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Italians in Europe | Paolo da Barcellona

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Paolo è un vecchio amico salentino, anche lui lontano da casa! Mi sono sempre domandata come fa uno come lui, profondamente legato alla sua terra, spesso avvolta da uno strato di umidità da scirocco che costringe tutti e tutto alla lentezza, ad ambientarsi altrove! Beh, voi mi direte che in fondo Barcellona è pur sempre mediterranea, ma credetemi, la lentezza dei salentini è una peculiarità unica e splendida.

Ciao Paolo, anche tu lontano dalla madre patria, esattamente da dove sei partito?

Si anch’io ho deciso di fare le valigie e andare via dalla mia città Lecce.

Cosa facevi a Lecce e cosa fai da quando sei a Barcellona?

Quando ad ottobre del 2007 sono partito per Barcellona non avevo un lavoro, mi ero appena laureato in Lingua Spagnola e quindi decisi di puntare per la città più stravagante e fiestera della Spagna, curioso di vedere come si potesse vivere in una città che ho sempre ritenuto culturalmente interessante. Cominciai a cercare lavoro, finchè a maggio del 2008 mi chiamarono a lavorare all’aeroporto di Barcellona nell’area check-in e imbarchi, lavoro che svolgo tutt’ora. È un lavoro che mi piace perchè sono ogni giorno a contatto con persone da tutto il mondo e questo mi aiuta a migliorare il mio livello dell’inglese e dello spagnolo.

A questo punto la domanda nasce spontanea: come fa un leccese a lasciare la propria terra? Voi che vi sentite orgogliosi anche della piantina di basilico sul vostro balcone? Gente che pur di essere considerato terrone, rivendica la provenienza distinguendo il Capo di Leuca dalla nordica Lecce.

Lecce non è Nord, Lecce è estremos Sud! Io e tutti i miei amici del Capo di Leuca siamo solo profondamente orgogliosi di essere salentini, terra direi quasi geograficamente vicina all’Africa Sahariana, infatti è da diversi anni che cerco di ottenere la nazionalità di africano del Nord, cosa per nulla facile!
Per ora rimango orgogliosamente terrone, anzi come spesso dico agli spagnoli, “soy gente del tacón” cioè uno del tacco d’Italia, dove il basilico, i fichi d’india e gli ulivi secolari ti entrano nell’anima, ti fanno sentire speciale, unico, cosciente di avere avuto fortuna ad essere nato lì nel tacco d’Italia.

Insomma si può sopravvivere senza pasticciotto o le radici meridionali sono così forti da tirarti sempre verso casa?

Beh, senza pasticciotto è molto difficile vivere, qui in Catalogna ste bombe alla crema è difficile trovarle, c’è un dolce che assomiglia molto al nostro kraffen, si chiama “chucho” e per sentirmi un po’ come a casa, spesso la mattina lo mangio a colazione, comunque appena è possibile, dal tacco mi arrivano ingenti pacchi, anzi come mi prendono in giro qui, arriva il “pacco”, in realtà in spagnolo “Paco” è un nome di persona e quindi quando dico che è arrivato il “pacco” pensano che sia arrivato qualcuno di nome “Paco”, in realtà è il pacco che mia madre mi manda pieno di frise, caffè Quarta e sughi strafatti in casa, bisogna pur rimanere attaccati alle proprie radici…jeje!!!

Lecce è una città in cui tutto ha un odore ed ogni cosa sembra possa prendere vita, parlare e darti il consiglio più saggio di cui hai bisogno, Barcellona che anima ha?

Sono due città che hanno un comune denominatore, l’arte stravagante, l’esagerazione di fregi e puttini, Lecce con la sua pietra bianca è unica. A Barcellona però non manca l’arte. Camminare per la capitale catalana significa, come capita a me, alzare lo sguardo e accorgersi di colori sparati a mille, tetti e cornicioni che ti entrano nella mente fino a farti sorridere di allegria, a me personalmente Barcellona piace molto all’ora di pranzo, quando anche camminare per il centro caotico in preda alla frenesia della city, ti fa sentire di essere nel Mediterraneo, tutto ha un odore di cucina nostrana, fatta di olio, affettati e chiacchericcio tipico di noi abitanti del Mediterraneo. Non potrei farne a meno, non lo cambierei con la compostezza e la calma esagerata di qualsiasi altro paese europeo. Qui si parla a voce alta, si mangia bene e ogni volta che si alzano gli occhi, capitelli e strane facce dalle mille sfumature ti parlano di loro e della loro città.

Di’ la verità, te ne vai in giro a gridare “sine moi aqquai”, “lu salentu bbrucia”, “cicileu” per le strade del Raval come un pazzo forsennato?

Beh, devo dire che in due anni non mi è capitato di farlo molto. Avevo bisogno di disintossicarmi un po’ dagli stereotipi del Salento. In compenso ho avuto la fortuna di condividere un appartamento in affitto con un tipo di Salve (paesino dell’entroterra salentino nei pressi di S. Maria di Leuca) e lì si che ho dato sfogo alla mia salentinità: ”sine moi aqquai, toccu o pe li vagnoni riesti” mi è uscito dallu core, orgogliosamente con moderazione!!!

Perché in fondo un salentino resta sempre un salentino, difficile togliersi di dosso secoli di Santu’Ronzu, de fiacca, de skasciu, de frisa, de sule, mare ientu! O questi modelli ti hanno stancato?

Assolutamente no, anzi mi mancano tantissimo, non mi manca tanto la festa de Santu Ronzu (festa del Santo patrono leccese che si festeggia il 26 agosto), ma le feste “skasciu”, le serate a “friseddhe”, le giornate dove pure i miei pochi capelli sventolano pe la tramuntanazza (forte vento che taglia il cielo salentino, proveniente da Nord) e quel colore tra il verde e l’azzurro aggressivo dell’Adriatico, si che li sento lontani. A volte, tornando stanco dal lavoro ci penso, ma non tanto per nostalgia, quanto soprattutto di impotenza per non poterli vivere lavorando lì come qualsiasi salentino che vive e lavora nella sua terra. Credo che sia normale avere questi momenti, ma non dispero, forse un giorno riuscirò a lavorare in qualche aeroporto salentino, dove gli aerei non potranno atterrare per la forza della tramontana.

Scherzi a parte, cosa fai la sera? O meglio quale tipo di locali frequenti tu, mode o tendenze a parte?

Non esco tantissimo, Barcellona non è proprio economica, ma quando posso mi armo di entusiasmo e cerco di provare qualsiasi tipo di cucina straniera. Devo dire che si, non riesco a stare senza mangiare, amo mangiare bene e Barcellona da questo punto di vista offre un’enormità di possibilità. Spesso vado (ve lo consiglio) alla “Champañería”, un posto piccolo ma economico vicino Barceloneta, dove fanno dei fantastici panini con affettati e formaggi squisiti. Oppure la Sangría de la “Ovella Negra”, la pecora nera, un locale dove non troverai musica e null’altro, ma solo caraffe enormi di sangria e di birra, molto autentico!!! Frequento tantissimo “Gracia” il quaertierino bohemio pieno pieno di localini e bar alternativi, dove come si dice qui “la peña”, cioè la gente semplice che vive di belle situazioni, ravviva ogni giorno le sue strade e i suoi bar con odore di “tapas”.

Ci potresti consigliare qualche locale, del tipo zozzone, qualche evento che ti ha colpito, qualche gruppo musicale?

Come vi ho detto, sono da provare “la Champañería”, “la Ovella Negra”, e le varie taverne alternative del quartiere “Gracia”…ma se proprio devo consigliarvi un posto stile zozzone, beh, andate alla “Bodega de los pescadores”…cioè la taverna che probabilmente prima era meta esclusiva dei pescatori, ma adesso è una bottega del vino: è qualcosa di veramente autoctono, si trova in una stradina un po’ nascosta a sinistra della Rambla (all’altezza del metro Liceu) è economico, si mangia bene, tantissimi tipi di tapas, pesce fritto, verdurine molto simili alle nostre, polpette, buon vino e tanta autenticità nei due tipi un po’ anzianotti che colorano la taverna con la loro genuinità e mi ricorda tanto Michelino di Lecce vicino Porta San Biagio.

Insomma, trovata una via per amalgamare le due anime mediterranee, cosa pensi di fare, andare via o restare lì?

Per adesso conto di rimanere a Barcellona per altri due anni  sicuramente, oltretutto ho intenzione di fare un Master all’Università di Barcellona, cosa che mi aprirebbe un po’ più di porte professionali, ma tornare a Lecce rimane un mio obiettivo e un mio sogno, sapere di poter lavorare un giorno nella mia città, vicino alla mia famiglia e ai miei amici, non lo cambierei con nient’altro.

E su questo enorme interrogativo, ci salutiamo, sperando di non doverti incontrare per caso ad un angolo di strada catalano a ballare pizzica!!!

Se fossi venuta a trovarmi due anni fà appena arrivato a Barcellona, mi avresti visto suonare la pizzica in un bar di Poble Sec, era talmente bello che quasi me ne tornavo a Lecce. Ma se un giorno non dovessi avere un lavoro, forse mi troverai sulla Rambla accanto ai mimi tradizionali suonando una pizzica de Santu Paulu, nu bicchieri de mieru, na friseddha e Barcellona si colorerebbe di Salento, ma questa è un’altra storia..

Valentina A.

scritto da

Questo è il suo articolo n°43

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