Vuoi essere informato sui nostri Ticket Deals?
Iscriviti alla nostra newsletter.

* obbligatorio
Close

The Kavinsky Experience

Si parla di:

Vorrei avere un intro accattivante per questo articolo, ma l’unica cosa che mi viene in mente al momento è un contorto pensiero riguardo alla mia insana passione nei confronti di quel periodo musicale che va dal 2005 al 2010, comprendendo vari sottogeneri dell’elettronica. Quindi prendete quest’affermazione come buona e, capitemi se quando m’invitano a partecipare all’evento Midnight in Turin with Kavinsky, la ventenne che è in me ha esclamato: “mai quando ce n’era bisogno all’epoca, eh?”.

Convinco il mio compare di disavventure ad accompagnarmi. La serata promette male, lui sta già dormendo sul mio divano alle 23, ma sono convinta che resisterà. Non mi lascerà a piedi e si metterà a dormire nel mezzo dello Chalet. Ah, beata ingenuità.

Quando arriviamo al locale, vengo ipnotizzata da un mapping che avvolge la consolle e tutto ciò mi conforta (vi ho mai accennato alla mia malsana passione per i visual? Sono una forma di distrazione che mi permette di evitare l’atto del ballo scatenato e fingermi sinceramente occupata a fare altro). E notiamo da subito che la gente è già molto avanti con i lavori, come ci fanno capire le mani di questo ragazzino impegnate a studiare la consistenza delle natiche della ragazzina che gli sta sopra. Le mani di lei non risultano tuttora pervenute. Sul palco si spazia dall’electro alla tamarria e si spiana il terreno al francese.

Kavinsky ha fatto successo più che altro per la colonna sonora di Drive, film che non ho mai visto e di cui conosco pareri contrastanti. Io lo ricordo invece per Testarossa Autodrive, insomma pensavo che dopo il 2008 non avesse più fatto nulla e invece, eccolo rispuntare anni dopo con lo stesso stile. Il dilemma se lui sia un grande fake o meno (dai, lo sappiamo chi gli produce i pezzi) non si pone mentre suona, a parte un erroraccio tra un paio di pezzi tiene alto il livello della pista, butta anche i Daft Punk e sbanca tutto mettendo Killing in the Name of Sebastian. Siamo proprio immersi nell’elettronica e nel french touch che tanto ci piaceva nel 2008.

Nel mentre la mia serata assume sfumature surreali, avere in mano una macchina fotografica ti mette in una posizione scomoda: sei la preda fiutata da tutti questi leoni della notte che vogliono foto, che urlano dal mezzo della pista: “Ehi tu! Tu! Facci una foto!”. E anche stavolta raccolgo in men che non si dica quantitativi ignobili di fotografie di perfetti sconosciuti che ci tengono a sapere se saranno pubblicati in qualche sito. Sì, certo. Eccovi.

Il mio amico si addormenta su un divanetto, tra due ragazzi che limonano e una tipa che per ballare gli sbatte il sedere in faccia (in senso letterale). Lo sveglio per andare a cercare un drink, ma a quanto pare il barista nazista continua a ripetere che senza bigliettino non c’è alcuna speranza di ottenerlo. Io tento invano di chiedergli dove diamine avrei dovuto prendere questo fantomatico pezzo di carta, dato che all’ingresso non ce l’hanno fornito, ma lui è troppo impegnato a ripeterci che senza quello non berremo mai per ascoltarmi.

Decidiamo di fumarci una sigaretta nell’area smoking colma di ventenni che urlano, cantano inni vari e si fanno video interviste dall’alto livello del tipo: “Io e la mia tipa a capodanno 2011 abbiamo scopato 60 volte”.  E sei ancora vivo? Mi viene da chiedergli.

Incappiamo anche in tre tizi che vengono direttamente dallo Sri Lanka che decidono che vogliono essere i nostri amici per la notte e ci offrono quel che si rivela essere un coca e whisky. Talmente pesante che passo le due ore successive a cercare di finirlo. Finirà poi abbandonato a metà su un tavolino, insieme al mio copri obiettivo, ma questo più avanti. Quando il simpaticone orientale inizia ad accarezzare la mia schiena e quella della nostra amica mentre ci parla, pensiamo sia il caso di dileguarci.

E ci troviamo – di nuovo – su dei divanetti. E di nuovo il mio amico si addormenta, creando uno splendido gioco di simmetrie con la ragazza di un altro accasciata sul divanetto. Le prove fotografiche le troverete di seguito. E mentre io mi crogiolo nella dolce visione di questo quadretto, tre ragazzi caracollano alle mie spalle (penso sia questa l’immagine più emblematica della serata).

Il francese conclude il suo set con la canzone che lo ha portato al successo, Nightcall, il pubblico è in visibilio. Io, presa in un momento di nostalgia di altri tempi, altri luoghi e altri dj francesi, penso sia il momento migliore per andarmene, felice che quel brano mi lasci un retrogusto agrodolce nel cuore.

 

Claudia Losini

scritto da

Questo è il suo articolo n°175

Sullo stesso genere:

Community feedback