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La ginnastica visiva di Marzia Migliora

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Chiunque provi a pensare alla città di Roma si ritroverà spesso immischiato in pensieri di smog, di traffico selvaggio, di tassisti che sbraitano eleganti invettive contro i motociclisti di turno e di antichi gladiatori dal gergo modernissimo. Basta allontanarsi di poco dalle infinite code di giapponesi all’entrata del Colosseo però, per scoprire una Roma centralissima ed incredibilmente silenziosa: subito dopo il Circo Massimo, sull’Aventino.

Il colle dell’Aventino è in effetti una bomboniera che pare scacciare i fumi metropolitani con i colori pastello dei suoi alberghi extra-lusso, le sue chiesette e le sue ville da parlamentare con rimborso elettorale, che attrae con i suoi giardini e le sue terrazze a picco sul Tevere. E con una cosa, sopra tutte queste: il suo incredibile silenzio.
E proprio il silenzio è la condizione che avvolge Ginnastica dei Cerchi – La Corsa al Cerchio, l’intervento che l’artista piemontese Marzia Migliora ha progettato per la riqualificazione del giardino di Sant’Alessio, un piccolo parco che grazie all’artista ritrova la sua memoria di cortile di quello che, fino agli inizi del ‘900, era un istituto per non vedenti. Perché solo nel silenzio è possibile, per un bambino non-vedente, percepire i movimenti e le voci dei suoi compagni – solo nel silenzio è possibile, vedendo i cerchi che compongono l’installazione Rooling Hoops, lasciare andare l’immaginazione alle risate avvolte nel buio di quei bambini che un tempo, con quei cerchi, ci giocavano. Solo nel silenzio la campanella della ricreazione che l’artista fa risuonare ogni giorno alle 15 e alle 17,10 ottiene la sua importanza, il suo potere evocativo, e con occhi diversi di quelli che pensavamo di avere ci fa andare ad essere parte di quei giochi stessi. Il silenzio è la dimensione dell’attesa, nel silenzio è possibile dimenticare quello che siamo e quello che è ciò che ci circonda. E trasformarlo in ciò che saremmo potuti e sarebbe potuto essere.

Molte volte si pensa che la cecità sia una questione di non vedere, un impedimento alla vista. Credo che le cose siano molto più complicate, che sia questione di un vedere diversamente, di ‘altre cose’ che fanno parte del vedere. Ebbene, la terza installazione dell’artista mescola molte di queste cose e le rivolge contro di noi e contro il nostro pretendere di vedere solo con la retina: il panorama di Roma è infatti ostruito da una rete metallica interrotta solamente dalla citazione di Beckett: ‘Posso solo evadere con le palpebre serrate’. La frase è incisa sulla rete, e solo entro le singole lettere è possibile vedere senza impedimenti. Così è solo all’interno di quella frase che esplode il riconoscimento della complessità che fa parte del nostro guardare al mondo. Che siamo consapevoli che essere ciechi non è una semplice questione di problemi di vista. Il rumore può rendere ciechi, la cecità può farci osservare cose che stavano proprio là, invisibili, impigliate nella rete del bombardamento quotidiano di pubblicità di prodotti dietetici e pelli siliconate. Intrappolate sotto le bestemmie dei tassisti.
L’opera di Marzia Migliora, visibile fino al prossimo 5 maggio, ci sussurra che non è obbligatorio comprarsi una villa sull’Aventino per sfuggire al rumore e tornare a vedere.

Per saperne di più: www.marziamigliora.com

Stefano Pontecorvi

scritto da

Questo è il suo articolo n°64

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