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Radiohead, how to disappear completely

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Avere tra le mani nuove canzoni dei Radiohead,  obbliga a trovare tempo e modo per ascoltarle con la dovuta concentrazione.

Non si può forse gridare al capolavoro, non si può ritenere questo un lavoro perfetto, ma ognuna di quelle tracce scava profondamente in chi ascolta.

Queste atmosfere nord europee, piacciono parecchio.  Questi infiniti spazi intimisti in cui immergere il malessere, le inquietudini, l’incerto futuro.

I pezzi sono densi, di spessore, un condensato di emozioni e sofferenze forti, perfetti per chi fa bilanci della propria vita continuamente. L’intero album è in perfetto stile Radiohead, gli urlettini di Thom e i mille suoni inventati da Greenwood sono inconfondibili; come si fa con un vecchio amore che non si vede da tempo, immediatamente ne si riconosce un gesto o uno sguardo.

La voce di Thom, sebbene mai rassicurante,  prende per mano e riporta ai momenti più dolci e belli del passato che ogni fan ha vissuto con loro, a quel concerto troppo affollato per poterlo vivere appieno, alla scoperta di se’, tra le parole dei loro più celebri testi.

 

 

Sempre più sulla bocca di tutti, i Radiohead anche questa volta hanno scelto un modo originale e fuori dal coro social per promuovere il nuovo lavoro. Prima annunciando un tour europeo, e altre tappe in America e Giappone, poi con la circolazione di voci di un nuovo album: e come lanciarlo se non scomparendo con una lenta dissolvenza dai social?

In un mercato discografico saturo, in cui “essere social” è diventato il sinonimo dell’esistenza stessa, quale più grande provocazione di quella di scomparire del tutto? Ovviamente si tratta solo di una trovata commerciale (altrettanto paracula), ma conoscendo le intenzioni dei nostri si capisce che ogni scelta sia ragionata e carica di significati. È bastato sparire per qualche giorno, per ritornare più indicizzati che mai.

Però i fan accaniti, come chi vi scrive, adorano queste cose. Continuare a sbandierare un rifiuto snob verso ogni forma di ostentazione social e dimostrare che sparire sia come esistere, e,  apparire non conta nulla. Un altro senso dell’essere rock.

 

 

Ed è ascoltandoli che ci si chiede: quante cose sai di tutti noi, Thom?Ma soprattutto: come fai a raccontarle così bene? Se si guarda con attenzione il video di Daydreaming (magistralmente diretto dal regista cinematografico ultrapremiato Paul Thomas Anderson, con una fotografia eccezionale, un montaggio perfetto, e una continuità magica) un non più giovane Thom, capello lungo e quasi sporco, look improbabile e monocolore si presenta in tutta la sua inadeguatezza, mentre continua a cercare una porta da aprire, forse senza avere un reale interesse verso lo scenario che gli si presenta davanti. Una perfetta metafora di cosa siamo, quando stiamo a testa bassa su uno schermo.

Buon ascolto a tutti!

Valentina A.

scritto da

Questo è il suo articolo n°43

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