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Slow food on film e l’arte del banchettare

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Bologna, si sa, è godereccia. Non c’è dubbio, non è uno stereotipo. Da fuorisede non si fa che riflettere su Bologna e sui Bolognesi in termini esistenziali e dopo tanti anni ho capito che chi di più ama questa città, chi si trova bene e non vivrebbe in nessun altro posto, di solito ama anche la tavola e la crapula. Se nella vostra serata ideale (ma anche pomeriggio o mattina) si va per locali a bere vino e a onorare il maiale, amerete l’animo godereccio emiliano-romagnolo che trasuda in questa cornucopia di abbondanza culinaria che è il centro storico della città opulenta e grassa per antonomasia. Tutta questa lagna (o lasagna?) sociologico-esistenziale per rendervi agevole comprendere che non esiste città più adatta ad ospitare il festival internazionale di cinema e cibo SLOW FOOD ON FILM .

Voi direte :”Si vabbè, mo si mangia e si beve solo a Bologna ” e io vi dico ovviamente che tutta l’Italia ha le sue eccellenze gastronomiche (ed in particolare tutte le nonne di Italia); tuttavia qui sono particolarmente bravi a trasformare il godimento gastronomico in industria e marketing ed è quindi il posto naturale per accogliere un festival in crescita costante.
Qui l’amore per il gusto dalla teoria passa alla pratica e alla produzione e si stacca da mero argomento culturale così come lo SLOW FOOD ON FILM FESTIVAL, nato a Bra (Piemonte) nel 1996, divenuto grande, passa a Bologna per diventare ancora più grande.
Oltre a questioni commerciali Bologna, come città offre da sempre un appoggio politico-culturale alla “filosofia slow”. Era solo il 1989 quando a Parigi nasceva il manifesto di SLOW FOOD e il mondo era ancora in una piena corsa consumistica che credevamo non si sarebbe mai fermata. Oggi c’è la decrescita e si inizia a pensare al ridimensionamento globale in maniera concreta prima che la velocità ci riduca ad una specie in via d’estinzione.

Il cibo, narrato al cinema, diviene dunque pretesto culturale per una riflessione economico-politica contro la follia universale della fastlife e per una auspicabile riconciliazione del Genere Umano con il pianeta che gli ha dato la vita.
Passiamo alla rassegna che si apre con l’anteprima italiana di TERRA MADRE, film-documentario del regista Ermanno Olmi il cui sguardo poetico, ma allo stesso tempo realistico, privo di sentimentalismi, celebra da sempre il mondo contadino. Dice Olmi :”Questo mondo oggi è stato assediato dalle grandi industrie il cui scopo è il profitto. Anche il contadino vuole guadagnare, ma il suo attaccamento alla terra è anche un atto d’amore e di rispetto verso la Natura. Tramite questo magnifico mezzo che è la pellicola, ho voluto rendere visibile a tutti il senso di Terra Madre”. Più originale può sembrare la partecipazione di Adriano Celentano alle musiche ma in realtà tutti sappiamo che il ragazzo della via Gluck ce l’ha da sempre a morte con il cemento e la società industriale.

Di tutta l’abbuffata cinematografica (in tutto un centinaio di titoli) notevole è la pellicola, già passata a Cannes, «La vie moderne» di Raymond Depardon, mentre la denuncia contro le multinazionali è al centro del documentario «Food Inc.» che con la forza delle immagini mostra i risultati di un’ indagine condotta per sei anni dal regista Robert Kenner, che ha partecipato al festival, insieme al giornalista Michael Pollan (vera autorità in materia e autore del bestseller «Il dilemma dell’ onnivoro»). Altri ospiti celebri della manifestazione, Jonathan Nossiter, regista di «Mondovino», l’ attrice francese Irène Jacob e l’ attore italiano Giuseppe Battiston (quello che più di tutti ha le phisique du role da buon gustaio), mentre la giornalista Milena Gabanelli ha ritirato il premio Best tv series per le inchieste sul tema cibo condotte da «Report». Con il cibo si è scherzato anche nelle sezioni Food Nightmares e Gustorama.

Nella prima tre film da incubo notturno post peperonata: «Black Sheep» con pecore clonate che si ribellano contro gli allevatori, «The Stuff» (storia di un gelato che uccide) e «2022: i sopravvissuti» in cui una malvagia multinazionale tiene in mano il mondo con dei biscotti drogati. In Gustorama invece proiezioni sulla sensorialità del cibo come «Bottle Shock», commedia americana su una celebre degustazione parigina del 1976 nella quale, per la prima volta, un vino americano ha battuto un francese o il nostro «Focaccia Blues» con degustazione dell’ omonimo prodotto pugliese che ha sconfitto Mc Donald’s.
L’edizione è terminata e devo dire che oltre alle sale cinematografiche imbandite di cibo, in questi giorni ho apprezzato molto una delle invenzioni più importanti e antiche e del genere umano: il bicarbonato!

Giuseppe Carchia

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Questo è il suo articolo n°4

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