisogna cominciare a costruire, è un lavoro lungo quello che ci aspetta perché al giorno d’oggi il BDSM è visto come una malattia o poco più come un disturbo mentale e da evitare. Per questo abbiamo organizzato il primo carro BDSM nella storia del pride italiano, per diffondere il messaggio che tali pratiche partono dalla consensualità. Infatti il nostro slogan era “libertà di amare, consessualità” giocando col termine consensuale legato al concetto di sessualità.

Come si comincia a praticare il BDSM?

Fondamentalmente io sono arrivato alla convinzione che ci sia una sorta di predisposizione a questo genere di sensazioni in quanto i recettori del dolore sono molto vicini a quelli del piacere e dipende anche da come il corpo e la mente elaborino alcuni stimoli, alcune sensazioni. Dopodiché la sola predisposizione non basta. Pensa ad esempio ai bambini che in età puerile fanno cose del tipo io sculaccio te, tu sculacci me, oppure legano la bambina-principessa per salvarla dal drago, dietro queste iniziative non c’è assolutamente nulla di sessuale, è un gioco. Il concetto dell’ubbidienza fa parte dell’uomo che crea una società piramidale con un capo in un branco, come succede tra quasi tutti i mammiferi. Poi una chiacchierata tra amici, un film erotico possono innescare un interessamento verso il BDSM. A questo punto il gioco che facevi da bambino della sculacciata ad esempio acquista una valenza anche erotica all’interno di un rapporto. Mi ricordo di una volta in cui ho parlato con alcune persone che mi dicevano di essere feticiste dei piedi. Una di queste da bambino si infilava sotto il tavolo dove le amiche della mamma giocavano a carte e guardava le scarpe, le calze velate e rimaneva affascinato. Questa cosa un bambino la fa senza una consapevolezza erotica. Gli inizi sono assolutamente casuali spesso sono degli spunti, si legge un libro, si vede un film e si comincia a fantasticare, elaborando certi pensieri.

foto di Stefania Annese

Esercitare una pratica sessuale del genere non implica il fatto di rompere la monotonia della coppia?

No, tu arrivi alla monotonia quando non c’è più fantasia. Il BDSM è una cosa che senti non puoi far finta di fare qualcosa. Se io desidero che la mia donna faccia la schiava e lei non ha questa intenzione, rischieresti solo di generare lacrime ed angoscia. Il partner vuole soddisfare le richieste del compagno/a, la sua gratificazione è quella di riuscire a fare ciò che l’altro chiede. Il BDSM implica anche un coinvolgimento mentale, senza questo quello che fai fisicamente sarebbe una sorta di teatrino senza contenuti.

foto di Stefania Annese

In un rapporto sessuale come quello della sottomissione il sentimento d’intesa in una coppia è più forte?

Secondo me si, perché arrivi a toccare un livello di intimità molto più profondo. Per fare sesso non hai neanche bisogno di sapere il nome della persona con cui lo fai, la vedi, ti piace, fai quello che devi fare e finisce lì. Per praticare il BDSM non puoi farlo con una persona che non conosci perché devi conoscere la sua mente e il suo corpo come reagiscono, devi sapere quali sono i suoi limiti, le sue paure. Non ti posso legare se tu sei claustrofobica, rischierebbe di diventare una sorta di violenza, qualcosa che va oltre il piacere. C’è bisogno di una conoscenza molto più profonda di un rapporto comune, perché si vanno a toccare nervi più profondi e più sensibili. Si gioca con le paure.

Ci sono più etero o omosessuali nell’ambiente del BDSM?

Tale pratica è più comune nel mondo etero. Ad esempio nel mondo gay e soprattutto lesbo il sadomaso viene visto anche come qualcosa che richiama dei valori maschilisti di sottomissione e dominanza. Culturalmente viviamo in una società che vede l’uomo come una figura autoritaria e dominatrice rispetto a quella della donna che viene principalmente concepita come compagna. Nel BDSM la maggior parte delle donne scelgono di essere sottomesse perché attraverso questa pratica sentono di avere qualcuno che si prenda cura di loro. L’uomo sottomesso viceversa tende a sperare di essere annullato nel rapporto, ama molto di più le umiliazioni proprio perché vuole ribaltare lo stereotipo culturale dell’uomo che domina e comanda. La maggior parte di questi rapporti BDSM vengono vissuti all’interno di una coppia in una vita privata. Ci sono anche club dove assistere a tali pratiche, ma sono alquanto rari. Bisogna ricordare però che il BDSM è uno stile di vita che esiste da decenni e che è nato all’interno delle comunità gay, poi da lì si è esteso al mondo etero alla fine degli anni Sessanta inizi anni Settanta.

Stefania Annese

scritto da

Questo è il suo articolo n°51

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