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Žilda, quadri effimeri in una città effimera

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Napoli, Corso Vittorio Emanuele. Settembre 2011, ore 15. Il muretto scotta e devo per forza passeggiare. Solita solfa, solita uallera. Appena alzo lo sguardo vedo un tizio incappucciato salire su un tetto munito di secchiello, fogli arrotolati, pennello e fotocamera. A cinque passi, due poliziotti lo vedono. Come me rimangono a guardare. Senza tirarla troppo per le lunghe, il tizio incappucciato incolla un disegno sul muro che fa davvero paura. Si chiama Žilda. Fa street art e viene da Rennes. I suoi disegni effimeri hanno “sporcato” i muri di mezza Europa e da settembre sporcano quelli di Napoli. In uno dei suoi siti web si può leggere: “Tutti i suoi lavori fungono da riscrittura di un corpus iconografico, mitologico e letterario, talvolta dimenticato e museificato, che attraversa il nostro immaginario collettivo e costruisce le nostre fantasie da secoli”. Di ogni opera ne esiste un solo esemplare realizzato a mano, risultato di varie tecniche, dal disegno alla pittura a olio o acrilico, dall’incisione al grafismo. Ormai è possibile ammirare i suoi lavori in molte zone di Napoli e in questo mese vi potrebbe capitare di vederlo all’opera. In esclusiva per Ziguline ha risposto ad alcune domande.

Pulcinella Zilda

Perché riscrivi e non crei da zero?

 

Non ho la pretesa né la voglia di apportare nulla a tanti secoli di pittura. Preferisco parlare delle mie preoccupazioni estetiche, delle meraviglie troppo spesso dimenticate di alcuni pittori, e del rapporto intimo che mi lega a queste opere. Lo scopo è lasciare intatto lo stile dell’opera rivisitata contestualizzandola e dandole un senso personale per strada. 

Phrosine

La prima installazione realizzata a Napoli mi sembra una sorta di “ingresso” spassionato e dall’alto nella città. Con le installazioni successive, invece, sei sceso poco a poco nel ventre di Napoli: Santa Chiara, la Pedamentina, Piazza Bellini, gli Incurabili ecc. Cosa ci puoi dire a proposito?

 

Sono arrivato a Napoli con il disegno L’angelo ferito sotto il braccio. Di solito, faccio prima i sopralluoghi. Se un posto mi piace, penso a un tema, a un quadro in grado di adattarsi alla sua atmosfera, penso a un ordine di proporzioni e via. In questo caso ho dovuto improvvisare. Ma volevo che il disegno avesse a tutti i costi la città e il Vesuvio come sfondo. Ho cercato un posto nelle parti alte della città, ovunque tra i tetti. L’ho trovato sul corso Vittorio Emanuele. È vero, i tetti sono stati per me una specie di porta d’ingresso nella città, il posto ideale per ambientarci una scena un po’ intimista.

La tentazione di Eva

In quale misura Napoli ispira le tue installazioni?

 

Come in tutte le città dalla personalità forte, ho raccolto diverse sensazioni camminando a Napoli. Il sublime ti esplode in faccia senza sosta. Strada per strada, quartiere per quartiere. Non conosco altre città così sconcertanti, generose e capaci di condensare tante cose assieme. Ogni cosa sembra coesistere con il suo perfetto contrario. Napoli è piena di contrasti, talvolta colorata ed esuberante, talvolta buia e infinitamente nascosta. Amo questa città e le sue contraddizioni. Amo i suoi chiaroscuri. Il suo odore di piscia e santità

L'Annunciazione

È andata più o meno così. Rispetto a Napoli, qualsiasi città ormai sembra insapore, senza vita, “liftata”. Appena metto i piedi in una qualsiasi città a nord di Napoli, sono colpito da una specie di “stitichezza creatrice”.

 

La maggior parte delle tue installazioni è stata realizzata nel centro storico di Napoli. Perché non hai mai pensato di lavorare in quartieri più problematici e degradati?

 

Non sono cresciuto a Napoli. Pertanto, non è detto che l’opinione di un francese sui problemi legati alla periferia napoletana interessi a qualcuno. Io in periferia ci vivo. Alla lunga mi sta sul cazzo. In questo senso, quando preparo la valigia, è anche per scappare da questa merda, per andare incontro a un po’ di bellezza. Non sono così folle da fare 2000 km per buttarmi in un quartiere costruito con lo stesso cemento di merda del mio. Al cemento impenetrabile, il centro oppone colori screpolati. La sua architettura meticcia svela secoli passati e impone la nozione di tempo allo spazio. Il centro storico di Napoli è il più grande d’Europa, concentrarsi su di esso significa aprirsi a possibilità infinite. Del resto, è anche l’unico a non aver subito il processo di gentrificazione, è piacevole fare a meno della borghesia nel cuore della città.

Amore & Psiche

Di te si dice che durante l’installazione al Granatello, dei ragazzi ti abbiano chiesto un tatuaggio dell’opera che avevi appena incollato. Come consideri questa tendenza dei napoletani a “trasferire sulla propria pelle” ciò che succede per strada?

 

Non c’è niente di più logico che fare street art a Napoli. I napoletani sono il pubblico ideale. In Francia mi chiedono sempre se c’è un significato nascosto nel mio lavoro. A Napoli, la gente se ne frega delle chiavi di lettura e di tutte queste stronzate. Le reazioni sono più spontanee, si assimilano le cose trasferendole su se stessi, senza servirsi delle “istruzioni per l’uso”. La cosa che mi piace di più qui è la capacità della gente di ironizzare sempre e in ogni circostanza. Ogni cosa sfocia presto nel ludico. E adoro sapere che il mio lavoro non sia preso alla lettera. Al Granatello, dopo aver incollato Amore e Psiche, ci tenevo a smontare il romanticismo dell’opera e ho gettato cumuli di immondizia ai piedi dei personaggi. Dei ragazzi mi hanno visto raccogliere i rifiuti sulla spiaggia e si sono avvicinati. Senza dire niente si sono messi a raccogliere tutto ciò che trovavano: scarpe stravecchie, pneumatici, tubi. Li guardavo divertirsi come ragazzini. Non riuscivo a crederci. Per quanto io possa cercare, non conosco un pubblico così geniale.

 

Come scegli i posti in cui incollare?

 

Mi piace l’idea che i miei disegni vengano gestiti dagli elementi. A Napoli, per esempio, il sole che inonda le facciate può creare momenti di puro misticismo. Quando sei ai piedi di un muro e vedi che succede qualcosa di magico o cogli un’atmosfera particolare, a quel punto il grosso del lavoro è fatto.

Quando incolli dai semplicemente sfogo alla tua creatività artistica o il pubblico assume una parte rilevante nel rapporto tra creazione e percezione?

 

Non scelgo di installare i miei disegni in luoghi particolarmente strategici e bene in vista. Non mi importa sapere che li vedano mille persone. Gli altri street artist, invece, sembrano dare molta importanza a questo. Per me l’unica cosa che conta è lavorare in posti che mi piacciono e mi stimolano. Non partecipo a festival di street art o ad altri eventi ufficiali che ti impongono uno spazio espressivo. Escludo a priori la mia partecipazione a gallerie artistiche. Detesto provare a riprodurre in spazi chiusi quel che faccio per strada. I miei disegni sono realizzati a mano, in un unico esemplare su carta. Sono quindi destinati a sparire presto. L’unica cosa che mi interessa è l’emozione. Mi piace l’idea di lavorare a tempo perso, di pisciare controvento, costruendo cose effimere, dei piccoli chiassi allegorici, infinitamente irrisori. E tanto meglio se un passante, anche uno solo, si ferma a guardare.

 

Testi e video di Stefano Iuliani. Fotografie di Žilda.

 

Per saperne di più:

zildastreetart.blogspot.it

www.flickr.com/photos/zilda

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Questo è il suo articolo n°144

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