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Le gangs di Robert Yager

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Stavolta sembra che mi sia andata un po’ meglio. Ho scambiato quattro chiacchiere col fotografo statunitense Robert Yager diventato un’autorità nel mondo del foto reportage con un lavoro sulle gangs Latine che vivono in America di cui mi sono subito innammorato. Ovviamente non potevo farmi sfuggire l’occasione per conoscere meglio il lavoro di Robert e farmi raccontare da lui cosa si prova a fotografare i membri di una delle più temute gang di Los Angeles ed osservare da vicino, con l’occhio indiscreto della sua macchina fotografica, la vita di gente eufemisticamente  “poco raccomandabile”.

courtesy Robert Yager | All rights reserved | www.photoloco.com

courtesy Robert Yager | All rights reserved | www.photoloco.com

Ciao Robert, da quando lavori come fotografo professionista?

Dal 1993, sono circa sedici anni ormai.

Com’è cominciata la tua carriera in questo campo?

Ho cominciato fotografando i membri di alcune gang di Los Angeles e in particolare una gang latina chiamata Playboys. Il loro quartiere si trovava a dieci minuti dalla casa in cui vivevo, e ci andavo ogni settimana per circa dieci anni. Questo lavoro mi ha permesso di ottenere una certa notorierà e credibilità nel settore e da lì sono stato ingaggiato da importanti magazine come The Observer Magazine in Inghilterra. In America la mia prima pubblicazione è stata la copertina di Newsweek. Un’autorevole rivista di fotografia, Camera & Darkroom, mi dedicò la copertina e dodici pagine all’interno sul mio lavoro. Il New York Times cominciò ad ingaggiarmi e da lì la mia carriera ha preso il volo.

Sono rimasto molto affascinato dal tuo reportage sulle gangs. Come mai hai scelto proprio questo genere di soggetto?

Ho vissuto in Messico prima di trasferirmi a Los Angeles e sono sempre stato molto attirato dalla cultura di strada. Ho imparato lo spagnolo ed ho cominciato ad interessarmi alla cultura latina. Vivendo a Los Angeles mi ho capito che il soggetto più interessante, impegnativo ed a portata di mano fossero proprio le gangs.

courtesy Robert Yager | All rights reserved | www.photoloco.com

courtesy Robert Yager | All rights reserved | www.photoloco.com

Cosa ti ha impressionato di più lavorando sulle gangs?

Sono rimasto impressionato dal talento artistico di alcuni elementi visivi, come i tatuaggi ed i murales. Il fatto che tra loro esistesse un forte senso di appartenenza alla comunità e l’abbigliamento è uno degli elementi più significativi. Sono molto orgogliosi di come si vestono. La maggior parte delle volte li vedi indossare indumenti ben stirati e puliti. Un altro importante aspetto è il forte cameratismo che è alla base delle regole di comportamento di tutte le gang. Sono assolutamente leali e fedeli l’uno con l’altro e rispettosi delle regole imposte. Se qualcuno non le rispetta c’è una vera e propria corte che si riunisce per decidere la pena da infliggere. E’ stata proprio la legge della strada che mi ha protetto quando ero in giro a fare il mio lavoro. Finchè non facevo nulla di particolarmente stupido potevo stare relativamente tranquillo. L’ordine che era stato dato era che nessuno mi avrebbe dovuto infastidire quando ero in giro con i Playboys.

Mi racconti qualche interessante storia che ti è stata raccontata da alcuni di loro?

Conosco un pò di racconti di cui non posso parlarti ed altre che probabilmente non vorresti ascoltare. Ma ne ho anche una anche per te:  c”era un gruppo di ragazze che vivevano in uno squat (una sorta di casa occupata) nel quartiere dei Playboys. Erano delle giovani ragazze ed ognuna si prendeva cura dell’altra vivendo in comunità. Un giorno scoprirono che una di loro aveva i pidocchi, così le misero in testa una busta di plastica e spruzzarono all’interno un insetticida, il Raid per l’esattezza. Ora il raid si usa in ambienti vuoti quando sono infestati da scarafaggi, e lo si spruzza lasciando vuota la stanza per alcune ore. Queste invece lo usaro in testa a questa poveretta dicendo “dai non ti preoccupare tanto non capisce nulla”. Effettivamente la tipa in questione non era in grado di distinguere la destra dalla sinistra.

courtesy Robert Yager | All rights reserved | www.photoloco.com

courtesy Robert Yager | All rights reserved | www.photoloco.com

Che reazione avevano nei confronti della tua macchina fotografica e com’era il tuo approccio nei loro confronti?

Penso che a loro facesse piacere essere fotografati perchè in qualche modo rinvigoriva il loro ego. Era per loro una sorta di consacrazione verso il mondo esterno soprattutto perchè io ero un outsider, non uno di loro. Essere fotografati non faceva altro che rafforzare il loro orgoglio ed il profondo cameratismo. Amavano molto essere fotografati mettendo in mostra i simboli della loro gang e spesso si facevano ritrarre in compagnia dei loro familiari. Ho cominciato questo lavoro con due membri della gang che videro la mia macchina fotografica e furono loro stessi a chiedermi di fotografarli. Subito cominciarono col mettere in mostra i segni delle loro bravate ed simboli della gang. E’ stato un bel modo di cominciare che mi ha poi permesso di andare sempre più a fondo nella loro cultura e nelle vite dei singoli individui. Alcune volte erano anche molto naturali e non suggestionati dalla fotocamera permettendomi così di ritrarli in maniera autentica ed intima.

courtesy Robert Yager | All rights reserved | www.photoloco.com

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C’è secondo te una morale in questo tuo racconto fotografico?

Credo che ce ne sia più di una. Se dovessi sceglierne una in particolare sarebbe questa: “Quello che fai oggi determina il resto della tua intera vita”. Le ganng ne hanno un paio in particolare: “What goes around, comes around” e “Smile now, cry later”.

Stai lavorando a qualche altro progetto in questo momento?

Ora sto riflettendo sul mio ruolo nella fotografia visto che sto passando al digitale.

Ci sono fotografi italiani di cui tu sei particolarmente appassionato?

Conosco ed apprezzo molto i lavori di Sirio Magnabosco, Gianni Cipriano, Paolo Pellegrin e Alex Majoli.

Chi volesse saperne di più questo è il suo sito web: www.photoloco.com

Dimitri Grassi

scritto da

Questo è il suo articolo n°319

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