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I selvaggi pixel di Shawn Smith

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Non sai quanto possa essere facile essere sbranato da un coccodrillo mentre ti abbeveri a un fiume finché non te lo racconta Alessandro Cecchi Paone. Io l’ho imparato nelle tante mattine di malattia, quando, a casa da scuola, steso sul divano a fiori guardavo per l’ennesima volta i documentari registrati su VHS della Macchina del Tempo, il programma televisivo di Cecchi Paone che andava in onda su rete quattro.

Anvil - Shawn Smith

Sembrava che la migrazione degli gnu sul territorio africano in cerca di acqua durante la stagione secca fosse solo un pretesto per mettere sconsideratamente in pericolo e uccidere violentemente i piccoli di gnu, affinché gli operatori potessero riprenderli, mostrarmeli poi e temprare così la mia sensibilità di bambino. Io ne sono uscito provato. Anziché forte e sprezzante, per colpa di qualche misterioso processo di identificazione andato a male, ancora oggi (a ventidue anni) ho una paura matta di avvicinarmi alle fonti d’acqua. Quando ho iniziato a convincermi di essere un piccolo di gnu?
Gli Animali di Shawn Smith, beati loro, non corrono il rischio di essere sbranati perché sono di legno e nascono dalle sue abili mani di scultore. Animali che non sono ciò che sembrano, perché se no sarebbero semplici sculture in legno. Pochi mesi fa ho parlato dell’artista visivo Matteo Girola che rileggeva nelle sue opere l’effetto della tecnologia sull’arte. Tutte quante sembravano nascere dall’interrogativo: come cambia la mia percezione quando è filtrata dalla quotidiana presenza della tecnologia nella mia vita?
Shawn Smith (Dallas 1972) alla stessa domanda risponde con sculture in legno handmade (ok, ok “fatte a mano” è più casalingo e realistico, handmade mica tanto) che ricreano l’effetto pixel e, una volta fotografate, sembrano immagini realizzate al PC.

Skulk - Shawn Smith

Prende le sue immagini dal web, taglia strisce di legno di circa cinque centimetri che poi utilizza per montare i singoli “pixel” che verranno dipinti per mimare le sfumature cromatiche. Realizza così sculture in 3D che sembrano 2D, imitando la grana puntiforme che codifica dati di intensità e colore ma che poi la risoluzione dello schermo ci fa vedere come immagini “intere”. Con il processo inverso Shawn Smith ci fa vedere non un’immagine di pixel ma i pixel di un’immagine, come se alla parola miele facessimo corrispondere il disegno degli alveoli di un favo. Risultato: iperrealismo digitale.
Shawn Smith si è laureato all’università di Washington nel 1995 e da allora ha esposto sia in mostre collettive che singole, ottenendo il meritato riconoscimento. Nel 2010 ha pubblicato una monografia con i suoi lavori.
E come tutti gli artisti riesce a rinnovare il nostro punto di vista mettendo in discussione la nostra quotidianità. Non è quello che dovrebbero saper fare i veri artisti prima di andare a un vernissage a gingillarsi con un aperitivo tropicale?

Vicious Venue - Shawn Smith

Vi lascio con le parole dell’artista: “My conceptual and material practice explores identity, color, labor, technology, and science. As an object maker, I am interested in relating these concepts back to the symbiotic connection between the hand and the “thing.””.

Per saperne di più: http://shawnsmithart.com/

Enrico

scritto da

Questo è il suo articolo n°18

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