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Caribou | Our Love

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Ben quattro anni dopo Swim è arrivato Our Love il quarto album di Dan Snaith, aka Daphni, aka Caribou. Prodotto e fortemente voluto da quel genietto e suo amico Four Tet.
Caribou, ometto rosso spelacchiato, timido magrolino, bravissimo produttore. In realtà avevamo gustato l’anteprima del disco con Can’t Do without You, e poco dopo avevamo scoperto il secondo estratto che da il titolo al disco Our Love. E fin qui tutto bene, tutto sommato un’ideuzza sul disco ce l’eravamo fatta, e sapevamo che il canadese era ormai passato definitivamente all’elettronica, abbandonando il suono dei primi due album usciti sotto lo pseudonimo Manitoba (Start Breaking my Heart e Up in Flames) e trasformando decisamente anche il gusto usato per Andorra il disco uscito nel 2007 che lo fece conoscere al grande pubblico, grazie alle famose aperture per il tour dei Radiohead.
Our Love è sicuramente la sua consacrazione all’elettronica, morbida, leggera, romantica. Strizzando sempre l’occhio alla dance, quella da ballare. Un disco dalla personalità timida, mai appariscente, che vuole riappropriarsi di suoni e colori lasciati in affido ad altri generi ed altro tipo di produzioni. Basti pensare che l’ingegnere del suono al lavoro sul mix di questo disco, contemporaneamente missava l’album di FKA Twings, e forse si sente un po’.
Ma non solo elettronica, dunque, Dan ci ha favorevolmente sorpreso con pezzi come “Second Chance” dichiaratamente R&B e generosamente cantato dalla grande Jessy Lanza della label Hyperdub. E pezzi come Silver in cui esplodono dei violini dalla sinfonia sintetica e All I Ever Need cantati dallo stesso Caribou (come tutto il resto dell’album). Produzioni che possono essere definite “canzoni” perfette, orecchiabili, col ritornello, appoggiate su eleganti tappeti elettronici, ma cariche di melodia appassionata, quella di un uomo che ha voluto fare un disco per i suoi coetanei, e per quegli amanti del dancefloor della sua generazione, che sognano ad occhi aperti durante un lunedì di normale routine. Si, perché a dirla tutta questo non è esattamente un disco da dancefloor, e nemmeno un ritorno a quei suoni radicati nel rock che lo hanno formato precedentemente. Questo è un lavoro rivolto a tutti, forse non virtuoso come il precedente Swim, forse non così sorprendente in tutte le tracce (diciamo pure che l’hype e l’attesa attorno a questo artista, tra festival e media è stata forse un po’ eccessiva), e sentiamo anche che il buon Dan sta ancora trovando la sua vera strada, sappiamo però che ci sta andando molto vicino e non ci dispiace per niente.
Caribou è già in tour in Europa, in questi giorni in Germania, il 31 Ottobre sarà al prestigioso festival Pitchfork al Parc de la Villette a Parigi, il 5 novembre a Torino per il Festival Mito Club To Club, poi ci saranno gli Usa, l’Australia e di nuovo l’Europa partendo da Barcelona.

 

 

 

 

Caribou | sito

 

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Noi ascolteremo ogni beat, sentiremo ogni singola nota
e magari ci facciamo scappare un Beans.

Manuela Maiuri

scritto da

Questo è il suo articolo n°58

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