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Tutto pronto per lo Streamfest

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Il 7 agosto si apriranno le danze a base di digital food per la nuova edizione di uno dei festival piu’ accreditati ed attesi del “paradiso” pugliese. In Puglia pare stia succedendo qualcosa di anomalo, dopo aver accolto a braccia aperte Italia Wave che ad Arezzo (dove è nato e cresciuto) stava per naufragare , quest’anno anche il noto appuntamento MEI dedicato alle etichette ed alla musica indipendente dovrebbe essere ospitato dalla regione del Tavoliere.
Abbiamo fatto qualche domanda al nostro amico Andrea Mi, direttore artistico dello StreamFest.

Andrea, ci descrivi in poche parole come nasce lo StreamFest e dove vuole arrivare?

Lo Streamfest nasce cinque anni fa dalla volontà, comune ad un gruppo di appassionati, di creare una piattaforma di promozione e diffusione della cultura elettronica e dell’arte digitale su un territorio, come quello salentino, con ben altre vocazioni musicali. All’inizio sembrava una sfida, poi invece ci siamo accorti che la domanda, soprattutto dal pubblico giovane e appassionato, era fortissima e quindi abbiamo trovato un sacco di compagni di viaggio preziosi. Lo scopo iniziale era quello di coniugare le costanti innovazioni che scuotono il mondo digitale con le tematiche ambientali sempre più urgenti in quello reale, l’attitudine sperimentale della scena elettronica con la sensibilità ecologica e l’etica responsabile. Sono ancora queste le nostre direttrici di lavoro peculiari alle quali abbiamo aggiunto una vocazione alla formazione delle giovani generazioni, dato che crediamo che la passione per la musica e i linguaggi dell’arte possano diventare valide opportunità lavorative in una terra non molto generosa da questo punto di vista. Ecco perché ci siamo impegnati sempre di più a creare workshop e laboratori legati ai temi del festival, chiedendo agli artisti frequenti momenti di incontro e scambio con altri artisti e con il pubblico. In futuro vorremmo avere ancora più strumenti per coltivare questo straordinario vivaio e farlo sbocciare con collaborazioni internazionali sempre più ardite, in una cornice ambientale che ci regala location mozzafiato.

Cosa dobbiamo aspettarci da questa quinta edizione?

Noi aspettiamo di vedere compiuto un lungo percorso, condiviso con molti degli artisti che prenderanno parte a questa edizione del festival. Insieme abbiamo pensato produzioni originali e collaborative (quelle che coinvolgono Don Pasta, Populous, Raffaele Casarano, Minimono, Influx, Hermes Mangialardo); laboratori per formare ragazzi creativi e giovani talenti (da quelli per imparare a fare musica con gli attrezzi per cucinare di Musica da Cucina a quelli sul piacere di farsi la pasta in casa di Arabeschi di Latte; da quelli per imparare a creare applicazioni interattive con Max/msp a quelli per imparare a suonare con Ableton Live); performance originali per coniugare nuovi media, musica elettronica e sensibilità ambientale (con Insintesi, Blusteady Triptik, The Fooders) e molto altro. Naturalmente ci aspettiamo tantissimo anche dai pesi massimi che siamo riusciti a coinvolgere nella line up: dal guru della techno detroitiana, Jeff Mills al nuovo gioiello scovato da Ellen Allien, Sascha Funke; dal fresco talento di Carola Pisaturo alla sicurezza di Miss Kittin; dal cut’n’paste di Dj Food all’energia dacefloor di Reset!

C’è un altro festival in Europa a cui vi ispirate? chi è il vostro pubblico?

Ci sono molti festival che ci piacciono e con i quali ci troviamo spesso a collaborare ma nessuno a cui ci ispiriamo direttamente. Perché secondo noi ogni festival deve avere le sue peculiarità: essere fortemente radicato al territorio nel quale nasce e contemporaneamente essere decisamente aperto verso ogni possibile altrove. Non crediamo ai festival che diventano format e vengono calati in una qualsiasi situazione geografica e culturale. Per noi un festival è, prima di tutto, un progetto culturale da far germogliare con chi sul territorio è interessato alla condivisione dei saperi e dei piaceri. Una piattaforma virtuosa che connetta le emergenze locali con i migliori rappresentanti della scena internazionale.
Non ci perdiamo nessuna edizione del Sonar ma ci piacciono molto anche l’Outlook in Croazia e il Worldwide di Gilles Peterson: tutti condividono un’inesauribile lavoro di scouting e una meticolosa cura della programmazione. Ma anche in Italia abbiamo esempi eccellenti: c’è piaciuta davvero tanto l’ultima edizione del M.I.T. di Roma e collaboriamo fattivamente con il Dancity di Foligno e il Robot bolognese. Siamo alla ricerca di un pubblico 2.0 che abbia voglia di toccare con mano ciò che lo appassiona e di coltivare interessi e passioni nell’ottica della condivisione con gli altri. Ovviamente ci interessa il pubblico degli appassionati di elettronica e arti digitali ma altrettanto abbiamo a cuore coloro che sono digiuni di device, kbs e codici binari.

La Puglia sembra essere una delle poche regioni che in controtendenza e per fortuna cerca di sostenere la cultura a tutti i livelli, quanto le istituzioni vi supportano nel progetto? avete un riscontro dal punto di vista dell’impatto turistico territoriale?

Quello che dici è vero ma, al solito, non è tutto oro ciò che luccica. Il fatto che la Regione Puglia si sia dotata di una agenzia per la promozione della musica come Puglia Sound è sicuramente positivo ma se la stessa serve a supportare i tour di Negroamaro e Sud Sound System si va poco lontano. Non mi piace sapere che un festival senza più una vocazione riconoscibile come Italia Wave riceve 500 mila euro per il solo fatto di svolgersi a Lecce mentre il nostro come altri festival che si impegnano continuativamente sul territorio (non solo per portare sui palchi artisti famosi ma, anche e soprattutto, per formarne di nuovi) devono fare i salti mortali per ottenerne 5000. Ci sembra lungimirante invece la scelta di un piccolo comune della Provincia di Lecce che si impegna per la stessa cifra stanziata dalla Regione. D’accordo che i progetti culturali devono imparare a stare sul mercato ma un rischio d’impresa che supera il 90% del budget di un festival ci pare onestamente eccessivo per degli operatori culturali che non sono imprenditori.
Riguardo la vocazione turistica del Salento, sempre più impegnato a promuoversi attraverso la cultura, non abbiamo nessun dubbio: è una strategia vincente e noi cerchiamo con tutte le nostre forze di apportare un contributo importante. Alla fine ci piace ricordare che quando ancora questa terra meravigliosa non era entrata nei flussi turistici che ora, massicciamente, la attraversano i primi ad avventurarsi sulle nostre spiagge e a mangiare nelle nostre trattorie sono stati i ragazzi dei centri sociali italiani, attirati dalla dancehall sulle spiagge e dalla natura selvaggia. Certo non era il turismo ricco delle masserie milionarie ma certamente era più intraprendente e curioso.

Per chi volesse saperne di più: streamfest.org

Solko

scritto da

Questo è il suo articolo n°33

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