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Tempo di Fashion Revolution

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Il mezzo che abbiamo per avere informazioni sui vestiti che indossiamo e su dove sono stati prodotti è l’etichetta. Chi c’è dietro quel “Made in”? Quanti anni ha? Com’è il posto in cui lavora? Quanto è pagato per cucire quello che ho addosso in questo momento?

Cotton Farmer

Who Made My Clothes? è la domanda chiave della campagna virale di Fashion Revolution, che il 18 aprile ha dato il via alla Fashion Revolution Week a cui hanno aderito più di 80 paesi con l’obiettivo di usare il potere mediatico della moda per sensibilizzare verso le condizioni lavorative di chi nei paesi più sottosviluppati produce i capi che ogni giorno compriamo senza sapere cosa si nasconde dietro ad una t-shirt pagata pochi euro.

Fashion Revolution nasce dopo la strage del 24 aprile 2013 al Rana Plaza, il grande polo tessile del Bangladesh in cui hanno perso la vita 1134 operai. L’obiettivo di Fashion Revolution è informare e agire per migliorare le condizioni dei lavoratori e rendere sostenibile l’impatto dell’industria della moda sull’ambiente. Un movimento per una moda più giusta e umana, fatta di visi e mani e non solo di numeri.

In che modo si può partecipare alla rivoluzione? Unendosi all’onda social. Indossiamo un abito al contrario con l’etichetta bene in vista, scattiamoci una foto e pubblichiamola con l’hashtag #WhoMadeMyClothes e #fashrev taggando i brand di moda.

Sul sito ufficiale tutte le iniziative e i vademecum scaricabili per diventare un fashion revolutionary.

 

Per saperne di più:

Fashion Revolution | sito facebook

la Germanz

scritto da

Questo è il suo articolo n°102

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