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Tinderlicious | L'(Avan)Scoperta

Giuro che non sapevo nulla. Cosa stesse succedendo nei sotterranei americani non lo sapevo. Giuro che a volte certi americani li prenderei a testate in bocca. Lì per lì sorridono come fossero tra le persone più gentili del mondo, poi però ti rendi conto che prima di riuscire a farci una chiacchierata come si deve li devi violentare psicologicamente.

Fu una di quelle sere in cui mi trovavo nel bel mezzo del violentare che uscì fuori un discorso su Tinder. “Che cos’è questa cosa? No, ma davvero, ma che cosa cazzo stai dicendo?” Che roba. Inutile dire che quella stessa sera, tornato a casa, aprii lo store, inserii quella stupida stupida password e scaricai l’applicazione.

Barcelona - foto di Anna Di Matera

Barcelona – foto di Anna Di Matera

 

Voglia di carne fresca.

All’inizio ti dici che lo fai per conoscenza, per capire fino a che limiti si possa essere arrivati. Il cazzo! Appena messomi alle spalle 5 anni di relazione tutto ciò che non dovevo fare era scoprire Tinder: le chiavi per un sesso espanso e sudaticcio.

Quando l’applicazione cominciò finalmente a funzionare mi ritrovai tra le stradine vocianti e impregnate di vivido sangue. Filetti di manzo spessi e succosi, bisteccone grezze e menzognere, braciole disossate, fettine di pollo graziose e incipriate. Tutto esposto. Un segno: destra o sinistra. Come raptus nervoso, schizofrenico.

Penserai che i pezzi pregiati sono custoditi in forzieri inespugnabili. Invece no. Sul Tinder americano ci sono tante, ma tante ragazze spettacolari. Roba da diventare pazzi.

Swipe me back.

Questa sì, voglio match con questa. Immagino un cicchetto di vodka liscia che scivola sul bancone sudicio di qualche dive-bar di Logan Square mentre sono preso dal sussurrare parole col mio accento italiano per strapparle colpevoli sorrisini accaldati.

tinder

Match!

Sei annoiato e accedi. Splendida. Uhm. Ma che taglia porta? Comunque sinistra. Destra sinistra sinistra destra. Uhm. Destra. Uhm, uhm, uhm, destra. Foto a mezzo busto, buia; lei truccatissima con occhiali da sole, mi suona di sòla. Sinistra. Foto di gruppo con 27 ragazze, come ti individuo? Sinistra. Match!

Ah! Questa è una gnocca, fammela rivedere un attimo. Fantastica. Che stile. Ciao, ciao ciao ciao, andiamo ad un concerto in qualche locale sfasciato di Logan Square, beviamo della birra, balliamo, parliamo e baciamoci persi nella follia. Ciao ciao ciao sei fantastica, bella, meravigliosa, unica. Ti piace il pollo fritto? Si può andare da Parson’s sai? Sai, possiamo farci un Italian Beef insieme.

This just got real.

Le conversazioni vanno. Accordi bilaterali come fossi al Consiglio Europeo. Ogni match ha condizioni, storie e orari da imporre. E’ praticamente impossibile sistemarli tutti. Li capisco ora, davvero. Non è facile la carriera diplomatica.

Questa sera però esco con lei: un match che si chiama Libby. Inizialmente erano state chiacchiere vaghe. Poi una sera carico un vergognoso selfie-nel-cesso, fatto apposta per l’occasione e guarda caso la sera successiva mi arrivano suoi messaggi: “sono sola in questo locale, gli uomini qui sono tutti noiosi, vieni a salvarmi”. Era venerdì sera e il sabato alle 20:00 insegnavo in una classe con sette bambini tra gli uno e i tre anni, con genitori a rimorchio. Ci mettiamo d’accordo per un giorno a caso la settimana successiva.

Attaccati al cazzo, è chiatt…ina. Bravo, te lo dicevo che questa c’ha solo selfie sparati sul faccino. Arrivo in ritardo e mi tocca pagare pure da bere nel locale con i cocktail più costosi di Chicago. Figo però. Ambientazione aborigena. Teschi all’ingresso. Grosse canne di bambù.

La conversazione va bene. Mica stiamo lì a far i timidi perché non ci siamo mai visti prima. Lei non è psicotica, è una tipa divertente. Mi racconta di questo ex con cui si è lasciata da poco. È una cantante lirica e canta testi in italiano. Hai voglia a farti gli affari tuoi, non puoi non ammirarla. Mi racconta che non è di Chicago ma dello stato di Washington o qualcosa del genere. Il cocktail va via lento. Non ne ho mai degustato uno così nel profondo. Lo spettro di andare di doppia consumazione mi uccide. Decidiamo di andare in un locale punk. Prendiamo un taxi poco punk. È un passaggio di passione per lei: mi dice che gli piaccio assai, flirta come mai una ragazza ha flirtato con me prima.

I prezzi del bar son abbastanza punk. Ormai siamo alticci. Lei mi sgrida, punzecchia, sprona, ammonisce: dice che non le do attenzione, che non sembro interessato. Le prova davvero tutte. Dal canto mio mi armo di sano pragmatismo americano. Hai speso un capitale in drink, hai chiacchierato, riso, creato condizioni. Poi ormai sono alticcio così comincio finalmente ad ammiccare anche io.

Le fiamme dovute all’alcol ardono, la dedizione è completa, è la fase della confusione mista a sovreccitazione.

Yolo.

Il prossimo taxi è quello per casa mia. Buio.

tinder

C’è di più.

Tutte le mie amiche americane sono o sono state su Tinder. Molte persone della stessa cerchia si sono ritrovate su Tinder. Superiori, amici, parenti. Alle ragazze giungono molte foto di cazzi a quanto pare. E anche molte richieste esplicite.

Gli Stati Uniti sono un mercato infinito. C’è meno retorica dietro al sesso. Ci si mischia pelle e sudore con facilità, le ragazze non hanno paura di flirtare con i ragazzi, i ragazzi giocano e le ragazze giocano. E’ un movimento insano. E tutti pare sembrano trarre divertimento.

Tinder è un prodotto americano: non ha creato una tendenza ma semplicemente l’ha cavalcata, rendendo gli Stati Uniti ancor più aridamente selvaggi.

Tinder | sito

Stefano Paris

scritto da

Questo è il suo articolo n°21

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